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PISTOIA | GALLERIA ME VANNUCCI | 13 FEBBRAIO – 26 MARZO 2022

Intervista a PIETRO GAGLIANÒ di Mattia Lapperier

Lo scorso 13 febbraio ha inaugurato presso la galleria ME Vannucci I sette samurai, la prima personale di Paolo Fabiani presentata dalla galleria pistoiese. Si tratta di un grande progetto unitario che propone al pubblico il lavoro di un anno intero in cui l’artista si è impegnato nell’interpretazione del mondo eroico affrescato da Akira Kurosawa nel capolavoro cinematografico del 1954. La sensibilità dell’artista, con la sua speciale attrazione per l’espressività della materia, incontra qui il mondo del regista giapponese dando forma a una serie di opere che estendono, in diversi formati e tecniche, una narrazione fortemente compatta, esteticamente e linguisticamente. Lavori pittorici, sculture e una grande installazione invadono lo spazio della galleria e creano uno scenario che si muove costantemente dalla scala del paesaggio alla figurazione di stati emotivi e tensioni eroiche. Ce ne parla il curatore della mostra Pietro Gaglianò:

Il rapporto con il film cult non è, ovviamente, letterale né di commento ma descrive la frequentazione di uno stesso territorio poetico. Com’è nata l’idea del confronto con una pietra miliare del cinema come I sette samurai di Kurosawa?
Nella varietà insondabile delle ragioni che sollecitano un artista ci sono, in questo caso, almeno due fattori più rilevanti. Il primo è la sensibilità di Fabiani per l’epopea ronin, così come viene descritta nel film, che istruisce una narrazione eroica quasi opposta a quella di matrice europea. I samurai (e segnatamente quelli di Kurosawa) sono eroi coraggiosi ma miti, non cercano la gloria e scelgono di battersi per una causa apparentemente di scarso rilievo, come la serenità di un villaggio di contadini. Questa declinazione dell’eroe gentile (che spesso muore nel silenzio e spesso incontra la disfatta invece del successo) riflette la personalità di Paolo, la sua vicenda segnata tanto da un confronto quotidiano con una salute critica quanto dalla scelta di forme e formati dell’arte del tutto non convenzionali. L’altro elemento, complementare, risiede nel buddismo di Paolo e nella sua inclinazione per sistemi di pensiero di origine est asiatica.

Paolo Fabiani, veduta della mostra I sette samurai, Galleria ME Vannucci, Courtesy galleria ME Vannucci, Pistoia, ph. Michele Alberto Sereni

In quale accezione è proposta in mostra la complessa e polisemica tematica dell’eroe?
L’eroe, come già detto, non è quasi mai rappresentato qui. Le sculture rappresentano soggetti antropomorfi, una enigmatica e monumentale figura femminile e, nelle ceramiche in bucchero, tre Prigioni (chiaramente legati alla tradizione rinascimentale) in diversi momenti di relazione con la propria libertà. L’unico guerriero decifrabile è in un grande dipinto e, in linea con quanto ho detto prima, è morente.

Paolo Fabiani, Paesaggio, 2022, tecnica mista su tela, dimensioni variabili, Courtesy galleria ME Vannucci, Pistoia, ph. Michele Alberto Sereni

I lavori di Fabiani, spesso realizzati utilizzando materiali di recupero, suggeriscono di per se stessi un senso di provvisorietà. Che relazione c’è tra le opere dell’artista e la loro permanenza nel tempo?
Fabiani costeggia la precarietà come forma poetica. Molte sue opere continuano a trasformarsi ben dopo che sono state consegnate al mondo. Questa è una scelta formale, che implica una certa sospensione dell’autorialità, ma è anche una precisa dichiarazione che nasce dall’osservazione del mondo e che, silenziosamente, predica un atteggiamento distaccato verso il possesso, il controllo, la permanenza delle cose materiali.

Paolo Fabiani, La montagna sacra, 2021, smalto su telo sintetico, 600×300 cm, Courtesy galleria ME Vannucci, Pistoia, ph. Michele Alberto Sereni

Molte opere presenti in mostra sono state ottenute con una tecnica sperimentata dall’artista già a partire dagli anni Novanta con I Soffi. Tale tecnica permette una sorta di gestualità controllata che determina composizioni dall’aspetto concitato e dall’accentuato valore evocativo. Parlaci di questo specifico linguaggio e del rapporto tra Fabiani e gli strumenti e materiali che utilizza.
I Soffi sono strettamente legati a una condizione clinica che dall’adolescenza ha attaccato il sistema respiratorio dell’artista. Per questo motivo, con l’uso di un potente compressore, ha usato un altro respiro, sia pure meccanico, in cerca di un sollevamento di sé, della sua condizione, dei lavori stessi (che anche essendo molto materici possiedono una insolita grazia, un continuo slancio verso l’altro). Come ci siamo già detti, anche questo metodo – che prevede la distribuzione di smalti e altri colori su ampie superfici orizzontali – mette in crisi la capacità di controllo e una parte dell’esito cade al di là dell’intenzione. Forse è proprio questo a renderli così aerei. Da alcuni anni, dopo un intervento che ha restituito vigore a Paolo, i Soffi sono tornati nel suo studio, ma dotati di una libertà ancora maggiore, più espansi, più generosi.

Paolo Fabiani, veduta delle opere: Prigione liberato, bucchero e gesso; Reverse Atlas, bucchero; Prigioniero, bucchero, 2021, Courtesy galleria ME Vannucci, Pistoia, ph. Michele Alberto Sereni

Nell’ultima sala Fabiani propone tre buccheri dalle forme chiuse e sintetiche, a pendant delle altre opere a tutto tondo che compaiono nella sala principale. Anche a partire dai titoli (Prigione liberato, Reverse atlas e Prigioniero) si avverte un confronto diretto con l’arte del passato. In che termini l’artista si rivolge alla storia dell’arte?
La storia del Rinascimento percorre tutta la ricerca di Paolo, e ancora di più quella del Barocco, con le forme introverse, con lo sfarzo dei dettagli, con l’apertura verso le scene di genere e i contrasti tra classico e triviale. Naturalmente tutto questo avviene nel segno di una profondissima rivisitazione che porta alla scelta di materiali antitetici rispetto alla magnificenza del Rinascimento e a un’esplorazione dei temi e dei soggetti che si fa interrogativa, quasi corrosiva rispetto ai canoni della visione europea dell’arte. La storia quindi è lì, un po’ come nume un po’ come interlocutore, un po’ come un padre da uccidere. È quello che ogni artista fa, quando la sua arte crea un mondo.

Paolo Fabiani, Prigioniero, 2021, bucchero, 85x30x38 cm, Courtesy galleria ME Vannucci, Pistoia, ph. OKNO Studio, Ela Bialkowska

Paolo Fabiani. I sette samurai
A cura di Pietro Gaglianò

13 febbraio – 26 marzo 2022

Galleria ME Vannucci
Via Gorizia 122, Pistoia
Orari: da mercoledì a sabato 09.30-12.00 e 16.30-19.30 / domenica, lunedì e martedì su appuntamento

Info: tel. +39 057320066
mob. +39 3356745185
info@vannucciartecontemporanea.com
www.vannucciartecontemporanea.com

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