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#crossingover

Musei d’artista. “Noi vogliamo distruggere i musei”

Dai proclami dei Futuristi che additavano il museo come tomba dell’arte, il rapporto tra museo e artisti è mutato più volte, fino a rendere gli artisti stessi creatori di veri e propri musei: spesso mobili e temporanei, con ironiche dichiarazioni di fallimento dell’istituzione, in alcuni casi con dispositivi d’allestimento portatili e mutevoli, veri e propri progetti di inventariazione del reale, oppure tassonomiche rappresentazioni della società contemporanea e oltre.
Un concetto di museo decostruito e individualizzato, dunque, che ben interpreta la dicotomia insita in queste istituzioni, tra la privata contemplazione della wunderkammer e la missione educativa aperta ad un pubblico sempre più vasto.
Dalle teorizzazioni museologiche di tempio o forum, luogo di sacralizzazione dell’arte e oggi sempre più concepito come luogo di esperienza in cui tutte le arti si incontrano (e dove vivono le muse!), il museo è infatti stato ed è costantemente oggetto di un ripensamento di se stesso, per dialogare con la società contemporanea e poterne interpretare l’identità.
Quale voce migliore di quella degli artisti per approfondire il dibattito e capire il museo da un punto di vista diverso? (Alessandra Frosini)

Orhan Pamuk al lavoro sulla teca delle sigarette. Conservando tutte le cicche di sigaretta e apponendo a ciascuna di esse la data in cui è stata consumata, si ottiene un segno di misurazione del tempo personale, privato, domestico, fermo nell’indistinta area della memoria. Immagine tratta da “Un sogno fatto a Milano. Un dialogo con Orhan Pamuk sulla poetica del museo”, edito da Johan & Levi (2018). courtesy Masumiyet Müzesi, Istanbul/Orhan Pamuk

Espoarte inizia così un nuovo appuntamento mensile online, un viaggio attorno all’idea di  Museo nella sua forma ideale e concreta, per molti (troppi) ancora oggi considerato il luogo statico di conservazione della memoria mentre stiamo sempre di più imparando a riconoscerlo come luogo di produzione e ad accoglierne i suoi lati sempre più cangianti e necessariamente mutevoli.
Non a caso Alessandra Frosini, per la prima “puntata” di #crossingover è partita da un museo tra illusione e realtà pensando anche al volume Un sogno fatto a Milano. Un dialogo con Orhan Pamuk sulla poetica del museo, edito da Johan & Levi (2018), in cui le riflessioni di storici dell’arte, museologi e critici d’arte contemporanea si intrecciano evidenziando l’apporto di Pamuk per una nuova concezione della museologia e museografia… (Francesca Di Giorgio)

“Museums — just like novels — can also speak for individuals”

di Alessandra Frosini

I musei – come i romanzi – possono raccontare la storia umana attraverso le storie dei singoli e riuscire così a parlare per le persone. Orhan Pamuk (Istanbul, 1952, premio Nobel per la letteratura nel 2006) scrive e pubblica nel 2008 un romanzo dal titolo Il Museo dell’Innocenza, in cui si narra l’ossessione amorosa del protagonista Kemal Basmaci per la giovane e bella Füsun, sullo sfondo della Turchia degli anni ’70-’80 del Novecento. Dopo l’inizio di un’incontenibile passione d’amore, destinata all’infelicità, Kemal, per appagare il desiderio verso l’amata che non può avere, inizia a raccogliere tutti gli oggetti comuni che la riguardano, ad iniziare dall’orecchino perso la prima notte d’amore. Centinaia di oggetti che Kemal in punto di morte chiederà all’amico scrittore Orhan Pamuk – in un gioco di specchi tra realtà e finzione – di raccogliere nel “Museo dell’Innocenza”, per dare imperitura memoria al suo amore.

veduta della mostra Amore, musei, ispirazione. Il Museo dell’innocenza di Orhan Pamuk a Milano, 2018, courtesy Museo Bagatti Valsecchi, Milano

Una follia collezionistica compulsiva ed inesauribile, difficile da comprendere per il resto del mondo, ma che mette in evidenza qualcosa che rimane celato all’interno di ogni museo: l’ingresso di un oggetto in una collezione museale provoca una sorta di passaggio di stato, una “separazione” che priva gli oggetti dei rapporti che avevano prima, sia che essi siano legami di tipo sentimentale che di utilizzo strumentale. È quel legame che racconta la storia dell’oggetto e che sempre più viene utilizzato per far parlare l’oggetto stesso, creando una narrazione, un racconto per immagini capace di coinvolgere il visitatore. Un testo che coglie dunque le pulsioni del collezionismo, di come ogni oggetto scelto sia carico di un senso oltre che di un significato che viene fatto rivivere attraverso l’allestimento per attivare l’empatia e di come il tempo e la memoria siano temi centrali con cui ci confrontiamo nella rappresentazione della nostra identità.

veduta della mostra Amore, musei, ispirazione. Il Museo dell’innocenza di Orhan Pamuk a Milano,  2018, courtesy Museo Bagatti Valsecchi, Milano

Ma c’è di più. Il Museo dell’Innocenza diviene un “vero” museo nel 2012, raccogliendo “i veri oggetti di una storia di fantasia” e seguendo l’articolazione degli 83 capitoli del romanzo. Pamuk raccoglie ephemera (tutto ciò che i personaggi del romanzo hanno “utilizzato, indossato, sentito, visto, raccolto e sognato”) e sviluppa in parallelo il romanzo e il museo, compiendo un’operazione meta-narrativa: dalla finzione alla realtà. La realtà che, attraverso le vicende di Kemal e Füsun, racconta, con sguardo a volte critico a volte bonario, la storia quotidiana di una città come Istanbul, in perenne oscillazione tra Oriente e Occidente, completando, per molti versi, il progetto di affresco storico del saggio “Istanbul” dello stesso Pamuk, una sorta di autobiografia per testi e foto della sua vita e di quella della sua famiglia fino al 1972.

Füsun in Besiktas, immagine tratta dal volume “Un sogno fatto a Milano. Un dialogo con Orhan Pamuk sulla poetica del museo, edito da Johan & Levi (2018). courtesy Masumiyet Müzesi, Istanbul/Orhan Pamuk

Al museo non può mancare un vero e proprio catalogo, intitolato “L’innocenza degli oggetti” (edito nel 2012), che descrive in modo coinvolgente, anche attraverso un’ampia selezione di immagini fotografiche della collezione di Pamuk, video still e immagini del fotoreporter turco Ara Güler, la storia e la tradizione della città. All’interno vi è anche il “Modesto manifesto per i musei”, che ritroviamo anche nel sito web del museo: un manifesto contro l’omologazione culturale e la dilagante diffusione degli enormi musei cattedrale, e a favore delle piccole realtà museali che raccontano la Storia attraverso le storie degli individui. Non a caso il museo di Pamuk è stato ospitato in parte in una mostra (Amore, musei, ispirazione. Il Museo dell’innocenza di Orhan Pamuk a Milano, nel 2018) all’interno della casa museo Bagatti Valsecchi di Milano, uno dei cinque musei al mondo preferiti da Kemal, piccolo gioiello che narra una delle storie più interessanti del nostro collezionismo di fine Ottocento.

Museo dell’Innocenza
Istanbul, Turchia
https://en.masumiyetmuzesi.org/

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