BRESCIA | E3 Arte Contemporanea | 12 settembre – 4 novembre 2020
Intervista ad ALBERTO FIZ di Alice Vangelisti
Un colore – o meglio un non-colore – è il protagonista indiscusso della mostra di riapertura post pandemia da E3 Arte Contemporanea a Brescia. Black mode si presenta così come una collettiva caratterizzata dal grande fascino e ipnotismo che il nero è in grado di sprigionare. Si manifestano, infatti, declinazioni artistiche ed estetiche rese attraverso materiali, tecniche e forme completamente diversi tra loro ma uniti dal filo rosso – in questo caso si potrebbe definire tranquillamente come “filo nero” – di una tematica tanto limitata nella sua gamma cromatica quanto infinita nelle sue miriadi di sfumature interpretative. Si apre in questo senso una narrazione insolita, condotta non attraverso una trama ben precisa e distinta, bensì attraverso un’evocazione tramite il non-colore per eccellenza, in grado di aprire alle ulteriori sotto-narrazioni rappresentate dalle opere stesse.
Abbiamo intervistato il curatore Alberto Fiz, approfondendo con lui i contenuti e i significati di cui la mostra Black mode si fa portatrice attraverso le “opere a nero” di artisti nazionali e internazionali.
Black mode è una collettiva che si concentra sul non-colore per eccellenza: il nero. Qual è la genesi di questo progetto espositivo?
La consapevolezza che il nero rappresenti una prospettiva d’indagine è particolarmente significativa per l’arte contemporanea. Il celebre Quadrato nero di Kazimir Malevič risale al 1915 e costituisce un punto di riferimento imprescindibile rispetto a un’indagine che tende all’azzeramento e supera la componente oggettuale. “Il mio desiderio – scrive infatti Malevič – è quello di costruire forme a partire da niente”. La ricerca del non-colore è una vera e propria ossessione che coinvolge artisti quali Alberto Burri, Pierre Soulages, Frank Stella, sino allo schermo nero con la scritta Fine di Fabio Mauri e alle cancellature nere di Emilio Isgrò. Nella sostanza, il nero è la rivolta all’ufficialità del bianco che domina la scena negli anni Sessanta. Partendo da questi presupposti storici, insieme a Walter ed Emanuela De Rossi che con entusiastica determinazione gestiscono E3 Arte Contemporanea, si è deciso di riaprire la stagione dopo il lockdown proprio all’insegna del nero, con una mostra non priva di provocazione.
Black mode inquadra infatti un tema molto ampio e sfaccettato, indagato in questa occasione in particolare da artisti nazionali e internazionali. Come ha attuato questa selezione e come ciascuno di loro incarna questo concetto attorno al quale ruota l’intera mostra?
Partendo da alcuni artisti che collaborano da tempo con la galleria, si è allargato il campo con l’obiettivo di realizzare un percorso sul “filo del nero” che coinvolge differenti forme espressive. Così, accanto ai Total object di Gerold Miller e alle forme in grafite solida di Susan York – entrambi di ascendenza minimalista – si ritrovano le delicate cosmogonie in cera di Domenico Bianchi. Se, poi, Paolo Canevari trasforma gomme e pneumatici in enigmatici totem, Emmanuele De Ruvo crea paradossali bilanciamenti e sospensioni richiamando un maestro del nero, Gino De Dominicis. Non mancano nemmeno i Dark Knights, i Cavalieri della notte, di Christine Liebich con l’acciaio attraversato da improvvise illuminazioni segniche, così come le superfici in alluminio di Riccardo De Marchi che contengono alfabeti segreti in grado di delineare una mappatura imprevedibile. Hanno un aspetto tattile le Emersioni di Matteo Gironi che, come respiri, si espandono nello spazio, mentre le creazioni alchemiche di Bruno Ceccobelli coinvolgono direttamente la visione e le sue infinite distorsioni. Alle alterazioni percettive riconduce anche Davide Coltro con i suoi quadri elettronici dove l’immaginario tratto dal Test di Rorschach subisce un processo di lenta e continua trasformazione. Una mostra, insomma, assai variegata, di ampio respiro, accompagnata da un esauriente catalogo.
Il nero è sicuramente uno degli elementi propri della nostra visione del mondo, ma allo stesso tempo può farsi anche portatore di significati ben più profondi e intangibili. Su quali aspetti del non-colore si è concentrato e quali sue caratteristiche peculiari ha voluto enfatizzare attraverso questa collettiva?
Premesso che il nero, al pari del bianco, rappresenta una specifica forma linguistica, in questa circostanza non si è voluto dimostrare una tesi, ma analizzare le affinità elettive di artisti che, spesso, non si erano mai incontrati. Il non-colore per eccellenza sviluppa un’azione circoscritta, ma potenzialmente infinita in quanto contiene il mistero della creazione e intercetta il segreto del visibile. È un principio a cui vengono associati concetti quali buchi neri o materia oscura, ovvero oltre l’80% di ciò che non conosciamo dell’universo. Il nero, dunque, colma le nostre mancanze e, come afferma il filosofo francese Alain Badiou, “viene utilizzato per nominare ciò che manca nella percezione e fare in modo che nel pensiero non manchi nulla”. Per certi versi, si potrebbe dire che il nero contiene quella parte di non detto che rappresenta lo specifico dell’arte. Come ho scritto nel mio testo introduttivo in catalogo, “si può anche andare in bianco, ma per brancolare nel buio ci vuole talento”…
Concludendo con il titolo della mostra… Black mode è un gioco di parole che prende spunto dalla dimensione social che oggi più che mai fa parte della nostra quotidianità. In questo senso, qual è il dialogo che si instaura tra l’arte e un pubblico sempre più tecnologico e interconnesso?
Qualche tempo fa sui social si è dato ampio spazio alla protesta antirazzista del movimento Black Lives Matter dopo la tragica uccisione di George Floyd da parte di un poliziotto americano. Ebbene, in quell’occasione il web è stato invaso da opere al nero, da Kline a Rothko, dimostrando come attraverso il non-colore si possono comunicare messaggi in apparenza molto distanti dall’arte. Anche il pubblico dei social, dunque, è potenzialmente coinvolto da questa mostra che, oltretutto, è accompagnata da un tour virtuale. Black mode è un gioco di parole che prende spunto da Dark mode, la modalità scura che si può applicare sugli smartphone in alternativa all’odioso blu fosforescente di fondo. Una lettura, dunque, differente e alternativa, perfettamente coerente con un evento che esce da una visione standardizzata. Del resto, non bisogna dimenticare che l’opera al nero non nega la luce ma, al contrario, denuncia la sua assenza. In sintesi, questa mostra è un monito per andare oltre la soglia delle apparenze.
Black mode
a cura di Alberto Fiz
Artisti: Domenico Bianchi, Paolo Canevari, Bruno Ceccobelli, Davide Coltro, Riccardo De Marchi, Emmanuele De Ruvo, Matteo Gironi, Christine Liebich, Gerold Miller, Susan York
12 settembre – 4 novembre 2020
E3 Arte Contemporanea
via Trieste 30, Brescia
Orari: da giovedì a sabato, dalle 15.30 alle 19.30
Info: info@e3artecontemporanea.com
www.e3artecontemporanea.com