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BAGNACAVALLO (RA) | EX CONVENTO DI SAN FRANCESCO | MUSEO CIVICO DELLE CAPPUCCINE | FINO ALL’11 DICEMBRE 2022

Intervista a ENRICO MINGUZZI di Maria Chiara Wang

Fascino, stupore, meraviglia. Camminando per le sale dell’ex convento di San Francesco a Bagnacavallo (RA) non si può rimanere indifferenti all’atmosfera che emana il gioco che le opere di Enrico Minguzzi – dipinti e sculture – creano con gli ambienti del palazzo. Luci, colori, forme, odori, tutto concorre a realizzare un’ambientazione incantata dal sapore romantico. Viene, quindi, naturale indagare, a partire dal titolo, il rapporto con le immagini, i temi del paesaggio, della natura e del sublime, parlare del processo creativo che è alla base della ricerca dell’artista romagnolo.

Sfogliando il catalogo di questa mostra, leggendone gli approfondimenti critici, ho avuto la sensazione di immergermi in un romanzo ottocentesco. Ispirandomi, quindi, all’analisi del testo tradizionale, partirei dal titolo – La piena dell’occhio – per chiederti quali elementi di questo progetto risultino inondare la vista dello spettatore tanto da tracimarne. 
Se dovessi parafrasare il titolo all’interno di una frase più ampia, magari idealmente estratta da un romanzo così da contestualizzarlo con più precisione, il risultato potrebbe essere: “… e il suo occhio aveva raccolto così tante immagini da non riuscire più a contenerle, finendo per traboccare e riversarle nelle sale e sulle pareti scrostate dell’Ex Convento di San Francesco”. La piena dell’occhio fa riferimento piuttosto al processo che sta a monte e la mostra ne è il risultato. Il risultato di una continua raccolta che ha generato una piena, la cui conseguenza è l’atto di mettere in piedi immagini che vorrei vedere e che prima non esistevano.

Enrico Minguzzi, La piena dell’occhio, installation view. Courtesy Museo Civico delle Cappuccine, Comune di Bagnacavallo

I dettagli della natura che ritrai e che scolpisci sono frutto di una rielaborazione mentale successiva all’osservazione diretta del paesaggio, ovvero ciò che ne resta impresso nella tua memoria visiva. Puoi descrivere meglio come avviene questo processo creativo? 
Per descrivere questa modalità penso sia utile segnalare che fino a circa dieci anni fa il mio lavoro pittorico era anticipato spesso da una progettazione basata sull’assemblaggio di ritagli fotografici. Una modalità che ho sentito il bisogno di abbandonare per darmi la possibilità di essere slegato da qualsiasi vincolo che la fase progettuale e la fotografia mi imponevano. Da quel momento in avanti è iniziata una forma di ricerca a scavare nella mia memoria visiva. Nella rappresentazione e nella costruzione delle immagini ho trovato così maggiore vicinanza a me stesso e alle mie percezioni. Mi capita ancora di scattare fotografie, ma poco frequentemente le riguardo e di certo non le prendo più a riferimento diretto per un dipinto. Ho iniziato quindi a sentirmi libero di giungere a risultati più “veri” e realistici, non dovevo più preoccuparmi di rielaborare l’immagine che avevo a fianco, la rielaborazione era precostituita perché fornita dalla mia memoria e penso che, riguardo le mie opere, la definizione di “iper-irreale” che ne ha dato Saverio Verini nel testo in catalogo sia molto puntuale. Dal punto di vista processuale penso vada sottolineato che, quando ne ho l’occasione, pongo maggiore attenzione nell’osservare ciò che mi interessa o mi incuriosisce – la corteccia o la radice di un albero, una roccia, un fungo, una muffa, una particolare inflorescenza, una luce, un’atmosfera o una sensazione – evitando di demandare questa fase ad una fotografia. Tali elementi, immagini e dettagli capita poi che restino “nascosti” nella mia mente ed inutilizzati per anni. Non è mai un rapporto diretto quello tra l’osservare ed il rappresentare.

Enrico Minguzzi, La piena dell’occhio, installation view. Courtesy Museo Civico delle Cappuccine, Comune di Bagnacavallo

Saverio Verini, curatore della mostra, nel suo testo critico fa riferimento al sublime e al perturbante come modalità del sentire che nascono nel momento in cui si percepisce un alone di mistero in ciò che delle tue opere colpisce i sensi dello spettatore. Come si crea questa tensione? Sono sensazioni che provi tu stesso al cospetto delle diverse manifestazioni della natura?
Quello che desidero mettere in atto è una forma di equilibrio costituito da elementi/cromie/sensazioni/modalità operative che non si appartengono e spesso si contrappongono, il cui incontro diventa il momento di genesi del mio lavoro. La riformulazione di elementi di origine naturale. Penso sia questo a generare la tensione volta al sublime di cui parla Saverio Verini. Spesso il risultato nelle mie opere è la deviazione di elementi naturali e si, è qualcosa che avverto, sono sensazioni che provo, ma non al cospetto della natura, piuttosto al cospetto della relazione che il genere umano ha con la natura.

Enrico Minguzzi, La piena dell’occhio, installation view. Courtesy Museo Civico delle Cappuccine, Comune di Bagnacavallo

Gli spazi dell’ex convento di San Francesco ospitano le tue prime sculture, lo sviluppo più recente della tua ricerca: in che modo o con quali risultati è avvenuto il passaggio dalla pittura alla scultura? 
Formare elementi tridimensionali è un desiderio che covavo da diverso tempo ma che si è manifestato più prepotentemente di rimando alla genesi di questo ciclo di dipinti. Una conseguenza abbastanza naturale del dare forma a soggetti specifici attraverso la pittura. Per farlo mi sono avvicinato alle sculture approcciando materiali che potessero essere gestibili senza particolare esperienza o conoscenza tecnica e contemporaneamente avessero una caratteristica intrinseca che fosse di mio interesse; uno che più di altri mi ha messo a mio agio in questo senso è la spugna (poliuretanica) che in alcuni casi ho abbinato alla resina epossidica così da formare quello che viene definito un materiale composito.
Nel farlo mi sono reso conto che le forme generate, la dinamica di sviluppo e compensazione dei pesi che seguo in pittura sono spesso riportati in modo diretto nei risultati scultorei, quasi come se i soggetti dipinti siano diventati la bozza preparatoria per le sculture.

Enrico Minguzzi, La piena dell’occhio, installation view. Courtesy Museo Civico delle Cappuccine, Comune di Bagnacavallo

Materia, forma e colore: che ruolo svolgono questi elementi nella tua opera? Come interagiscono?
Sono gli elementi di cui mi servo per mettere in piedi i miei teatrini e spesso agiscono per contrapposizione, compensandosi e innescandosi a vicenda. Superfici costituite da stesure estremamente piatte incontrano e si scontrano con parti di pittura visibilmente texturizzate dalle pennellate; pieni e vuoti si alternano costituendo forme caratterizzate da un bilanciamento asimmetrico seppur, come fa notare Saverio Verini, spesso inscrivibili all’interno di una forma ovale; piccole accensioni cromatiche capita siano gli elementi che, pur staccando il soggetto dalla propria naturalità, gli offrono l’occasione di rivitalizzarsi. Cerco una stabilità costituita da pesi specifici spesso divergenti, non l’equilibrio compositivo dato dalla perfetta simmetria, forme in via di sviluppo.

Enrico Minguzzi. La piena dell’occhio
a cura di Saverio Verini

23 settembre – 11 dicembre 2022

Ex Convento di San Francesco
Via Luigi Cadorna 14, Bagnacavallo (RA)

Promosso da Comune di Bagnacavallo
Organizzata da Museo Civico delle Cappuccine

Ingresso gratuito

Orari di apertura:
fino al 6 novembre: giovedì e venerdì 17-21; sabato e domenica 10-12 e 15-18
31 ottobre, 1 novembre, 8 e 9 dicembre: 15-18

Info: www.museocivicobagnacavallo.it
centroculturale@comune.bagnacavallo.ra.it

Tel. 0545 280911/13

 

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