Non sei registrato? Registrati.
VENEZIA (GIARDINI E ARSENALE) | 59. ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE D’ARTE – LA BIENNALE DI VENEZIA | 23 APRILE – 27 NOVEMBRE 2022

di FRANCESCA DI GIORGIO*

Poco interessata alle classifiche da sempre, Espoarte, per quest’ultima edizione in corso della Biennale di Venezia, resta fedele alla sua linea. Semi sorda al richiamo delle sirene che la vorrebbero in prima fila nell’accodarsi allo stuolo di top ten post opening e sul punto di cadere in tentazione nel disquisire, come in un’indagine peritale, su ciò che merita di essere recensito o meno, preferisce, ancora una volta, fornire strumenti per tracciare dei percorsi autonomi, spunti critici, collegamenti, letture approfondite non sempre concilianti ma sincere, nate da giorni di studio condiviso da un team di lavoro – attivo durante le giornate di apertura della super kermesse veneziana, nell’aprile scorso – che, da subito, ha lavorato nel documentare alcune delle tappe salienti del “kolossal” Biennale online, su espoarte.net.

Simone Leigh: Façade, 2022. Thatch, steel, and wood, dimensions variable. Satellite, 2022. Bronze, 24 feet × 10 feet × 7 feet 7 inches (7.3 × 3 × 2.3 m) (overall). Courtesy the artist and Matthew Marks Gallery. Photo by Timothy Schenck. © Simone Leigh

Abbiamo visto tanto, come ovvio non tutto, ma abbastanza per comporre la nostra idea della Biennale Arte 2022 da cui, per la mole di artisti ed opere coinvolte, potrebbero nascerne molte altre.
La direzione artistica è ormai storia: Cecilia Alemani, prima donna italiana a ricoprire tale incarico. L’abbiamo intervistata nel numero #117, dove più che soffermarci sul dato più appariscente, ed ovviamente fondante di tutta la “sua” Biennale, Il latte dei sogni – 191 artiste, numero record di presenze femminili – iniziavamo già a spostare l’attenzione su tutti gli altri dati complementari ed altrettanto attraenti.
Perché quando parliamo di sogno, immaginazione, corpo, metamorfosi, evoluzione… – tutti temi centrali nel progetto della Alemani – è naturale ingaggiare un dialogo privilegiato con il genere femminile per sua natura connesso all’approccio intimo, onirico alla realtà: il latte del titolo, tratto dal racconto della scrittrice e artista surrealista Leonora Carrington, non è forse un richiamo all’idea di nutrimento materno, all’alimento primario della nostra esistenza che non può e non deve fare a meno del suo corrispettivo immateriale: il sogno?

Veduta di allestimento della capsula “La Culla della strega”, all’interno della mostra “Il latte dei sogni”, Padiglione Centrale 59. Biennale di Venezia foto: Marco Cappelletti,  courtesy La Biennale di Venezia

Ma i cortocircuiti mentali sono davvero infiniti, uno su tutti, il costante richiamo a Mama Africa, alla grande madre dell’Umanità presente in sfumature diversissime sia all’interno del progetto della Alemani sia nei Padiglioni nazionali sparsi in Laguna.
Anche in questo caso a dominare la scena sono donne artiste: Simone Leigh (1955) Leone d’oro come migliore partecipazione alla mostra principale è simbolo, con la mega installazione Brick House (per due anni collocata sulla High Line di New York), de Il latte dei sogni in Arsenale e prima artista donna nera a rappresentare gli Stati Uniti d’America alla Biennale di Venezia con Sovereignty. «Essere sovrani non significa essere soggetti all’autorità di un altro, ai desideri di un altro o allo sguardo di un altro, ma piuttosto essere gli autori della propria storia».

Sonia Boyce, artista britannica afro-caraibica, ha fatto vincere alla Gran Bretagna il Leone d’oro come migliore partecipazione nazionale con l’installazione Feeling Her Way. Se le donne rappresentate dalla Leigh non hanno occhi (forse più che non vedere non vogliono essere guardate come è sempre stato fatto, in altre parole sono in attesa di una “decolonizzazione dello sguardo”) a quelle della Boyce non manca certo la voce. Le performance vocali di cinque musiciste nere, Errollyn Walle, Jacqui Dankworth, Poppy Ajudha, Sofia Jernberg e Tanita Tikaram esprimono libertà di espressione e restituiscono un’idea di incontro tra diversità ed imperfezioni.

Veduta del Padiglione Gran Bretagna, Sonia Boyce, Feeling Her Way, Sala 4, 59. Biennale di Venezia, foto: Marco Cappelletti, courtesy La Biennale di Venezia

Non si può parlare di Africa ma di Afriche da cui tutto nasce e a cui tutto ritorna. È questa, in fondo, l’idea di base del Laboratorio del futuro, titolo della 18ª Mostra internazionale di Architettura in arrivo nel 2023 ed è Nancy Lokko direttrice del settore Architettura della prossima Biennale a sintetizzarlo: «C’è un luogo in cui tutte le questioni di equità, risorse, razza, speranza e paura convergono e si fondono: è l’Africa. A livello antropologico, siamo tutti africani. E ciò che accade in Africa accade a tutti noi».
Negli ultimi anni la Biennale ha dato conto di questa riflessione se pensiamo che L’Africa quest’anno è rappresentata da nove padiglioni nazionali (uno solo nel 2007) e che tra le cinque nuove partecipazioni di quest’anno, Repubblica del Camerun, Namibia, Nepal, Sultanato dell’Oman e Uganda, ben tre sono appunto africane.
Il progetto Radiance – They Dream in Time, presentato dal Padiglione dell’Uganda, negli spazi di Palazzo Palumbo Fossati, con le opere di Acaye Kerunen (artista performativa, narratrice, scrittrice, attrice, attivista e sostenitrice dell’empowerment delle donne ugandesi) e Collin Sekajugo si è aggiudicato una menzione speciale.

Padiglione Uganda, Radiance: They dream In Time, 59. Biennale di Venezia foto: Andrea Avezzù, courtesy La Biennale di Venezia

Una cosa è certa, corpo, percezione e identità come il Padiglione degli Stati Uniti di Simone Leigh ricorda, formano un’asse importante attraverso cui passano la maggior parte delle narrazioni del Continente africano anche in relazione al resto del mondo. Ecco che allora riusciamo a leggere il lavoro delle nuove generazioni in un contesto ben più ampio ed articolato e a continuare quel lavoro di riconnessione costante tra artist*, dalle coordinate geografiche e anagrafiche differenti e in cui il genere femminile torna ancora ad avere le carte migliori da giocare.

Padiglione della Repubblica del  Camerun, Il tempo delle chimere, 59. Biennale di Venezia foto: Andrea Avezzù, courtesy La Biennale di Venezia

Da Laetitia Ky, cover artist del numero #118, a Giulia Cenci, intervistate tra le pagine del magazine, la distanza sembra così accorciarsi pur nella profonda diversità delle ricerche.
La scultura per entrambe è di fatto luogo di metamorfosi e ibridazione.
Il corpo, quindi, non è mai dato acquisito ma soggetto mobile, occasione, nell’idea che permea tutto il progetto di Cecilia Alemani, di cogliere il “post umano” come opportunità di evoluzioni eventuali, possibili, auspicabili, abbandonando un’idea obsoleta di antropocentrismo e permettendo nuove relazioni tra forme naturali, animali e umane.

Ambra Castagnetti, Dependency, 2022, veduta installazione, courtesy La Biennale di Venezia, foto Marco Cappelletti con Filippo Rossi, courtesy La Biennale di Venezia

 

* Estratto da Espoarte #118 (Trimestre n.3, 2022) all’interno dello “Speciale 59. Biennale di Arte”

Leggi l’articolo completo. ACQUISTA IL NUMERO di ESPOARTE #118 QUI:
https://www.espoarte.net/in-evidenza/espoarte-118/

 

La Biennale di Venezia
59. Esposizione Internazionale d’Arte

Il latte dei sogni

Venezia (Giardini e Arsenale)

23 aprile – 27 novembre 2022

www.labiennale.org  

Hashtag ufficiali: #BiennaleArte2022 #IlLatteDeiSogni #TheMilkOfDreams #MiC #DGCC #BiennaleArte2022

 

LEGGI ANCHE: 59ESIMA BIENNALE ARTE. 10 PUNTI PER LEI

CECILIA ALEMANI. LA FORZA DELLA MAGIA, LA POTENZA DELL’ARTE

Condividi su...
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •