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NUORO | MAN

Intervista a Lorenzo Giusti di Matteo Galbiati

In occasione dell’importante mostra Cavalli e cavalieri. Marino Marini, inugurata lo scorso dicembre e dedicata ad uno dei maggiori interpreti della scultura italiana del secolo scorso – e della parallela Post Scriptum – incontriamo il giovane Lorenzo Giusti, neodirettore del MAN che, proprio con questa mostra, avvia ufficialmente il suo incarico, inaugurando le nuove linee e il diverso orientamento che vuole seguire per ampliare ancora di più il programma di analisi e ricerca che ha, sino ad oggi, qualificato e contraddistinto questa istituzione. Augurandogli buon lavoro e grande successo lo interroghiamo sulle caratteristiche e i contenuti delle mostre presenti e sull’indirizzo che verrà seguito per la futura programmazione delle attività culturali ed espositive del museo sardo.

Parlando di questa tua prima grande mostra al MAN inizio subito da un perché: perché Marino Marini? Per quale motivo hai scelto un artista storico per iniziare il tuo lavoro da direttore del Museo?
Il racconto storico è sempre precario, come lo è l’analisi della più stretta attualità. C’è una linea orizzontale che lega passato e presente e su questa linea si muove, non senza contraddizioni, la produzione artistica. Nel progetto Cavalli e Cavalieri, che comprende la retrospettiva dedicata a Marino Marini e la mostra Post Scriptum, con opere di artisti internazionali viventi, volevo comunicare questa idea e allo stesso tempo provare a inquadrare dentro un’unica prospettiva i diversi campi d’azione che impegnano il museo: il perseguimento di una vocazione contemporanea, l’approfondimento su artisti e movimenti del Novecento, l’attenzione alla cultura del territorio in cui il MAN opera.

Quale carattere principale ha questa mostra e su che contenuti si basa? Cosa vuole trasmettere al pubblico rispetto la ricerca di Marini?
Di Marino Marini è indagata la produzione legata al tema del cavaliere, quello che maggiormente ha impegnato l’artista nel corso della sua carriera. La mostra segue un percorso cronologico, dalla metà degli anni Trenta alla fine dei Settanta, attraverso una serie di importanti sculture, disegni e pitture su carta. Sul lato della ricerca sono stati prodotti tre nuovi studi ad opera di Giuliana Altea, Mattia Patti e Federico Guzzetti dedicati agli esordi della ricerca sugli uomini a cavallo, alla figura dell’artista umanista negli anni della guerra fredda e all’uso del colore nella produzione plastica.

Marini non ha mai lavorato in Sardegna, eppure hai impostato la mostra in modo da creare un rapporto con la storia e la tradizione dell’isola. Quali sono i punti di contatto e gli aspetti salienti di questa correlazione?
Il tema Cavalli e Cavalieri tocca tradizioni profondamente radicate in tutta la Sardegna – pensiamo alle ardie, le sfilate, le sagre – e stringe un legame ideale tra il percorso dello scultore toscano e la cultura del territorio. Legame reso ancora più stretto dal ruolo avuto da Marini nella formazione dei “tre sardi dell’Isia” di Monza (Salvatore Fancello, Costantino Nivola e Giovanni Pintori), dove Marini insegnò per oltre dieci anni, a partire dal 1929.

La mostra è stata resa possibile grazie alla collaborazione di importanti istituzioni come la Fondazione Marino Marini di Pistoia e il Museo Marino Marini di Firenze: come si è articolato il dialogo e lo scambio con queste istituzioni?
L’idea è nata dal confronto con Alberto Salvadori, che da anni porta avanti un progetto di valorizzazione “indiretta” del lavoro di Marino Marini attraverso la produzione di mostre di artisti strettamente contemporanei all’interno del museo dedicato allo scultore. In questo progetto per Nuoro vivono, per molti aspetti, lo stesso spirito di contaminazione e la stessa visione del tempo.

Quali collaborazioni vorresti sviluppare in futuro?
Ho aperto alcuni fronti e presto dovrei potere comunicare la collaborazione con alcune importanti istituzioni svizzere. Altri progetti sono in fase di definizione e non mancheranno i rapporti con i musei della rete Amaci, di cui il MAN fa parte.

Alla mostra dedicata a Marini si accompagna anche Post Scriptum. Due mostre unite ma distinte. Ci racconti questo progetto parallelo e differente?
Nella mia visione questa mostra è importante quanto quella di Marini e le due insieme costituiscono un unico progetto (infatti nel percorso espositivo le due mostre si intersecano). Sono presentati lavori in video realizzati negli ultimi anni da artisti italiani ed internazionali: Tania Bruguera, Alberto De Michele, Pietro Mele, Anri Sala, Carolina Saquel, Nedko Solakov, Salla Tykkä. Ognuno di questi lavori persegue una sua specifica visione dell’arte e del mondo, ma in tutti si può riconoscere il ricorso alle figure del cavallo e del cavaliere per sviluppare una riflessione aggiornata sul concetto di natura e sui rapporti tra essere vivente, natura e sviluppo, che poi sono i rapporti indagati da Marini nella sua ricerca.

Quindi uno sguardo sulla storia e uno sul presente?
Più che di due sguardi diversi parlerei di un unico sguardo bifocale, in grado di posarsi contemporaneamente sul passato e sul presente.

Abbiamo lavorato assieme qualche anno fa alla preparazione della Biennale Giovani di Monza, so quanto tu sia particolarmente attento, oltre che alle ricerche degli artisti storici e di quelli contemporanei ormai affermati, anche ai linguaggi dei giovani e giovanissimi artisti. Che ruolo avranno i giovani all’interno delle attività del museo da te diretto?
Avranno il compito di rompere gli schemi prefissati, di corrompere il dettato manualistico e di percorrere nuove strade (o di ripercorrerne di vecchie con nuovi occhi).

Che compito e che missione pensi debba avere un direttore di museo oggi? Quale è la responsabilità maggiore che grava su questo lavoro?
Compiti e missioni dipendono dalla tipologia del museo che ci si trova a dirigere e dal contesto in cui ci si trova a operare. E in relazione a questi elementi anche le responsabilità cambiano. In un’istituzione come il MAN credo che la responsabilità maggiore sia quella di contribuire a ri-definire l’identità culturale del luogo in cui il museo vive e opera senza rinunciare a una visione integrata del sistema dell’arte e della realtà tutta.

Cosa ti prefiggi per questo incarico?
Di tenere alti il profilo del museo e la sua proposta nonostante la crisi in corso, di infittire la rete di relazioni nazionali ed internazionali che il museo ha saputo costruirsi negli anni, di rifuggire gli eventi celebrativi promuovendo progetti realmente capaci di porre domande sul nostro presente.

Che cosa ti auguri per il futuro del museo che hai iniziato a dirigere?
Che sappia tenere fede alla sua missione, contribuendo al dibattito artistico in corso interrogandosi sul passato prossimo e sui nuovi linguaggi della contemporaneità. Che porti avanti con caparbietà la sua idea di “museo fabbrica della creatività”, investendo su tutte le fasce di pubblico e favorendo lo sviluppo di  diverse sensibilità.

A cosa stai lavorando?
A marzo, con Simone Menegoi presenteremo un progetto sui rapporti fra scultura e fotografia nell’interpretazione che ne danno alcuni artisti internazionali, per lo più under 40. In estate ci concentreremo sul nuovo percorso museale e su un programma di residenze in collaborazione con alcuni Comuni della Sardegna centrale. Altri progetti per l’ultima parte dell’anno sono in via di definizione.

Evento in corso:

Cavalli e cavalieri. Marino Marini e Post Scriptum
Mostre a cura di Lorenzo Giusti e Alberto Salvadori

Fino al 24 febbraio 2013

MAN Museo d’arte della Provincia di Nuoro
Via S. Satta 27, Nuoro

Info: www.museoman.it
+39 0784252110



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