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VENEZIA | Zuecca Project Space, Giudecca, Fondamenta delle Zitelle 32 e Chiesa di Sant’Antonin, Castello, salizada Sant’Antonin | 29 maggio – 15 settembre 2013

Intervista a MAURIZIO BORTOLOTTI di Francesca Caputo

Con il suo approccio, Ai Weiwei – artista, architetto, curatore, poeta, blogger, attivista dei diritti umani e molto altro ancora – ha sempre cercato di smuovere il pensiero critico per creare coscienza e consapevolezza civile, spesso servendosi del potere dell’ironia; anche come monito alla modernizzazione selvaggia e contraddittoria della Cina odierna. Esplora problemi legati ad autenticità, radici, valori culturali, omologazione identitaria, memoria, sviluppando la relazione con il passato come passaggio di definizione del presente e del futuro. Ai Weiwei è protagonista di Disposition, evento collaterale della 55. Biennale di Venezia, promosso da Zuecca Project Space, piattaforma no profit per l’arte contemporanea, e la Lisson Gallery.
Due progetti: l’installazione Straight, ripensata per il complesso delle Zitelle alla Giudecca, e quella concepita per la Chiesa di Sant’Antonin, in dialogo con l’architettura e la storia personale dell’artista.  Ne parliamo con il curatore, Maurizio Bortolotti

Nel suo percorso artistico, Ai Weiwei si esprime su una molteplicità di piani estremamente complessi, che mirano a una costante ridefinizione ed estensione del concetto di arte, riflettendo sulla sua necessità nella società di oggi. In che modo ritiene che l’arte possa essere uno strumento efficace per esplorare le problematiche politico-sociali?
Oggi si è persa una visione unitaria della società. Rispetto a questa situazione, l’arte svolge un ruolo interessante. È l’unico fenomeno che riesce ad essere trasversale a tutti gli ambienti sociali, mettendoli in collegamento tra loro. L’arte, che all’interno della cultura occidentale è sempre stata considerata un valore, è oggi diventata essa stessa espressione di valore dentro la società capitalistica globalizzata. È un mezzo di trasmissione di valori, che non riescono più ad essere veicolati da altri campi: come la politica, l’economia, la ricerca scientifica, la religione.
L’esempio di Ai Weiwei è significativo in tal senso. Ciò che rende così interessante il suo lavoro – in confronto a quello degli altri artisti asiatici – è la capacità di rappresentare le contraddizioni interne allo sviluppo sociale, economico e politico della Cina contemporanea; connettendo, esplicitamente, alcune rilevanti questioni umanitarie e sociali, al piano espressivo ed estetico dell’arte. Ricordandoci che, alcuni concetti base della società contemporanea come – benessere, democrazia e diritti sociali – non sono così scontati, poiché oggi è in atto un processo di ridefinizione.

Quale contributo, personale e di riflessione critica, le ha lasciato l’esperienza di lavoro con Ai Weiwei?
Ho conosciuto Ai Weiwei nel 2010 in Corea, quando stavano organizzando Art Gwangju, la prima fiera internazionale fatta dalla Biennale, e abbiamo avuto l’occasione di vederci a cena o di visitare insieme i monumenti coreani nei dintorni di Gwangju, con Alfredo Jarr ed altri. Ciò che mi ha colpito è l’assoluta onestà e integrità di uomo, che – come mi ha detto quando ci siamo visti recentemente a Pechino – non fa altro che dire schiettamente quello che pensa.
Quando sono stato all’inaugurazione della sua mostra alla Tate Modern di Londra, dove ha presentato 100 milioni di semi di girasole di ceramica dipinti a mano, gli ho detto: “quest’opera ha una lettura a più livelli, ma parla della Cina contemporanea”. E a lui questa definizione è piaciuta. Sul piano professionale Ai Weiwei è molto preciso, ogni dettaglio o particolare nel suo lavoro è esattamente definito e nulla è lasciato al caso. Un altro aspetto importante è quello di concepire l’opera come intervento site specific. Questa è stata per me una lezione molto interessante che viene dalla nuova realtà artistica asiatica.

Come è nata l’idea della mostra Disposition? E quali gli obiettivi teorici?
È nata all’interno del nuovo spazio Zuecca Project Space, diretto da Alessandro Possati, di cui sono curatore del programma. Dall’intenzione di voler riattivare un dialogo tra Venezia, oggi meta del turismo e della cultura internazionali, e l’Asia contemporanea, nel caso specifico della Cina, con cui Venezia per prima in Occidente ha stabilito rapporti importanti dai tempi in cui era una Repubblica marinara. L’Asia ha assunto oggi una nuova identità e la prima mostra Orientale, è nata appunto con l’intenzione di ridefinire il volto dell’Asia attuale dal punto di vista dell’Occidente, invitando cinque artisti occidentali a riflettere sul tema. Perciò, dopo una mostra dedicata a Rirkrit Tiravanija, Disposition sembrava una scelta in continuità con quello fatto sin qui. Inoltre, all’artista è piaciuta l’idea del dialogo con la città. Gli obiettivi della mostra sono quelli di fornire una rilettura in chiave problematica della Cina contemporanea.

Quale pensiero critico ed emozioni mira a suscitare l’installazione Straight?
Straight è un progetto sul quale l’artista ha lavorato per oltre due anni, raccogliendo le barre che armavano le scuole costruite con materiali inadatti e crollate durante il terremoto del Sichuan nel 2008, durante il quale morirono quasi 5200 bambini. L’opera sembra un intervento minimalista ma non ha nulla di astratto. È un preciso atto di accusa contro la corruzione di chi ha consentito la costruzione di edifici realizzati con materiali scadenti, ribattezzati tofu buildings. Le barre sono state raccolte e raddrizzate per farle ritornare diritte. Come se l’artista volesse simbolicamente indicare che una tragedia creata da gravi errori umani andasse sanata, ripristinata. Sembra un grande “J’accuse”, ma vi è anche una volontà di riconciliazione.

In che modo sarà caratterizzata la presentazione veneziana di Straight rispetto a quella di Washington?
Ai Weiwei lavora in modo site specific e il fatto che il progetto sia esposto all’interno della sala della Zuecca lo rende già in sé diverso dalla sua presentazione all’Hirshhorn Museum di Washington. Per l’occasione, l’artista ripenserà l’installazione delle barre in funzione dello spazio veneziano, in modo da creare un dialogo con lo spazio disegnato dal Palladio.

Che tipo di dialogo è innescato dalla seconda installazione di Ai Weiwei? Può rivelarci qualche anticipazione?
La seconda installazione, costituisce sicuramente il lavoro più importante fatto dall’artista recentemente. L’opera sarà esposta nella chiesa di Sant’Antonin nei pressi dell’Arsenale, nasce come diretta conseguenza di Straight ed è perciò speculare ad esso. La mostra ha una grande coerenza interna perché i due progetti rimandano l’uno all’altro. Questa installazione sembra l’applicazione di una frase di Ai Weiwei che dice: “La libertà d’espressione è per me una condizione fondamentale per fare arte”.

Ai Weiwei. Disposition
a cura di Maurizio Bortolotti

Evento collaterale della 55. Esposizione Internazionale d’Arte

29 maggio – 15 settembre 2013

Zuecca Project Space, Giudecca, Fondamenta delle Zitelle 32, Venezia
Chiesa di Sant’Antonin, Castello, salizada Sant’Antonin, Venezia

Orari: 10.00 – 18.00

Info: www.zueccagallery.com
www.lissongallery.com
www.labiennale.org

 

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