MILANO | Museo del Novecento | Fino al 30 giugno 2024
di NICOLETTA BIGLIETTI* e MATTEO GALBIATI**
Il Museo del Novecento, per celebrare la passata Milano Art Week milanese, ha inaugurato in alcuni spazi diversi dei suoi ambienti quattro mostre, quattro progetti espositivi inediti che, ciascuno a proprio modo, si collega e connette con le raccolte, le attività, gli interessi culturali, storici o artistici del museo meneghino e della città che lo ospita.
Muoversi al di là del tempo e dello spazio. Percepire l’intricato e affascinante fervore culturale che ha animato Milano dagli anni ’40 sino ad oggi. È ARCHIVIALE 001 | Dal 1940 a oggi – Istantanee dalle gallerie d’arte di Milano il titolo della mostra – a cura di Mariuccia Casadio e realizzata in partnership con Gucci – che si pone come “primo capitolo” di una ricerca tesa a ricostruire gli oltre settant’anni di storia di 50 gallerie private d’arte contemporanea attive nel capoluogo lombardo.
Promossa dalla Milano Art Community – il network che raccoglie le più importanti gallerie e istituzioni della città di Milano – e ospitata negli spazi degli Archivi del Novecento, ARCHIVIALE 001 diventa un’occasione per accostare, osservare, interpretare e approfondire, con intensi, meravigliosi e intricati rimandi, i documenti presentati: ed ecco allora che in un riunirsi quasi naturale e spontaneo si colgono le foto di Carla Pellegrini seduta su una sedia furni-fetish di Allen Jones accanto a quella di Massimo De Carlo, esausto, relegato contro il muro dallo scotch da pacchi di Maurizio Cattelan; e poi ancora il manifestino di una mostra di Pinot Gallizio, la falce e il martello di Enzo Mari e le rivistine della Galleria Il Milione.
Luoghi d’importanza fondamentale per il prestigio culturale della città tra XX e XXI secolo, le gallerie sono state, infatti, dirette testimoni delle strette collaborazioni tra artisti come Man Ray, Lucio Fontana e Piero Manzoni, delineando la vivacità culturale che caratterizzava e caratterizza la città meneghina.
Un solo apparente “caotico sentire” che si rivela, invece, come un girato oculato e minuzioso della vita culturale Milanese, snodandosi in epoche diverse tra immagini fotografiche, biglietti d’invito, piccoli cataloghi, carte e carteggi.
Un progetto, quello di ARCHIVIALE 001 – il cui allestimento è curato dalla rivista Flash Art – che si svilupperà nei prossimi anni e prenderà le forme di materiali di studio, convegni, esposizioni. Un modo, dunque, per volgere sì lo sguardo al passato ma sempre con un orizzonte di apertura verso il futuro più prossimo.
Seguendo le coordinate della sua ricerca Haris Epaminonda, vincitrice della prima edizione di Fondazione Henraux Sculpture Commission, un premio assegnato ogni anno nell’ambito di miart, ha creato un sofisticato meccanismo visivo che, in un’installazione pluri-stratificata nelle tensioni espressive che vi si sommano, sa cogliere spunti per un approccio alla visione sempre diverso.
L’artista cipriota, del resto, nel tempo ci ha abituati a un modo di concepire l’opera come ad un collage polifunzionale, composto da “materiali” diversi i quali insieme, in una strana e inconsueta consonanza imprevedibile, riescono a comunicare secondo un articolato linguaggio la cui logica prende forma da ogni possibile associazione che ne derivi. Elementi differenti, ciascuno con una propria storia e un proprio vissuto, eventi e significati trascorsi in tempi vicini o lontani, vengono “acquisiti” da Epaminonda che, seguendo la sua regia, li mette in scena offrendoli ad una recitazione e una drammaturgia senza copioni prestabiliti. La conoscenza pregressa affascina da sempre l’artista, ma non la costringe mai in una definizione obbligata, anzi il senso di una nuova riscontrata libertà espressiva vede, nel presente, sempre dopo aver tolte eccedenze inutili, l’orizzonte di altri pensieri e riflessioni.
Con VOL. XXXI: Futurism Drama, progetto appositamente creato per il museo milanese e curato da Edoardo Bonaspetti, Haris Epaminonda si è connessa alle collezioni del Futurismo e alla superba soluzione formale della scultura di Medardo Rosso. La dinamicità dell’intreccio dei piani, la permeabilità nello spazio del drammatico plasticismo di Rosso, è fatto acclarato, hanno ispirato artisti come Boccioni quando vanno a definire una riflessione artistica che cerca un rimando con lo spazio-ambiente reale, attraverso improbabili estensioni e dilatazioni dinamiche di volumi e forme. Epaminonda, con la sua installazione, va a progettare ambientazioni di sapore architettonico in cui si interconnettono formalmente tempi e corpi diversi, dove considerazioni distanti tra loro possono presumibilmente arrivare ad un punto di dialogo e contatto. I suoi spazi sono, come nel caso del Museo del Novecento, veri e propri momenti di incontro che esercitano un carismatico potere significante, perché conferiscono una misura nuova a storie già vissute e danno peso a storie future attraverso quelle inedite che vi si affacciano. Quest’opera, come le sue precedenti, è un vero e proprio sistema di visione di poetiche, estetiche e fenomenologie capaci di attuare una poliedrica dissezione e dilatazione delle significazioni consuetudinarie in cui tutto, nell’insieme complessivo, è dispositivo inclusivo estremamente funzionale a pre-vedere schemi di quelle nuove appartenenze che si distillano grazie ad una partecipazione riflessiva di questi suoi ambienti intuitivi, elastici e aperti alla comprensione.
Il quarto piano del museo accoglie Ritratto di città (20/20.000Hz), prima occasione espositiva di un complesso, ricco ed articolato progetto con cui i MASBEDO sono stati scelti tra gli artisti premiati in occasione dell’undicesima edizione di Italian Council, il noto programma istituito dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura che intende promuovere internazionalmente l’arte contemporanea italiana.
Grazie alla Fondazione ICA Milano questo importante lavoro è riuscito a trovare una prima occasione per essere presentato proprio al Museo del Novecento, dove si attiva con un video multicanale concepito e strutturato in una grande installazione immersiva, cui si devono sommare anche le diverse performance sonore, le proiezioni e il programma di incontri ed eventi voluti per questa occasione. Con una narrazione pluridimensionale, come è consuetudine del duo artistico composto da Nicolò Massazza e Iacopo Bedogni, quest’opera trae ispirazione e fondamento da una composizione elettroacustica che Luciano Berio, Bruno Maderna e Roberto Leydi realizzarono settant’anni or sono quando, nel 1955, provarono in via assolutamente sperimentale, a dare rappresentazione “radiofonica” al capoluogo lombardo (luogo di quelle prime pratiche di ricerca fu lo storico Studio di Fonologia RAI di Milano, la cui attività è cessata nel 1983).
Tra effetti sonori registrati nell’ambiente urbano e manipolazioni in studio Ritratto di città (20/20.000Hz) rievoca, attualizzandola, un’esperienza che non è duplicata ma, proseguita ed estesa nel presente, si aggiorna. Passato e presente respirano una reciprocità puntuale che va a rivedere in chiave contemporanea la metropoli, i suoi cambiamenti, le sue conferme e le sue differenze. La storia e la contemporaneità di Milano si incontrano in una nuova sonorità, in un nuovo flusso di immagini che, nel solco di uno spirito di rinnovamento, prosegue nella definizione di nuove modalità di espressione dei linguaggi culturali più innovativi in cui tutte le arti riescono ad essere tra loro interlocutrici. Dopo il tour promozionale l’opera dei MASBEDO entrerà permanentemente nelle collezioni del museo.
Il disvelamento di una Verità profondamente quotidiana. L’alchemica collisione tra concetti e oggetti. E poi la nostalgia: quell’ormai, e pressoché insolita,“nostalgia” della produzione alimentare casalinga che si fa rarefatta nella produzione e distribuzione di massa. Fondazione Arnaldo Pomodoro presenta Off Script, mostra personale dell’artista olandese Magali Reus vincitrice della 7ª edizione del Premio Arnaldo Pomodoro per la scultura.
Curata da Federico Giani, l’esposizione comprende una selezione delle sculture più recenti dell’artista, appartenenti alla serie Clementine; opere che, prendendo spunto visivo dai barattoli di marmellata e conserve, si trasformano in elementi “contraddittori”. In contenitori di memorie tanto intime e personali, quanto plurali e universali.
Un’indagine che affonda le radici in anni di ricerca in cui l’artista ha analizzato in modo sempre più profondo i complessi e intricati rapporti tra esseri umani e produzione alimentare, esplorando i simbolismi contenuti in fruttiere, barattoli e contenitori; oggetti che assumono il ruolo di nature morte veicolanti profondi e coadiuvanti significati sul piano estetico, sociologico e storico-artistico.
È un alludere, cioè, a un mondo fatto di “conserve domestiche” che altro non sono che una strumentalizzazione del concetto di “cura”.
Di quella cura che si assocerebbe ad un prodotto “fatto a mano” che, quando si acquista, ci si rende conto di comprare la “finzione” entro cui si è introiettati. Quella finzione, quel mondo, in cui le nonne indossano un grembiule e mescolano fragole con i loro cucchiai di legno.
Quegli oggetti, quei barattoli e quelle marmellate a cui si collegherebbe un immaginario domestico, caldo e accogliente, delineano, invece, uno sfalsamento inquietante e ambiguo, delineandosi come repliche sovradimensionate che recano i graffiti domestici; sono segni, scarabocchi, appunti scritti a mano, etichette apposte sulle superfici, connessi all’idea di riutilizzo dell’oggetto, a testimoniare come anche un semplice barattolo da conserva, se diventato prodotto di un’azienda multinazionale, possa rendere le persone ignare delle storie che si potrebbero nascondere al suo interno.
E i recipienti di Reus, con le loro bizzarrie, cercano, invece, di instaurare nuovi rapporti più individuali, più veri rispetto a quelli resi possibili dalle forme prestabilite dalle dinamiche aziendali, presentando il “fatto a mano” come ultra lavorato e al contempo riproponendo l’ultra lavorato in una versione più artigianale. Più “casalinga”.
Perché andare fuori copione – o meglio andare Off Script – significa anche abbracciare uno sguardo “comune” su oggetti quotidiani aprendo, però, nuove prospettive di riflessione.
Prospettive che inglobino il passato, ma che illustrino al contempo il futuro; un tempo in cui quella nostalgia potrebbe essersi dissolta, ma la cui essenza potrebbe sopravvivere grazie a quei delicati barattoli, che altro non sono che fulgidi contenitori di eterne memorie.
ARCHIVIALE 001. Dal 1940 a oggi – Istantanee dalle gallerie d’arte di Milano *
a cura di Mariuccia Casadio
organizzazione Elena Bordignon
ricerca Dora Casadio
art direction Flash Art
progetto di Milano Art Community
in partnership with Gucci
10 aprile – 30 giugno 2024
Haris Epaminonda. VOL. XXXI: Futurism Drama **
a cura di Edoardo Bonaspetti
promossa da Fondazione Henraux
con il sostegno di Galleria Massimo Minini
in collaborazione con il Museo del Novecento
10 aprile – 12 maggio 2024
MASBEDO. Ritratto di città (20/20.000Hz) **
a cura di Cloe Piccoli
promossa da Fondazione ICA, Milano
con il sostegno di Italian Council
10 aprile – 30 giugno 2024
Magali Reus. Off Script *
Premio Arnaldo Pomodoro per la Scultura. VII edizione
a cura di Federico Giani
10 aprile – 30 giugno 2024
Museo del Novecento
Piazza Duomo 8, Milano
Orari: tutti i giorni 10.00-19.30; chiuso lunedì
Ingresso intero €5.00; ridotto €3.00;
Info: +39 02 88444061
c.museo900@comune.milano.it
www.museodelnovecento.org