BRESCIA | E3 arte contemporanea | 30 maggio – 24 settembre 2015
di MATTEO GALBIATI
La E3 arte contemporanea di Brescia sembra quasi voler proseguire nella logica silenziosa e concentrata del “bianco”, colore prevalente anche in questa nuova mostra che, dopo la ricca e affascinante esposizione della scorsa primavera che ha portato negli spazi della galleria bresciana una serie di opere (bellissime!) degli Anni ’70 di Gianfranco Zappettini (1939), presenta ora al pubblico gli ultimi cinque anni della ricerca e dell’esperienza pittorica di Elisa Cella (1974).
Un progetto espositivo che, composto da una trentina di lavori, dispiega sulle pareti le tele dell’artista come fossero pagine di un libro, una sequenza di “racconti” che rimandano al suo “universo molecolare”: da sempre, infatti, Cella tesse letteralmente le superfici dipinte intrecciando e stratificando forme circolari, piccoli e grandi cerchi che si addensano e diradano a creare e formulare strutture articolate e complesse. Se questa logica del cerchio – influente e determinante resta la formazione scientifico-matematica dell’artista – da una parte appare avviata a processi costruttivi di composto rigore e annunciata perfezione, dall’altra l’indagine, necessaria alla loro ammirazione e contemplazione, riporta, invece, ad una manualità del fare che ottempera e abilita meccanismi vitali e naturali.
La vita irrompe nelle sue opere nella forma sub-cellulare e molecolare, oppure anche cosmico-stellare; si annuncia nelle aggregazioni circolari che si accampano sulle campiture neutre delle sue tele (da segnalare la delicatezza affascinante delle tele a fondo grigio). Lo sguardo di Cella, quindi, si muove dal micro al macro, da sinapsi neuronali e mitosi cellulari a galassie e pelaghi stellari. Il senso della vita si coglie nell’imperfetta perfezione con cui sono realizzati i suoi conglomerati di cerchi; piccoli e grandi sono tutti fatti a mano. Un lavoro scritturale, minuzioso e disciplinato, attento e sensibile, impegnato nell’affermazione di una logica estrema che, nel contemplare e nell’ostentare occultamente l’errore, riporta lo sguardo ad una dimensione compiutamente “umana” del fare.
Quasi fossero sezioni istologiche o mappe celesti, questi lavori presentano una cura e una definizione quasi spasmodica, ossessiva, dove il rigore ordinato sembra determinare l’assolutezza di una perfezione impensabile. Eppure l’occhio, come si diceva, cerca il dettaglio – ma l’attitudine pittorica stessa dell’artista spinge a farlo – e vuole verificare, comprendere, conoscere tale logica estrema. Un’indagine attenta porta, allora, a trovare proprio l’imprecisione, il dato scritturale, il “fatto a mano” che concede, secondo i processi di una lettura approfondita, analitica e critica, alla ragione l’accesso ad un livello conoscitivo superiore rispetto al contenuto apparentemente meccanico dell’immagine stessa. La conoscenza e l’analisi permettono, quindi, di appianare e correggere quel dato di perfezione assoluta che lo sguardo, nella sua immediatezza, sembra voler cercare in questi lavori e che, desideroso di meravigliarsi, lo porta ad eliminare, sottrarre e allontanare il segno impreciso, il tocco scritturale che riporta, invece, sempre e comunque, al tocco del pennello, all’impronta pittorica.
Il suo lavoro non ci è sconosciuto, anzi, negli anni abbiamo avuto modo di seguirla “da lontano” apprezzandone lo sviluppo e la maturazione, inesorabili e inevitabili per una artista che, adottando un codice tanto rigoroso, affronta la pittura con l’attitudine del vero pensatore. Questa personale conferma e rilancia l’interesse per la suggestione delle sue opere e della sua ricerca nel suo complesso, calata nel quadro generale delle sue riflessioni e dei suoi esiti.
Questa mostra presenta anche delle piacevoli sorprese che rendono giustizia anche all’allestimento che, evidentemente ricercato e curato, trova corrispondenze e sinergie tra le opere esposte nelle due sale della galleria: ad accogliere il visitatore sono le opere in cui i segni circolari sono neri su fondo bianco, il “bagaglio” classico del lavoro di Cella. Nella seconda sala, vero e proprio scrigno del tesoro, invece, il registro cambia e stupisce. Qui si toccano quasi le corde dell’invisibile, della sparizione dove il bianco dialoga col bianco. Tinta su tinta.
La delicatezza si accentua e l’effimera evanescenza diventa il punto di forza determinante, l’elemento chiave la cui energia, che pare quasi sparire e spegnersi, fa, quasi per assurdo, risaltare quella potenza conglomerante e aggregante che si sottintende a tutte le sue opere. In queste lavori recenti Cella tocca e raggiunge un nuovo apice. Un nuovo punto di arrivo che, sicuramente, si farà nuova partenza.
Elisa Cella. Sensazione concava
a cura di Emanuela Palvarini e Walter De Rossi
testo critico in catalogo di Alberto Rigoni
30 maggio – 24 settembre 2015
E3 arte contemporanea
Via Trieste 30, Brescia
Orari: da giovedì a sabato 15.30-19.30; luglio su appuntamento
Info: +39 335 7683128; +39 339 4822908
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