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FIRENZE | Galleria Poggiali e Forconi – Project Room | 18 ottobre – 20 gennaio 2014

Intervista a DANILO BUCCHI di Valeria Barbera

Sabato 18 ottobre la nuova stagione espositiva della Galleria Poggiali e Forconi di Firenze è ripartita con due mostre: accanto ad un’antologica dedicata ai paesaggi italiani di Luigi Ghirri, allestita nello spazio “storico” della galleria fiorentina; nella project room poco distante dominano invece i “paesaggi mentali” di Danilo Bucchi, alla sua prima personale fiorentina.

DANILO BUCCHI, MONOCHROME, INSTALLATION VIEW, courtesy galleria poggiali e forconi
In mostra una selezione di opere ideate appositamente per l’occasione e realizzate con la particolarissima tecnica di pittura che contraddistingue l’artista: un marcato segno grafico – ottenuto grazie all’utilizzo di una siringa, dotata di aghi più o meno sottili – che dà vita ad un flusso di inchiostro simile ad una grafia ininterrotta che delinea sulla tela oggetti, figure e paesaggi.
La ricerca di Bucchi su materiali e tecniche è stata lunga, sino a raggiungere l’attuale perizia che gli consente di preparare le sue tele in modo tale da farne diventare la tessitura il più possibile simile alla texture di un foglio di carta. Tele rese bianche, pure e impenetrabili nella trama, che fanno risaltare il tratto preciso e senza sbavature lasciato dalla siringa.

Danilo Bucchi, CLOUD, 2014, enamel on canvas, 70x100 cm
Il tratto nelle opere di Bucchi sembra frutto di una sorta di trance, di una scrittura automatica attraverso la quale emerge il suo inconscio, un unica linea che racchiude figure, soggetti e elementi che compongono il suo immaginario
; un tratto che se osservato da vicino è scomponibile in singole unità-pattern: figure umanoidi dalle grandi teste – “le bambole mentali” come le chiama l’artista – che sono alla base della sua figurazione. Come scrive Angela Madesani nel testo critico che introduce la mostra, il tratto per Bucchi “è un elemento primario dell’alfabeto pittorico, che si espone nella sua nudità”: un elemento essenziale della sua ricerca che si contorna soltanto di pochi colori: il bianco e il nero ai quali a volte aggiunge il rosso intenso e drammatico.

Alla vigilia dell’opening abbiamo incontrato l’artista che ci ha invitato a osservare le sue opere da molto vicino…

Quasi tutte le opere in mostra per Monochrome sono state pensate appositamente per questa occasione. Come è nato questo progetto?
Io lavoro molto seguendo l’istinto… Dico sempre che non sono io a poter spiegare le mie opere, ma che sono le opere a raccontarsi a me. Questi lavori sono talmente nuovi, anche per me, che ho anche faticato a trovare i titoli. Solitamente, infatti, una volta terminata l’opera, il titolo emerge quasi naturalmente. Dopo un po’ di tempo che le osservo e le studio ne comprendo il significato profondo. Realizzo le opere con un processo talmente inconscio e poi ripensandoci, a posteriori, mi accorgo che alcune tematiche sono talmente radicate in me da esprimersi continuamente con forme diverse.
Mi sento principalmente un osservatore, tanto che potrei vivere completamente da solo, passando il tempo osservando tutto quello che mi succede attorno… Nei miei lavori, infatti, si ritrova questa mia attitudine: un’eterogeneità composta da tutti questi elementi che fanno parte della vita che mi scorre attorno… Ed è anche per questo che preferisco lasciare agli spettatori lo spazio per osservare le mie mostre e i miei lavori senza troppe indicazioni da parte mia. Quello che voglio evitare è “l’effetto marionetta”, quella situazione cioè in cui lo spettatore si sente troppo “guidato” da un artista nella visita e nella lettura di una mostra.

Danilo Bucchi, TWO HOUSES_2014_enamel on canvas_130x200_courtesy Galleria Poggiali e Forconi.
Anche per questo l’uso del bianco e del nero… per lasciare una maggiore libertà?
Con l’utilizzo quasi esclusivo del bianco e del nero – questi due non colori – l’osservatore è più libero di interagire con il lavoro e di immaginare. Mi piace paragonare i miei lavori alla musica elettronica minimale: una base, una traccia, un metronomo che serve da innesco per ulteriori azioni e sviluppi e che ti porta al ragionamento. Lo spettatore mentalmente trova nuove suggestioni a partire dall’opera e nell’opera stessa: colori che potrebbe aggiungere, forme che riconosce all’interno di altre forme. Le tele si animano e diventano una sinfonia, un cinema… Io stesso che ho realizzato quelle opere scopro cose nuove ogni volta che le osservo da una diversa angolazione e le ho fatte io!

DANILO BUCCHI, MONOCHROME, INSTALLATION VIEW, courtesy galleria poggiali e forconi
La project room della galleria è divisa in due parti: nella sala più piccola troviamo una serie con una maggiore presenza del colore…

La serie delle Bambole è formata dalle figure umane che rappresento da sole. Non sono solito infatti raffigurare i miei personaggi nella loro singolarità e per questo anche gli Assolo che rappresentano figure umane solitarie, che si trovano nella prima sala, rappresentano un po’ un’eccezione… Le due Bambole hanno sembianze molto più umanoidi: intervengo con un tratto diverso e con i colori ad olio. Solitamente le mie bambole “classiche” – quelle che io chiamo Bambole Mentali – sono figure umane appena accennate con un tratto nero. Queste invece sono una serie molto limitata, ne esistono pochissime: dal 2005 ne avrò realizzato al massimo trentacinque esemplari. In queste opere la forma classica della bambola mentale costituisce lo scheletro che poi viene coperto con i colori che gli conferiscono un aspetto più tridimensionale e compiuto.

DDANILO BUCCHI, MONOCHROME, INSTALLATION VIEW, courtesy galleria poggiali e forconi
In Monochrome troviamo anche altri soggetti, anche più “realistici”…
Sì, alcune delle mie opere rappresentano il soggetto in modo più fedele, come nel caso di Paper Boat, la barca di carta. Al tempo stesso però sono anche altro… in questo “caos controllato” che compone questa figura principale ci sono tante altre cose. Nel caso della barca, osservando la tela da vicino si vede in trasparenza un altro mondo. Lo vedi? Ci sono altri personaggi sullo sfondo che ho coperto con il bianco, ma che ho lasciato volutamente in parte visibili.

Danilo Bucchi, PAPER BOAT, 2014, enamel on canvas, 130x200 cm
Il tuo personaggio antropomorfo divenuto ormai la tua cifra si trasforma così in un’unità base, in un pattern…
Uso i personaggi come un verio e proprio “riempimento”, come chiaroscuro: un’unità singola che compone immagini altre. Qualcosa di simile al volo di uno stormo di uccelli…

In questa mostra troviamo anche una scultura… Si tratta di una tecnica che stai sperimentando e che intendi portare avanti?
La scultura è quasi uno omaggio alla serie delle Bambole e anche un po’ il mio ritratto, o almeno così mi hanno detto quando l’ho poi terminata. Si intitola Man in charge, la carica a cui faccio riferimento è quella della vita, quella che caratterizza il modo con cui ti rapporti al mondo che ti circonda. Per ora si tratta della mia unica scultura, ma credo sarà la prima di una serie: realizzerò sicuramente almeno una compagna… come avrai notato cerco sempre di creare una coppia per i miei personaggi.

DANILO BUCCHI_MONOCHROME_INSTALLATION VIEW_courtesy galleria poggiali e forconi_1

Danilo Bucchi. Monochrome
a cura di Angela Madesani

18 ottobre – 20 gennaio 2014

Galleria Poggiali e Forconi
Project Room Via Benedetta 3r, Firenze

Info: 055 287748
info@poggialieforconi.it
www.poggialieforconi.it

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