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ARZIGNANO (VI) | Atipografia | 21 gennaio – 4 marzo 2023

di ALESSIA PIETROPINTO

Scienza e fede, realtà e spiritualità, ordine e caos; idee universali che acquisiscono concretezza tramite una gestualità ritmata e purificatoria, un diario di sogni incisi che intercettano la luce tramite la grafia.
Gli spazi recentemente restaurati di Atipografia ad Arzignano (VI) accolgono La Forma delle Parole, mostra di Stefano Mario Zatti a cura di Robert Phillips e Matilde Nuzzo inaugurata dopo un anno di intenso lavoro svolto in simbiosi con l’artista e con Elena Dal Molin, fondatrice della Galleria di Arzignano (Vicenza) nata nel 2014 come Associazione Culturale no-profit per residenze d’artista e progetti site-specific. La personale dell’artista padovano esplora l’evoluzione del suo percorso artistico e individuale, riletto e proposto con uno sguardo innovativo, intimo e sensibile.

Stefano Mario Zatti, Sindone di Lamen, ottobre 2015 – giugno 2016, lenzuola, polvere, foto, dimensioni variabili

Dodici grandi opere, situate al piano terra, introducono la poetica di Zatti, il suo non-linguaggio percepito, con un primo sguardo, come un intenso abbraccio verso l’intera l’umanità, una stretta che, con riguardo e attenzione, emana una trascinante emotività traducibile in puntuali e piccoli segni grafici utilizzati per costruire una personale e collettiva narrazione esistenziale.
Ad accogliere il visitatore, all’ingresso della Galleria, sono state posizionate le tre Sindoni: resti archeologici di tessuti sottoposti ad un lungo processo di adattamento ed irreversibile mutamento causato dal luogo in cui vengono abbandonati. Le lenzuola, lasciate nei boschi per 2, 3 o 5 anni, assorbono e imprimono all’interno delle proprie fibre gli elementi presenti nel terreno, diventando sculture organiche in simbiosi con la montagna ospitante, gusci protettivi usati per avvolgere singole pietre del luogo posizionati a più di 2500 metri di altitudine. I processi interni generati dal masso, custodito e protetto dal lenzuolo, danno vita ad un ciclico rituale leggibile come una promessa di ritorno, un recupero programmato accompagnato da un reportage fotografico con cui ripercorrere l’intero processo creativo.

Stefano Mario Zatti. La forma delle parole, veduta della mostra, Atipografia, Arzignano (VI)

Nella zona adiacente della galleria, un’estesa e punteggiante via lattea si dispiega agli occhi del visitatore, una moltitudine di puntini rossi disseminati su un lungo telo di lino che originano una rappresentazione di ciò che l’artista definisce Sangue del mio sangue: 380.000 gocce realizzate su una carta lunga sei metri in rappresentanza di ogni bambino nato il 1° dicembre 2018, sei metri di tessuto che presentano, perfettamente al centro, una goccia di dimensioni maggiori sulla quale è possibile scorgere l’impronta digitale della sua primogenita, venuta alla luce esattamente in quella data. Esodo Celeste, titolo di un’opera realizzata nel 2018 su un cartoncino nero traforato e retroilluminato con luci a LED, si presenta invece come un racconto pragmatico che trae ispirazione da una antica fiaba siriana; 100.000 fori che narrano di anime diventate stelle, di piccole luci ormai disperse pronte a riacquisire una nuova identità e dignità.

Stefano Mario Zatti. La forma delle parole, veduta della mostra, Atipografia, Arzignano (VI)

La sua è una produzione artistica mistica e spirituale, una rappresentazione antropologia e arcana che realizza adottando metodologie rituali e catartiche, un flusso ininterrotto di segni grafici, preghiere e mantra indecifrabili che traggono ispirazione dalla spiritualità di popoli vicini e lontani e che utilizzano la parola per spingersi oltre le barriere auto imposte dalla moderna società occidentale.
La ripetizione continua, il modulo costante e la diligenza compositiva indirizzano la sua ricerca verso le radici di un processo continuativo che funge da ponte tra l’oggi o il domani, tra ciò che è e ciò che potrà essere; un futuro colmo di incertezze caratterizzato da poetiche immagini condensate e inaspettate, come inaspettata è la concezione non lineare del tempo che coordina e accompagna le sue opere, una causalità che affiora inavvertitamente e ritrova, nel presente, la sua parte mancante e speculare.

Stefano Mario Zatti, Ruota di Preghiera, 2022, inchiostro su carta, legno, 42×6.5 cm

La parola, utilizzata come codice armonico e formale, evolve e si modifica di opera in opera, trasformandosi in concetto sacrale, storico e culturale. Utilizzata da Zatti come modus identificativo, diventa strumento quotidiano con cui vincere ogni paura, con cui conoscere e comprendere, un codice da codificare che assume sacralità una volta tracciato.
L’intera mostra si presenta come un percorso senza fine, una successione cadenzata di storie nelle quali entrare e uscire rimanendo saldamente ancorati al racconto principale, a quel fitto bosco narrativo in cui ci si rifugia tentando di ripercorre i passi della vita.

Stefano Mario Zatti. La forma delle parole
a cura Robert Phillips e Matilde Nuzzo

21 gennaio – 4 marzo 2023

Atipografia
piazza Campo Marzio, 26, Arzignano (VI)

Orari: da martedì a sabato 9.30-13.00 e 15.00-19.30

Info: +39 044 41807041
info@atipografia.it
www.atipografia.it

Stefano Mario Zatti (1983), nato a Padova, vive in provincia di Venezia. Le sue opere nascono dallo studio delle tradizioni spirituali dell’uomo. È nell’intimità personale che le opere dell’artista trovano la loro origine, per arrivare inaspettatamente a una qualche verità, una radice necessaria. Con il progetto Riserva Artificiale, ha partecipato a diverse mostre, tra le quali: “50. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia” (Venezia, 2003); “Emergenze” (Fondazione Pistoletto, Biella, Torino, 2004); “Empowerment. Cantiere Italia, radiografia dell’Italia che cambia attraverso 60 artisti” (Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce, Genova, 2004); “Petrologiche” (Galleria A+A, Venezia, 2004). Ha successivamente esposto, con il proprio nome, nell’ambito delle collettive “Achtung” (Accademia di Belle Arti, Vienna, 2006). Dal 2007 la sua ricerca diventa intima e introversa, ma continua. Il risultato è un imponente corpus di lavori suddiviso in 17 mondi che, nel 2016 viene conosciuto da Elena Dal Molin, dando  vita ad una prolifica collaborazione che porta prima alla collettiva “Tre anni sulla pietra” (Atipografia ass. cult., Arzignano, 2017) e poi alla sua mostra personale “Ecumene” (Atipografia ass. cult., Arzignano, 2019). 

Atipografia
Atipografia ad Arzignano, in provincia di Vicenza, riapre nel maggio 2022 con spazi completamente rinnovati e con un progetto culturale inedito. L’antica tipografia arzignanese dà vita a un programma che coniuga la dimensione commerciale con la vocazione culturale, attraverso la duplice azione di una associazione culturale e di una galleria commerciale. Questa dimensione ibrida integra e completa il lavoro che Elena Dal Molin ha condotto per anni a sostegno e sviluppo delle arti e degli artisti, dando vita a un crocevia del contemporaneo nel cuore del Nord-Est. La nuova identità si colloca nel segno della prosecuzione di luogo per gli artisti, per le persone e per le idee che da sempre Atipografia ha voluto disegnare. Mentre infatti prosegue l’attività storica dell’Associazione, iniziata nel 2014 come no-profit per residenze d’artista e progetti site-specific, l’apertura della galleria d’arte contemporanea proporrà una nuova stagione di progetti espositivi e una propria scuderia di artisti di diverse generazioni e provenienza geografica. Il progetto di Atipografia riprende così il suo corso con una rinnovata energia, scandita anche dagli ingenti lavori di adeguamento funzionale iniziati alla vigilia della pandemia, realizzati dallo studio AMAA che si è occupato del progetto di restauro, realizzando ambienti di grande fascino in cui fare ricerca, esporre, incontrarsi e persino abitare. La mostra personale di Arcangelo Sassolino (1967), Il vuoto senza misura, promossa dall’Associazione, ha inaugurato la riapertura degli spazi rinnovati il 21 maggio scorso. Altre mostre: UNPLUGGED di Mats Bergquist, Gregorio Botta, Mirko Baricchi, Mattia Bosco; LIMBO INCERTO di Denis Riva.

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