LECCO | PALAZZO DELLE PAURE | FINO AL 2 NOVEMBRE 2025
di LUIGI ABBATE
Sul Lungolago al centro di Lecco, il Palazzo delle Paure in realtà non fa affatto paura. Il nome, minaccioso, non certo invitante, gli viene dal fatto di essere il luogo dove un tempo si riscuotevano le tasse. Oggi si riscatta da quella fastidiosa funzione accogliendo il museo di arte cittadina, dotato d’una dignitosa collezione permanente, dagli Old Masters ai moderni e contemporanei ove, in entrambi i casi, non mancano le glorie locali, ma anche esposizioni temporanee, come quella in corso, Antonio Ligabue e l’arte degli Outsider, visitabile fino al prossimo 2 novembre.

La curatrice Simona Bartolena, che firma nella sua interezza i testi del catalogo Edizioni Ponte Quarantatre, sottopone al visitatore una riflessione storico-critica sull’eterna dicotomia malato-di-mente/naïf associata alla definizione dell’artista detto appunto Outsider. Dicotomia che, a sua volta, mette in conto il ruolo delle competenze tecniche e il loro incrocio con il talento innato come premessa di risultati spesso di alta qualità artistica. Lo aveva intuito bene Jean Dubuffet, che coltivò, collezionò e si lasciò sedurre dal fascino del “diverso”, attribuendogli la dignità di un vero e proprio genere che definì come Art Brut. Un tema, quello dell’“alterità”, che attraversa questi tempi di ben più trucide follie, ma che offre l’occasione per riflettere in maniera più approfondita sull’autenticità del fare arte, superando luoghi comuni duri a morire e riconoscendo che Ligabue e gli altri – fra l’altro in questa mostra lecchese tutti italiani, e, alcuni di loro, attivi in una zona circoscritta del nord, fra Brianza ed Emilia – sono artisti e basta, da apprezzare a prescindere dal tragico vissuto, e al solo incontro con le loro opere. Accomuna le biografie di tutti gli artisti presentati, a cominciare dallo stesso Ligabue, una quantità di disagi esistenziali che si somma a turbe psichiche, congenite o generate da condizioni esterne, prima fra tutte le tragiche esperienze vissute in guerra, che a loro volta si fanno stimoli per il loro stesso fare artistico, sorta di pulsioni al dipingere o disegnare. Dunque arte in quanto tale, e non necessariamente sintomo di patologia mentale. Si assottiglia così, ben inteso prese le debite misure, la distanza fra i meno noti e la somma personalità di un Filippo de Pisis, la cui salda formazione accademica, unita alla personalità brillante degli esordi, non gli evita stati di nevrastenia prima, e depressione degli ultimi anni passati nella casa di cura “Villa fiorita” di Brugherio, senza dire dello stigma che lo marca in quanto omosessuale dichiarato in epoca fascista e, poi, democristiana. In mostra tre belle opere della tarda produzione provenienti della Galleria P420 di Bologna.

Ligabue fa da traino nella titolazione, e l’artista di Gualtieri è ben presente in tutti i suoi temi e nell’evoluzione di segno e stile pittorico, ma la bella sorpresa di questa mostra lecchese sta proprio nella scoperta degli Outsider, il più noto dei quali, Carlo Zinelli, studiato dallo psichiatra Vittorino Andreoli, è presente con una sala personale e in animatissimi tableaux disposti su leggii. Si rimane davvero sorpresi dall’incontro con figure come Gino Sandri, che adopera le splendide doti di disegnatore e illustratore per farsi interprete profondo della condizione umana. Tutt’altro che privo di formazione fu anche Mario Puccini, “postmacchiaiolo” presente alla Biennale del ’22, stimato da Plinio Nomellini, Oscar Ghiglia e dallo stesso Fattori, ma anche dal grande storico della letteratura Emilio Cecchi. Cosa che non gli impedì di finire recluso nel manicomio di Siena, mentre Edoardo Fraquelli acquisì competenza nella frequentazione a Brera delle avanguardie a cavallo fra i ’50 e i ‘60, confortato dal mecenatismo di una coppia, i coniugi Consonni. Il dramma di Rino Ferrari è proiettato su ritratti di altri ricoverati, istoriati al modo di antichi Ex-voto: una vocazione alla religiosa sofferenza che trova solo parziale sollievo nella pratica artistica. Appaiono sin ottimistici al confronto, i ritratti di Pietro Ghizzardi, dal tratto marcato e dai colori densi e terrosi che rimandano ai luoghi padani di vita dell’artista, fra Viadana e Boretto.

Chiude la mostra l’installazione Icone del dolore di Giovanni Sesia, artista (Magenta, 1955) che rielabora pittoricamente fotoritratti recuperati in archivi di manicomi italiani assemblati in un cupo polittico fatto interagire con le sonorità di voci e video di internati, tra cui i celebri “ululati” dello stesso Ligabue.
La presenza degli Outsider in mostra – Bartolena lo sa – non è certo esaustiva. Molti altri meriterebbero spazio, e speriamo che ciò avvenga in futuro. Non solo per l’interesse intrinseco dell’opera, ma anche in quanto testimoni di vicende drammatiche e umanissime. Citiamone solo uno: Ele D’Artagnan, al secolo Michele Stinelli, convinto (lui) figlio illegittimo nientemeno che di Arturo Toscanini, autore di oltre cinquecento splendidi disegni colorati, alcuni dei quali son finiti persino al MoMa di New York. Un’altra storia da riscoprire e raccontare.

ANTONIO LIGABUE E L’ARTE DEGLI OUTSIDER
a cura di Simona Bartolena
13 giugno 2025 – 2 novembre 2025
Palazzo delle Paure
piazza XX Settembre 22, Lecco
Orari: martedì 10.00 – 14.00; da mercoledì a domenica 10.00 – 18.00. Lunedì chiuso. (La biglietteria chiude un’ora prima)
Biglietti:
Intero: € 12,00
Ridotto: € 8,00
Ridotto bambini e scuole: €5,00
Cumulativo mostra + collezione permanente Palazzo delle Paure: €15,00
Info: 0341 286729
palazzopaure@comune.lecco.it
www.vidicultural.com



