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GENOVA | Guidi&Schoen Arte Contemporanea | Fino al 16 maggio 2025

Intervista ad ILARIA FEOLI di Francesca Di Giorgio

Un giardino di poesie fiorite, la mostra personale di Ilaria Feoli, in corso nella galleria genovese Guidi&Schoen Arte Contemporanea, a cura di Livia Savorelli, è già di per sé una dichiarazione di poetica. È, infatti, attraverso i titoli di ogni sua opera che l’artista integra all’immagine fotografica la parola scritta, citata o ricamata, esplorando entrambi i mondi, dell’immaginifico e del verbale, con cura e delicatezza. Che siano parti di poesie famose o di versi autografi, le parole toccano l’immagine, e viceversa, incontrando il corpo e il volto dell’artista che si autoritrae in molti scatti analogici in bianco e nero, per lo più stampe ai sali d’argento, quella de* grandi maestr* della fotografia internazionale come Francesca Woodman, Luigi Ghirri, Ralph Eugene Meatyard, solo per citarne alcuni…

Ilaria Feoli. Un giardino di poesie fiorite, veduta della mostra, Guidi&Schoen Arte Contemporanea, Genova ph. Diego Santamaria

Il colore, quando appare, è destinato ad elementi naturali come fiori, foglie e rami, ai fiori ricamati di filo “rosso cremisi”, alle stampe originali di erbari innestati su immagini in bianco e nero come frammenti, pause di un unico grande discorso. Quello intorno alla Natura che l’artista omaggia costruendo una mostra come un diario da custodire all’aperto, in un immaginario giardino in cui lo spazio espositivo idealmente si tramuta, pronto ad accogliere chi saprà accostarsi ad ogni opera percependone il “profumo”…

Il tuo lavoro è un intimo dialogo con la Natura come spazio dell’incontaminato…
La mia poetica è strettamente collegata alla natura in quanto vedo in lei un posto ideale in cui starsene in quiete con sé stessi, essa inoltre mi avvicina al pensiero dell’antico perché in effetti quando pensiamo ai paesaggi o alla vita dei secoli addietro, come l’Età Vittoriana dell’Ottocento, il Settecento, fino ad arrivare all’epoca greca, ci si proietta sempre in un quotidiano naturale. Quelle citate sono epoche dove si vive e si arricchisce la bellezza della natura, esaltandola attraverso opere d’arte come la pittura e la poesia. Ad oggi, però, quest’immagine è difficile da ricreare e proprio per questo tendo ad omaggiare il mondo naturale che purtroppo l’essere umano sta distruggendo. Sento sempre più fermamente di non appartenere a questa epoca e proprio per questo, con le mie opere, ne creo una parallela in cui non c’è nessuna presenza di edifici maestosi, veloci automobili o tutto ciò che l’uomo quotidianamente costruisce.
Ovviamente prendo questa concezione come spunto per poter sviluppare temi più intimi e metaforici, ritornando ai secoli sopra citati e alla concezione della natura simbolo di fragilità ma, allo stesso tempo, di grande forza. Pensiamo alla vita breve di un fiore, esso ha il coraggio di sbocciare ad ogni primavera, ecco, è questo che voglio rappresentare con le mie fotografie, il coraggio di saper vivere, con eleganza e con delicatezza.

Ilaria Feoli. Un giardino di poesie fiorite, veduta della mostra, Guidi&Schoen Arte Contemporanea, Genova ph. Diego Santamaria

La tua connessione con il linguaggio poetico è forte. Quali poeti/poetesse o scrittori/scrittrici hanno segnato il tuo immaginario?
Primo fra tutti Giacomo Leopardi, il suo stretto legame con la natura mi ha sempre ispirato, anche prima che iniziassi a fotografare, me lo porto dentro da sempre, con le sue illusioni e il suo sguardo “infinito” verso l’altrove, lo trovo eterno ed estremamente in connessione con la creazione dei miei mondi utopici. Un’altra poetessa che ho molto a cuore è sicuramente Emily Dickinson, scrittrice per eccellenza del mondo naturale e dei fiori, non a caso lei stessa creò un erbario con le piante del suo giardino, estrema delicatezza e grande animo poetico. Nell’ultimo periodo, inoltre, mi sto appassionando alla poesia russa, ad autori ed autrici come Marina Cvetaeva, Aleksandr Blok e Sergej Esenin. Anche in questo caso il soggetto principale dei versi è la natura, spesso citata per descrivere tematiche amorose e intime, che si fanno spazio anche tra pensieri e vite di guerra, raccontate quasi come drammi teatrali.

Ilaria Feoli, Non mi coglierai. Negli abissi mi troverai., 2022, tecnica mista, 30×40 cm (opera unica)

Da che tipo di fotografia sei attratta e perché?
Con le mie fotografie voglio evocare scenari illusori, idilliaci e bucolici. Le fotografie devono essere lette e non soltanto guardate. Questi mondi paralleli in cui la mia presenza abita sono come dei fogli in cui scriverci sopra e, proprio per questa concezione, la fotografia che più utilizzo è quella analogica, perché vedo in lei una parte più veritiera, un’essenza e una vera e propria vita che si crea nei vari passaggi della camera oscura. Amo l’analogico anche perché mi riallaccia all’epoca che più amo in assoluto, ovvero l’Età Vittoriana dell’Ottocento, epoca in cui tra l’altro, nasce la fotografia. Ci tengo a precisare che i miei primi lavori fotografici sono in digitale, ma col tempo e studiando la materia fotografica ho capito che il mio vero linguaggio sono i sali d’argento, del resto anche loro hanno quel qualcosa di poetico e di magico che tanto mi affascina e per questo adesso il mio lavoro è tutto manuale, dai ricami alla stampa.

Ilaria Feoli, È tutto così semplice che quasi mi vien da piangerti tra le mani, 2021, tecnica mista, 2,5x3x30 cm (opera unica)

Le tue opere sono dei tableaux dal sapore gotico e nostalgico in cui si fondono elementi naturali, oggetti della memoria, centrini antichi… Spesso interviene il ricamo. Cosa racconta il tuo modo di lavorare per e sull’immagine?
La mia fotografia non è mai solo carta fotografica, essa viene affiancata sempre da qualcosa, che può essere un oggetto o qualcosa di ricamato creando dei ready-made per rafforzare dei concetti e delle sensazioni aprendo un varco in cui l’osservatore si proietta nella surrealtà, lasciando definitivamente la razionalità ed immergendosi nei paradossi e in oniriche stanze/istanze. Essendo, il ricamo, una tecnica antica e prevalentemente femminile, mi ha sempre affascinato e per questo ho iniziato ad utilizzarlo sulla fotografia, esso è un gesto ripetuto più volte ed è un modo per costruire “materialmente” la metafora del “cucire qualcosa di rotto”, “rammentare le proprie confusioni”, “cucire i propri dolori”. I ricami che realizzo sono principalmente fiori e parole che nascondono una parte della composizione ma, al contempo, l’avvolgono e la rivestono, diventando un “unicum” con il ritaglio fotografico; una sorta di cura e terapia psicomentale; un antidoto per il tutto e il nulla, per l’auto salvezza da raggiungere. La fotografia in questo modo muta il suo aspetto “originale”, la sua superficie bidimensionale fa spazio ad un “suolo” nuovo ed inconsueto, proprio come i paesaggi idilliaci che vado a costruire.

Ilaria Feoli. Un giardino di poesie fiorite, veduta della mostra, Guidi&Schoen Arte Contemporanea, Genova ph. Diego Santamaria

Che importanza ha l’uso della metafora? Quali sono i sottili temi che indaghi attraverso il tuo lavoro?
La metafora ha per me una grande importanza, tutto il mio lavoro prende vita proprio da questa ed altre figure retoriche. Essendo un’amante della poesia, mi è difficile pensare di dar vita ad una fotografia senza far riferimento a concetti e metafore che diventano poi il “punctum” dell’intera opera. La metafora effettivamente consiste nel sostituire una parola con un’altra per rafforzare un concetto, ed è quello che faccio attraverso il ricamo, attraverso gli oggetti che accompagnano le composizioni fotografiche. Ovviamente è fondamentale per me avere un punto di riferimento che poi destrutturo e scompongo attraverso le figure retoriche, creando “nuovi orizzonti” e “spazi illusori” e penso sia importante avere un appiglio (tematica) da cui partire per creare le dovute scomposizioni semantiche di una parola, altrimenti la surrealtà diventerebbe assurdità e irrazionalità. Quindi, la metafora diventa un modo ragionevole per poter esprimere un determinato tema senza l’immediatezza della tesi; un modo per celare e rendere l’opera qualcosa da scoprire e non un pensiero evidente ed indiscutibile, le figure retoriche creano quel giusto “velo” di nostalgia che accompagna i miei lavori.

Ilaria Feoli, Amore, amore mio immortale., 2023, tecnica mista, 12×12 cm e 30×30 cm (opera unica), collezione Palazzo Ducale Orsini Colonna di Tagliacozzo

Anche i miti sono strettamente legati alla metafora e se ne servono per esprimere concetti e valori complessi, per spiegare fenomeni naturali e sociali attraverso storie simboliche. Ai Miti… hai dedicato un’intera serie…
La serie dei Miti nasce dopo la lettura delle Metamorfosi di Ovidio. Da lì ho voluto reinterpretare sette miti, tutti di carattere amoroso: Ade e Persefore, Eloisa e Abelardo, Amore e Psiche, Apollo e Dafne, Endimione e Selene Orfeo ed Euridice e Piramo e Tisbe. Tutti e sette hanno come tema principale quindi l’amore, quello perduto, quello spasmodico e quello impossibile. Amo le storie d’amore dove dimora sì il sentimento amoroso ma, allo stesso tempo, quelle in cui si fa spazio il concetto di impossibilità o di morte. Proprio il dualismo di amore-morte è la parte che mi interessa di più e per questo in queste fotografie ho costruito scene gotiche, nelle quali la mia presenza si fa spazio tra paesaggi e scene costruite, strutturando un’interpretazione nuova e originale dei racconti mitologici in questione. Ad esempio Apollo viene rappresentato con la presenza di un ramo vero della pianta Pampas e rinchiuso in uno scrigno per poter essere custodito (Amore, amore mio immortale, 2023); la venuta della primavera da parte di Persefore dagli inferi alla Terra viene “congelata” in un fermo immagine nel momento del farsi, ponendo sull’occhio destro del mio autoritratto un fiore essiccato, come se fosse una lente con cui guardare il mondo (Non mi coglierai. Negli abissi mi troverai, 2023); la tristezza che divide gli amanti Eloisa e Abelardo viene descritta attraverso uno scenario vedutista di un lago che riflette tutto questo dolore (fino all’alba del per sempre, 2022) e il foro dal quale Piramo e Tisbe si parlano è rappresentato da uno specchio fittizio fatto di un centrino di cotone che viene sorretto dalla mia mano, creando così ancora più distanza e riallacciandomi al concetto di specchio – autoritratto (Sulla cornice d’un tuo bacio, una notte soltanto, 2023).

Ilaria Feoli, Appunti di Primavera, 2019, tecnica mista, libro d’artista

In mostra anche due libretti in velluto rosa che siamo invitati a sfogliare…
Il libro d’artista è, per me, come una sorta di diario, non a caso due dei miei libri d’artista, che si trovano in mostra, hanno il titolo di Appunti. Credo che il libro l’artista sia in grado di “raccogliere” più apertamente le  emozioni e rinchiuderle in una sorta di “cassetto” che gli altri possono aprire ed entrarci dentro. Per quanto mi riguarda la forma del libro mi permette di esprimere pensieri privati ed annotarli proprio come se fosse un diario.

Ilaria Feoli, ̶̶M̶̶i̶ ̶d̶̶o̶̶r̶̶m̶̶i̶ ̶a̶̶c̶̶c̶̶a̶̶n̶̶t̶̶o̶. Crepuscolo., 2025, stampa ai sali d’argento virata al caffè, 20 cm ⌀ (opera unica)

Parlaci dei tuoi lavori più recenti, come Dall’alveare dell’erbario d’un pettirosso a rosso cremisi, clorofilla per le tue radici
I miei ultimi lavori sono un po’ più articolati rispetto a quelli degli anni precedenti, per via dei materiali utilizzati e date le diverse manipolazioni su carta o negativi. Dall’alveare dell’erbario d’un pettirosso è la costruzione di un vero e proprio erbario personale, in cui la mia presenza si fonde con dei fogli di un antico erbario. I fiori e le piante sopra raffigurate diventano un prolungamento del mio corpo e viceversa, creando così una perfetta metamorfosi per costruire sempre un mondo ideale, che ritorna in ogni opera, come anche nell’opera rosso cremisi, clorofilla per le tue radici che vede un mio autoritratto raccolto in una finta nicchia da me ricamata e cucita in cui dimoro letteralmente in un albero e ne faccio la mia casa, il mio rifugio, “costruendo” quasi l’immagine di una dichiarazione d’amore, in un eterno cullarsi, diventando un uccellino nel suo nido. In quest’opera mi sono ispirata ai foto collage dell’Ottocento, pratica principalmente femminile che vede le donne di salotto passare le giornate a ritagliare le proprie fotografie o quelle dei loro cari ed incollarle insieme a ritagli di giornali e/o disegni, creando così dei mondi paralleli e surreali. Per lo più questi collage hanno come soggetti fondamentali autoritratti e ritagli di fiori, piante e paesaggi naturalistici. Ovviamente in quest’opera, come si può notare, non ci sono innesti di giornali ma ho voluto propriamente che il mio foto collage fosse in realtà un “foto collage ricamato”, costruendo, attraverso l’arte del ricamo, i “tasselli” decorativi dell’arco in stile Art Nouveau che incornicia e accompagna la fotografia sottostante.

Ilaria Feoli, rosso cremisi, clorofilla per le tue radici, 2025, tecnica mista, 30×40 cm

Ilaria Feoli. UN GIARDINO DI POESIE FIORITE
a cura di Livia Savorelli

11 aprile – 16 maggio 2025

Guidi&Schoen Arte Contemporanea
Piazza dei Garibaldi 18r, Genova

Orari: martedì – sabato dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 18.30

Info: +39 010 253 0557
info@guidieschoen.com
www.guidieschoen.com

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