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MILANO | MUDEC – Museo delle Culture di Milano | 8 febbraio 2017

di FRANCESCA CAPUTO

Non è semplice tracciare la biografia di Jean-Michel Basquiat, artista icona degli anni Ottanta, che ha fatto della sua vita un lavoro, riuscendo a imporsi come una star del sistema dell’arte, sempre in bilico tra underground e glam, poesia e trionfi commerciali, fama, dissoluzione, fragilità.
Difficile evitare il cliché dell’artista maledetto – morto per overdose a 27 anni – e l’etichetta di primo artista di colore riconosciuto a livello internazionale. Una lama a doppio taglio.

Cover del volume Basquiat. La regalità, l’eroismo e la strada, di Michel Nuridsany, Johan & Levi editore, 2016

Cover del volume Basquiat. La regalità, l’eroismo e la strada, di Michel Nuridsany, Johan & Levi editore, 2016

Ci riesce, con grande garbo, il critico d’arte Michel Nuridsany, nel volume Basquiat. La regalità, l’eroismo e la strada, edito in Italia da Johan & Levi, raccontando vicende artistiche e umane attraverso un’indagine lucida, un meticoloso lavoro d’archivio e sul campo, interviste a familiari, amici, amanti, galleristi, collezionisti, direttori di musei.
Una pluralità di punti di vista, informazioni, su cui l’autore effettua confronti incrociati per ritrovare la realtà, scindendola dalla leggenda, dalle faziosità, dalla pretesa di ciascuno di possedere memorie esclusive. Anche quando si tratta della testimonianza diretta dell’artista che, nelle sue numerose interviste, ha costantemente reinventato la sua storia al confine con il mito, con una tenacia forse ancora maggiore di Warhol. Talvolta, nell’impossibilità di stabilire la veridicità dei fatti narrati, Nuridsany riporta più versioni differenti.

Nella convinzione che sia il lavoro a svelare l’essenza di Basquiat, il lato radioso, geniale, quello infantile, inquieto e straziato, l’immensa e trasversale cultura così come l’identità disgregata, approfondisce il percorso professionale, analizzando opere, temi portanti, esposizioni. Ricostruisce il contesto in cui si formò, le sue frequentazioni, offrendo uno spaccato della comunità artistica newyorkese degli anni Ottanta, il fermento anche musicale della downtown e il ruolo centrale che l’artista giocò nella scena nascente, i cambiamenti in atto, dalla nascita della Street Art ad un mercato sempre più vorace che fagocita artisti e idee. Sullo sfondo, emerge il clima politico-sociale dell’America tra gli anni ‘60 e ‘80, dai problemi razziali all’edonismo, fino al degrado urbano, alla speculazione edilizia di quella metropoli ancora “dirty, dangerous and destitute” per quanto dinamica e ricca di energia.

Un viaggio dettagliato in quattordici capitoli, con un apparato bibliografico e cronologico, che scandaglia le origini della sua famiglia, i rapporti tormentati con i genitori, la genesi della passione per il jazz, del suo gusto sull’arte, la scelta di appartenenza alla cultura black. L’immagine di artista povero, dei bassifondi, che si era cucito addosso, esce minata da una situazione più complessa e sfaccettata.
La strada, cui tornerà anche all’apice del successo, è comunque un nodo cruciale: dalle prime opere su supporti di recupero, agli aforismi firmati SAMO, con Al Diaz. È ovunque tra Soho e l’East Village, dove ci sono quelli che contano, una concentrazione di musicisti, performer, artisti, gallerie, studi, club. Su tutti il Mudd Club, di cui è il cuore pulsante.

Jean-Michel Basquiat, Autoritratto, 1981, Acrilico, olio, pastello a olio e collage su tre tavole, cm 101,6 x 177,8, Mugrabi Collection © The Estate of Jean-Michel Basquiat by SIAE 2016

Jean-Michel Basquiat, Autoritratto, 1981, Acrilico, olio, pastello a olio e collage su tre tavole, cm 101,6 x 177,8, Mugrabi Collection © The Estate of Jean-Michel Basquiat by SIAE 2016

Poi i primi passi nel mondo dell’arte, definiti da due collettive organizzate dall’amico Diego Cortez, determinante per l’inizio della sua carriera: Times Square Show (1980), che rivela una nuova generazione di artisti e New York/New Wave (1981) insieme a Haring, Mapplethorpe, Warhol e tanti altri.
Da qui, il passo per diventare una stella è breve: entra nella scuderia di Annina Nosei, prima a lanciarlo a New York, espone da Larry Gagosian, partecipa a dOCUMENTA 7 di Kassel, alla Biennale del Whitney Museum. Bischofberger diventa il suo gallerista principale e, grazie a lui, approfondisce i rapporti con Warhol e Clemente, sfociati nei celebri dipinti creati in collaborazione. È all’apice del successo.
Interessante il capitolo che mette in luce un aspetto poco conosciuto, il viaggio di Basquiat in Costa d’Avorio, dove esplora l’arte e l’anima africana. L’autore rievoca le esposizioni francesi e il suo viaggio a Parigi, prima dell’epilogo che vede l’artista sempre più paranoico, consumato dalle droghe, convinto di “essersi ridotto a una macchina da soldi”. Da vivo è quotato più di tutti i suoi contemporanei. Il dopo Basquiat è un susseguirsi infinito di aberrazioni, sciacallaggi, cause legali e tentativi di tutela.

Nuridsany non è esente al fascino carismatico di Basquiat ma riesce a illuminare, senza enfasi, quel “mix di spontaneità e calcolo”, di ego sovradimensionato e cinismo, smentendo i luoghi comuni e contribuendo a precisare le sue radici, la filosofia della poetica, la visione del mondo, al di là dello scintillio della vita pubblica, della sua voracità in fatto di sesso, droga, soldi e notorietà.

Al MUDEC, Museo delle culture di Milano, questa sera dalle 18.30 (ingresso gratuito con prenotazione, in concomitanza con la retrospettiva dedicata a Basquiat) i giornalisti Francesca Amè e Luca Zuccala presentano la biografia di Michel Nuridsany. Un incontro di approfondimento che rende omaggio al Radiant Child.
invito Basquiat Milano_MUDEC 6

Michel Nuridsany
Basquiat. La regalità, l’eroismo e la strada.
Johan & Levi editore, 2016
www.johanandlevi.com

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