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Riserva Naturale dei Laghi di Doberdò | Fino al 18 novembre 2018

di FRANCESCA DI GIORGIO

Ultimo week-end per poter fare esperienza diretta del progetto di land art, Segni, dell’artista Joshua Cesa (nato a Monfalcone – GO, nel 1986), noto per la realizzazione di opere di arte pubblica tra l’Italia e la Slovenia e che porta avanti una ricerca artistica orientata ad indagare la memoria e i retaggi storici.

Joshua Cesa, Segni. Foto: Mattia Balsamini

Per l’installazione, inaugurata lo scorso 20 ottobre nel cuore del Carso goriziano, nella riserva naturale dei laghi di Doberdò, Cesa riflette su uno dei temi, oggi più che mai, al centro delle nostre riflessioni: il confine.

Una “nozione” che negli ultimi vent’anni ha subito un’evoluzione concettuale causata da evidenti stravolgimenti sociali e sviluppato altrettante interrogazioni critiche che hanno portato ad una ridefinizione delle relazioni tra forme di potere, territorio, sistemi politici, cittadinanza, identità, alterità e confini in epoca di globalizzazione e flussi transnazionali.

Il contesto geografico da cui parte l’analisi di Joshua Cesa lo colloca di certo in una situazione di “vantaggio” rispetto al tema e ai suoi possibili sviluppi. Due monumentali segni rossi (che riprendono l’aspetto cromatico del paesaggio circostante, caratterizzato dal cespuglio detto “foiarola”), dalle forme spigolose, nei quali si condensa la vocazione di un territorio. È così che l’artista Joshua Cesa rende visibile un frammento di quel confine con l’Est che lungo i secoli ha diviso le popolazioni della frontiera orientale, anche costringendole all’assunzione di identità imposte (nella storia recente, con le guerre mondiali).

Joshua Cesa, Segni. Foto: Mattia Balsamini

“I segni di confine sono infatti stati spostati a più riprese durante le guerre mondiali, dividendo le genti e forzando la popolazione sopravvissuta all’assunzione di identità nazionali” racconta Joshua Cesa.

Perché per esprimere la complessità spaziale e concettuale del confine è necessario rappresentarlo prima di tutto come spazio fluido e fluttuante, costituito e attraversato da una pluralità di pratiche e relazioni che rivelano continue definizioni e ricomposizioni tra termini differenti: dentro e fuori, cittadino e straniero, ospitante e ospite ecc…

Joshua Cesa, Segni. Foto: Mattia Balsamini

L’attenzione della stampa nazionale, l’interesse suscitato e la grande partecipazione da parte di un pubblico vario  nazionale ed internazionale al progetto ha contribuito di certo ad accendere una nuova luce e donare una nuova lettura per un territorio lontano dai grandi flussi turistico-culturali. Un punto di vista diverso implicito nella natura stessa dell’opera dell’artista. La fruibilità da differenti prospettive: quella da vicino, che permette di percepire la natura cinetica dell’opera, quella dall’interno, e quella aerea, visibile dal promontorio della riserva naturale, punto dal quale si può cogliere il dinamismo delle forme che punta verso il mare.

Oggi, questa visione multipla è racchiusa in un servizio fotografico firmato da Mattia Balsamini, fotografo di Wired e allievo di David LaChapelle), che pubblichiamo qui in anteprima assieme ad uno spezzone di ripresa video realizzata con un drone: una prova di “rottura” della geometria dell’installazione slacciando le vele. L’esperienza per il visitatore risulta davvero molto forte. Il vento del Carso, e in generale, la natura, dialogano strettamente con l’opera.

Nel pomeriggio di domenica 18 novembre, nell’ultimo giorno in cui sarà visibile l’installazione prima del suo disallestimento, ci sarà la possibilità di prenotare gratuitamente una visita guidata gratuita con l’artista Joshua Cesa previa prenotazione obbligatoria scrivendo a: info@iodeposito.org

Info: info@iodeposito.org
+39 375 553 2009
www.bsidewar.org

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