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#CROSSINGOVER

Appuntamento periodico online con la rubrica Crossingover, a cura di Alessandra Frosini. Un viaggio attorno all’idea di Museo nella sua forma ideale e concreta, per molti (troppi) ancora oggi considerato il luogo statico di conservazione della memoria mentre stiamo sempre di più imparando a riconoscerlo come luogo di produzione e ad accoglierne i suoi lati sempre più cangianti e necessariamente mutevoli.

Christian Boltanski. “Per tutta la vita ho cercato di combattere contro l’idea di morire e di essere dimenticati”

di ALESSANDRA FROSINI

Quello di Christian Boltanski non è un museo d’artista in senso stretto, ma un intero progetto artistico che si fonde con l’idea stessa di museo. Progetti che rappresentano musei della memoria personale e collettiva, che narrano i ricordi del singolo a partire da se stesso, fino ad arrivare all’identità di una comunità. Tempo, memoria e identità sono i concetti che stanno a fondamento del concetto di museo e che in Boltanski si fondono con una riflessione sull’oblio e sull’ineluttabilità della morte e dello scomparire e sul loro complesso rapporto con la memoria.

Christian Boltanski LAlbum photographique de la famille de B 1991 detail, © Christian Boltanski

Considerato una tra le figure più significative dell’arte europea del secondo dopoguerra, scomparso lo scorso luglio, Boltanski recupera dalla memoria fotografie e oggetti, li raccoglie e li utilizza come tracce di un’esistenza, che testimoniano per metonimia la presenza – attraverso l’assenza – del soggetto: sono fotografie, ma anche oggetti e fra questi soprattutto abiti dismessi, che ricordano l’assenza del corpo corruttibile che li ha indossati (No Man’s Land; Personnes; Containers), nel tentativo di contrastare la morte fisica attraverso la sopravvivenza della memoria, anche degli sconosciuti, degli invisibili alla storia. Ogni oggetto diventa unico e prezioso perché rappresenta la testimonianza di una vita vissuta. Un museo, dunque, di oggetti qualunque che in realtà testimoniano profondamente la vita umana e non ne rappresentano una in particolare (quella del committente, dell’artista o del soggetto ritratto) ma potenzialmente tutte, in un passaggio dal singolo all’universale che sfida l’impossibilità di fissare il tempo di ognuno di noi.

Christian Boltanski, Monument (Odessa), 1989-2003, The Jewish Museum, New York, © Christian Boltanski / Courtesy of the Marian Goodman Gallery, New York

I titoli delle sue opere sottolineano questa funzione di ricordo: Monuments, Personnes, Reservations fino a Les Archives du Coeur, l’ultimo progetto permanente pensato come un archivio audio dei battiti del cuore dell’umanità, aperto nel 2010 all’interno del Naoshima Fukutake Art Museum Foundation dell’isola di Teshima, in Giappone.

Christian Boltanski. Chance. Padiglione francese. Biennale d’Arte di Venezia 2011. Parte dell’installazione

L’indagine sulla zona grigia della nostra esistenza, tra memoria, presente e passato, vita e morte, individuo e moltitudine, si concretizza nei Monuments, “monumenti” installativi costruiti come immagini votive con fotografie sfocate, teche o oggetti e lampadine fioche, che si concentrano sulle storie personali per ricordare e far pensare attraverso la fotografia dei volti dei bambini morti nell’olocausto, alla storia e alla transitorietà dell’esistenza, attraverso quelle vite così drammaticamente spezzate.

Nel Museo della memoria di Ustica di Bologna questo processo è esteso a sistema: l’allestimento proposto diventa un’opera monumentale che comprende i resti riassemblati dell’aereo DC9 abbattuto nel 1980, circondati da 81 altoparlanti posti dietro a degli specchi neri trasmettono incessantemente voci “interiori” di pensieri comuni, riflessioni quotidiane e sul soffitto 81 lampadine che rappresentano i passeggeri rimasti uccisi e che si accendono e spengono al ritmo del battito cardiaco e infine da 9 container che contengono gli oggetti personali delle vittime della strage, coperti da drappi neri. A tutto questo si aggiunge una sezione di video e documenti delle testate giornalistiche e dei telegiornali a partire dal giorno della tragedia.
Tutto partecipa ad una ricostruzione struggente, intima e universale allo stesso tempo della storia e coinvolge interiormente ognuno di noi, diventando partecipazione diretta, memoria attiva e condivisa di qualcosa che non deve essere dimenticato. Perché la ridefinizione costante della realtà deve vederci partecipi.

Museo per la Memoria di Ustica, Bologna. Christian Boltanski, A proposito di Ustica, 2007. Photo Sandro Capati

Museo della memoria di Ustica: https://www.museomemoriaustica.it/il-museo/

Leggi tutti gli altri contenuti della serie #crossingover: https://www.espoarte.net/tag/crossingover/

Christian Boltanski al Padiglione Francia Biennale di Venezia, 2011, Photo © Didier Plowy

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