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BERGAMO | CASA DEL COMMIATO | 25 – 28 marzo 2022

Intervista ad ALBERTO CERESOLI di Livia Savorelli

Una mostra di breve durata ma in grado di toccare le corde più profonde del sentire, in un luogo inusuale come una Casa del Commiato, in una città così duramente colpita dalla pandemia come Bergamo: Wish You Were Here – che ha preso vita in un luogo solenne destinato a dare l’ultimo saluto alle persone care, ora ancora in fase di completamento – è un viaggio, intimo e spirituale, di analisi dell’assenza ma anche un tentativo di cristallizzare e, rendere eterna, quella straordinaria tensione emotiva che origina dal dolore della perdita, trasformandola in forza rigenerante.
Ho approfondito con il curatore del progetto, Alberto Ceresoli, le motivazioni alla base di questa intensa operazione culturale…

In primo piano: Noemi Mirata, La fisica dell’oltre, 2022, installazione in metallo, vetro, tessuto traspirante color carne, jumus e germogli, 92x130x40 cm. Al fondo: Elisabetta Di Sopra, THE CARE, 2018, video, 02.38.00 min. Ph Ludovica Belotti

A Bergamo, una Casa del Commiato di recente costruzione è diventata location di una progettualità straordinaria che ha visto 23 artisti, tra singoli e gruppi, confrontarsi sul tema dell’assenza e della mancanza, a seguito della perdita. Come nasce l’idea di esorcizzare il tabù della morte attraverso la narrazione dell’arte?
Come è avvenuto l’incontro con la società che la gestisce, con quali finalità si è dato vita a Wish You Were Here?
L’intuizione di declinare all’interno della nuova Casa del Commiato Bergamasca un dispositivo di mostra è di Roberta Caprini, titolare insieme alla famiglia e ai soci del Centro Funerario Bergamasco, società nata dall’unione di imprese funebri storicamente operanti sul territorio di Bergamo e provincia: Generali onoranze funebri-famiglia Caprini, Ricciardi e Corna, Piccioli, Generali-Mascher, Giorgi, San Michele e Barcella. L’idea di Roberta gravitava intorno al pensiero di superare dinamiche cristallizzate che vedono questi luoghi inaugurare con il taglio del nastro alla presenza del sindaco e con la benedizione del prete. Inoltre ricordo bene, durante i primi confronti tra me e Roberta, dell’esigenza di affrontare attraverso il racconto dell’esperienza personale, i due anni di sofferenza causati dall’emergenza Covid. Si è tanto parlato dell’importante lavoro di medici, infermieri e operatori sanitari, ma quanto pensiero è stato dedicato agli operatori e lavoratori delle imprese funebri? Ricordo dei primi confronti tra me e Roberta e dell’esigenza di dover raccontare e sublimare ferite ed esperienze dei due anni di pandemia e dell’esigenza di abbracciare una sfida che potesse portare un dono alla città, capace di far sentire quella sensibilità, impegno e cura, propri del lavoro della famiglia Caprini e soci. È così che, da agosto 2021, abbiamo iniziato a ragionare insieme sulle possibilità progettuali che attraverso il linguaggio dell’arte contemporanea si sarebbero potute formalizzare all’interno di un luogo così importante per la città, da cui però oggettivamente le persone prendono distanza, con differenti risposte emotive e psicologiche, dalla scaramanzia al sarcasmo, alla negazione. Partendo da questo presupposto il pensiero si è concentrato sui due paradigmi che hanno sostenuto il processo e la restituzione in mostra nel mese di marzo 2022: la presentazione della società con l’apertura ai cittadini della nuova Casa del Commiato e la sfida di portare al centro di un dibattito condiviso il tema della morte.

Linda Carrara, 2018, Il tuffatore, gesso e rame, dimensioni variabili, ph Ludovica Belotti

Credo importante riportare le parole di Gabriele Salvaterra, che ci ha accompagnato durante i mesi di lavoro e durante i giorni di apertura della collettiva in una lettura critica sull’operazione curatoriale: “L’arte si pone sempre in una prospettiva spirituale. Creare oggetti, azioni, situazioni che riescano a travalicare i limiti temporali concessi dall’esistenza di ciascuno corrisponde all’aspirazione a raggiungere un infinito e una temporalità capaci di andare oltre la finitezza della vita. Ogni opera, proprio come un sasso lanciato oltre noi stessi, mira a lasciare un messaggio verso l’assoluto del tempo, nella convinzione o nell’illusione che ci possa essere una sua continuità successiva alla nostra e alle prossime generazioni. In questa prospettiva, nell’ottica di pratiche che tentano di smuovere un invisibile attraverso un visibile, l’arte trova spesso il suo motivo di creazione nella sostituzione di qualcosa non più presente… Assenza, desiderio e nostalgia sono dunque motori della produzione artistica, stati manchevoli che attraverso lo “spreco” della creatività riescono felicemente a colmare un vuoto, ricoprire una distanza, arrivare a sfiorare l’agognato obiettivo senza mai poterlo conquistare e fermare totalmente. L’apparente natura negativa di tali condizioni in difetto si trasmuta così in forza dall’apporto positivo con lavori, che come rattoppi su vesti sgualcite, prendono il posto di un nulla pieno di potenzialità”.

Luca Petti, LPS, acciaio armonico e materiale tassiodermico, 200x10x20 cm, 2014, ph Ludovica Belotti

Come hai individuato gli artisti e selezionato le opere, anche in relazione alla monumentalità del luogo e delle future funzioni di ogni ambiente della casa del Commiato, compresa la stanza autoptica?
Il lavoro si è articolato in 6 mesi di ricerca, studio visit e confronti con l’architetto e la società. Il progetto di mostra si è formalizzato in più di 800 mq di spazi pensati per accogliere una sala cerimonie, 4 camere mortuarie, un ambiente dedicato alla consegna delle urne cinerarie, uffici, spazi tecnici e una sala autoptica. È stato un lavoro decisamente in progress che ha preso forma in concomitanza con la chiusura del cantiere per la ristrutturazione degli spazi che oggi accolgono la Casa del Commiato. La curatela che ha portato alla costruzione di una collettiva con 23 artisti si è dimostrata tanto entusiasmante quanto complessa. Il cantiere aperto non ha permesso un’immediata lettura del luogo e questa circostanza mi ha portato a selezionare opere “da portfolio” evitando di invitare artisti a progettare interventi site specific. L’unica artista che ha formalizzato il lavoro in loco è Miriam Montani che con l’intervento Sulla Soglia, utilizzando i lavandini della sala autoptica, è riuscita ad inserirsi in uno degli ambienti più difficili del Centro Funerario. La mia attenzione e le mie scelte si  sono concentrate sull’intermedialità del progetto, che ha ospitato in mostra interventi fotografici, installativi, pittorici e scultorei, individuati come riflesso di una sensibilità personale rispetto al tema trattato, e che ho creduto potessero essere di grande risonanza per un pubblico che si è dimostrato attento e pronto ad aprirsi alla riflessione, alla suggestione, all’interpretazione e alla critica.

Miriam Montani, Sulla Soglia III, Lemna Minor, polietilene trasparente intagliato, intervento site specific, 2022, ph Ludovica Belotti

Ogni lavoro si è inserito all’interno della Casa del Commiato trovando uno spazio dedicato, un ambiente in cui potersi determinare, all’interno di un percorso espositivo che si è definito attraverso le molteplici narrazioni simboliche, autobiografiche, individuali e collettive. È sempre un lavoro di squadra e il mio ringraziamento va a Roberta Caprini e famiglia per tutta l’attenzione, l’entusiasmo e la disponibilità, a tutti gli operai, elettricisti, idraulici, muratori che hanno dimostrato un’attenzione e una sensibilità che talvolta viene meno anche agli addetti ai lavori e operatori culturali più acclamati dal sistema, a Silvia Scotti di Scotti Ricevimenti per la qualità e la cura del servizio offerto alle centinaia di ospiti per l’inaugurazione e il finissage. Grazie al critico Gabriele Salvaterra e grazie a tutti gli artisti in mostra (Lidia Bianchi, Linda Carrara, Carmela Cosco, Martina Cioffi, Lorenzo d’Alba, Elisabetta Di Sopra, Elisa Filomena, Maria Luigia Gioffrè, Arianna Greci, Giacomo Infantino, Giulio Locatelli, Camilla Marinoni, Monica Mazzone, Alice Mestriner/Ahad Moslemi, Paolo Migliazza, Noemi Mirata, Guido Nosari, Luca Petti, Thomas Scalco, Letizia Scarpello) per l’apertura al dialogo e al confronto alimentato nei mesi, per la fiducia e il prezioso lavoro di ricerca che ha permesso l’edificarsi di un’importante e delicata operazione culturale.

In primo piano: Monica Mazzone, Like The Moon, 2018-21, scultura in alluminio realizzata a mano, 103x83x63 cm. Sullo sfondo: Letizia Scarpello, Gold 24 kt, 2019, gommapiuma, foglia oro 24 kt, 100x20x20 cm. Ph Ludovica Belotti

Durante il nostro incontro, hai sottolineato l’ampio raggio generazionale degli artisti in mostra (ricordavi infatti che tra il più giovane e il più vecchio intercorrono circa 30 anni). Si tratta di una scelta voluta per evidenziare un diverso approccio generazionale ai concetti di perdita e di assenza?
Negli ultimi anni ho avuto la possibilità di curare progetti, rassegne, festival, mostre personali e/o collettive e ho lavorato con giovanissimi studenti dell’Accademia, assistenti di cattedra, docenti, artisti alla prima esperienza di mostra e artisti con background e percorsi di ricerca riconosciuti internazionalmente. In Wish You Were Here effettivamente ci sono artisti nati negli Anni ’60, ’70, 80′ e ’90 e quindi il salto generazionale è importante, così come è importante lo sguardo sul mondo e le esperienze maturare nel lavoro e nella vita di tutti i giorni che ci permettono forse di interpretare quel circostante in quel modo o in quell’altro modo. Credo che la ragione che mi ha portato in questa e in altre occasioni a coniugare questi diversi sguardi sul mondo, queste diverse esperienze e a far incontrare artisti appartenenti a differenti generazioni sia la pratica di una curatela militante e il continuo scambio con gli artisti, dando sempre e comunque importanza alla maturità del lavoro e della ricerca. Credo ancora importante riportare le parole di Gabriele Salvaterra: “In tutti questi diversificati interventi, l’apporto caleidoscopico ed eccedente delle possibilità linguistiche contemporanee non deve distrarre dal nocciolo attorno al quale ogni lavoro è nato ed è stato selezionato. Come in una triade dialettica, fatta da tesi, antitesi e sintesi, l’assenza pone un vuoto e con esso una problematica, la necessità di un termine di riempimento. Così interviene l’aspetto positivo, desiderante appunto, che innesta una tensione, uno spostamento di energia creativa nel tentativo di colmare, ridare forma e corpo a quello spazio aperto alle eventualità. Infine si inserisce un elemento nostalgico, come risoluzione tra i due stati contrapposti, la melanconia caratteristica dei nati sotto Saturno, dove il nuovo equilibrio raggiunto non nasconde neppure la mancanza per ciò che si è perso. Questa mostra non parla poi tanto di morte ma dell’esperienza propria di ogni fare”.

Lidia Bianchi, Sono tornate le lucciole, Paolo, 2021, stampe ai sali d’argento, ph Ludovica Belotti

Oltre ad essere curatore, sei presente anche come artista in duo con Carmela Cosco, con un’opera emotivamente molto forte che reinterpreta in chiave digitale l’idea della celebrazione memoriale insita nell’idea di monumento. Il punto di partenza del vostro lavoro è facebook e le pagine commemorative che lo stesso social network dedica agli utenti venuti a mancare. Come nasce l’idea di questo lavoro e con quali intenti?
“In loving memory” è un progetto in progress nato all’inizio del 2021. La serie fotografica si compone di stampe a contatto 10,5×14,8 cm sviluppate in camera oscura attraverso l’utilizzo dello smartphone come matrice per la stampa. Tutti i ritratti della serie fotografica, oggi composta da più di 200 pezzi unici, sono stati individuati su social network attraverso la lettura delle pagine commemorative di facebook, che consente alla famiglia di trasformare l’account della persona deceduta in un memoriale digitale. Una riflessione sulla fotografia, in questo caso della persona amata, che ritorna dal digitale all’intimità dell’immagine tangibile, nella sua dimensione terrena, con le sue imperfezioni, nella sua funzione di traccia, memoria individuale e collettiva.

Alberto Ceresoli e Carmela Cosco, In Loving Memory, 2022, 200 contact prints on resin coated paper, 10,5×14,8 cm, variable dimensions, ph Ludovica Belotti

Durante i quattro giorni di durata della mostra, quali riflessioni e sensazioni avete percepito dalle persone comuni che hanno visitato la Casa del Commiato?
Il pubblico si è avvicinato alla Casa del Commiato e al progetto di collettiva con curiosità e molta attenzione. Più persone sono venute in visita più volte durante i quattro giorni di apertura della Casa del Commiato, altre si sono soffermate per ore attraversando gli spazi e avvicinandosi alla lettura delle opere con interesse e molta sensibilità. La fruizione è stata talvolta silenziosa talvolta punto di partenza per riflessioni condivise. C’è stata commozione, ho visto persone piangere, preti entusiasti dell’arte contemporanea scattare centinaia di fotografie, studenti appassionati prendere appunti durante le visite guidate. Siamo in realtà tutte persone comuni, anche  gli artisti e i curatori e i collezionisti, tutte persone comuni, tutti esseri mortali.

Thomas Scalco, Moto perpetuo,100×100 cm, 2017-2021, ph Ludovica Belotti

Wish You Were Here
Artisti: Lidia Bianchi, Linda Carrara, Alberto Ceresoli e Carmela Cosco, Martina Cioffi, Lorenzo
D’Alba, Elisabetta Di Sopra, Elisa Filomena, Maria Luigia Gioffrè, Arianna Greci, Giacomo Infantino, Giulio Locatelli, Camilla Marinoni, Monica Mazzone, Alice Mestriner e Ahad Moslemi, Paolo Migliazza, Noemi Mirata, Miriam Montani, Guido Nosari, Luca Petti, Thomas Scalco, Letizia Scarpello

a cura di Alberto Ceresoli
testo di Gabriele Salvaterra

25 marzo – 28 marzo 2022

Casa del Commiato
Via Suardi 36, Bergamo
Generali – Caprini Ricciardi e Corna (Centro Funerario Bergamasco srl)

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