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MILANO | Palazzo Reale | 14 – 17 aprile 2016

di LUISA CASTELLINI

La simultaneità come necessità assoluta e nuova condizione di vita. Un secolo dopo il proclama di Boccioni per un nuovo dramma plastico eccoci di nuovo a Milano. Le sue notti sono ancora elettriche, basta chiederlo a Fabio Giampietro che spesso e volentieri le interpreta nel suo studio, in zona Maggiolina. È qui che ho provato, perché è di esperienza che stiamo parlando, l’ebbrezza di Hyperplanes of Simultaneity, a Palazzo Reale. In mostra, nella sala degli Arazzi, una grande opera lunga dieci metri, che è stata dipinta quest’estate nel teatro delle Marionette e quindi ultimata a Novi Ligure. Composta da due tele che si curvano ad arco suggerendo un abbraccio, è un invito ad abbandonarsi alla verità della pittura per poi scoprire, lo vedremo a breve, come abitarla.

Fabio Giampietro, Hyper Planes of Simultaneity, 2016

Fabio Giampietro, Hyper Planes of Simultaneity, 2016

Alla riformulazione dei rapporti percettivi e gerarchici Giampietro lavora con una scrittura di vertigini visive che forgia quel misto di stupore e paura che ha in Philip Dick uno dei suoi profeti prediletti. Per lui e per tanta fantascienza a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 le città erano sempre post qualcosa – dal disastro nucleare all’avvento del folle governo fino alla semplice illusione – ma comunque meccanomorfe, veloci, pericolose, voraci e naturalmente vertiginose. In ordine sparso (e postmoderno): Sant’Elia, Lang, Matrix, Esercito delle 12 Scimmie, etc. fino al vicinissimo Inception. Prospettive, tutte, che Giampietro distilla per forgiare la sua visione.

Fabio Giampietro, Hyper Planes of Simultaneity, 2016

Fabio Giampietro, Hyper Planes of Simultaneity, 2016

Ma facciamo un passo indietro, tornando alla simultaneità da cui ci siamo mossi. E a questa grande onda dipinta lunga 10 metri. Perché se il nostro sguardo può perdersi in questo «tsunami, un simbolo della natura che si ribella alla civiltà» faticosamente riesce ad avventurarsi nei suoi meandri. In quel dedalo di strade dal silenzio assordante, di cornicioni che si gettano a precipizio su un incrocio da cui si diramano altre rotte, sempre, inesorabilmente, nude di voci e umanità. Lo sguardo che poteva fingersi in questo immaginario adesso invece lo abita, lo percorre e così agilmente da soffrire di vertigini. Indossando un visore 3D, l’Oculus Rift, capiremo infatti senza bisogno di tante parole il canto che Giampietro va da anni componendo sulla civiltà, dapprima con le ruote panoramiche, poi con le sue metromorfosi – città che indossano la maschera della natura diventando giganteschi ibridi: alberi dalla pelle di cemento – e adesso con la tecnologia.
Questa, nella collaborazione con il digital artist Alessio De Vecchi, gli permette di scrivere le sue visioni con una straordinaria puntualità e a noi di viverli, nausea da altezza compresa, senza sconti. Indossando il visore, la pittura si materializza intorno a noi e soprattutto sotto di noi. La perdita di ogni punto di riferimento visivo – dov’ero all’interno della stanza? – per un attimo cancella la consapevolezza del posto dove siamo. Se abbandoniamo la paura e lasciamo che la mente dimentichi il punto da dove siamo partiti, un mondo che prima osservavamo comodamente e in sicurezza a volo d’uccello nella pittura si offre alla nostra esperienza in tutta la sua grandezza e quindi pericolosità. Dobbiamo essere presenti e audaci.

Fabio Giampietro, Hyper Planes of Simultaneity, 2016

Fabio Giampietro, Hyper Planes of Simultaneity, 2016

La finzione non è di certo simulata: la città è dipinta, possiamo quasi annusare l’olio, riconoscere la texture della tela. Non c’è inganno: questa cattedrale virtuale è costruita con brani, campionature dei dipinti di Giampietro, in particolare dei due esposti a Palazzo Reale insieme al gigantesco tsunami che ci permettono, una volta tolto il visore, di ricomporre le coordinate dell’esperienza vissuta, i cui unici testimoni sono le presenze inquietanti di alcuni bambini che ora vediamo di nuovo, con la distanza rassicurante dello spettatore, sulle tele. La simultaneità provata è fisica ma soprattutto temporale.

Passato, presente e futuro coesistono: l’esperienza autentica è quella del qui e ora, somma di tutte le dimensioni che fino a ieri abbiamo inteso come separate, distanti o sequenziali. Questo vuole la teoria dell’universo blocco alla quale Giampietro si ispira per invitarci a fare la nostra in questo futuro distopico. Attenzione, però, non dobbiamo aspettare domani per viverlo. Quest’aria da day after, questo «ambiente non confortevole, insicuro» non è così lontano, impossibile o irreversibile, ma è a portata di sguardo, passo, respiro… vertigine. «È come se avessi sempre lavorato a questo affresco in movimento. Con la differenza che le cose immaginate adesso sono reali».

Fabio Giampietro. Hyper Planes of Simultaneity
in collaborazione con Alessio De Vecchi

14 – 17 aprile 2016

Palazzo Reale – Sala degli Arazzi
Piazza Duomo 12, Milano

Ingresso gratuito

Info: www.hyperplanesofsimultaneity.com
www.fabiogiampietro.com

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