VERONA | La Giarina Arte Contemporanea | Fino al 27 dicembre 2017
intervista a CRISTINA MORATO di Gabriele Salvaterra
Lo scorso mese ha aperto a La Giarina Arte Contemporanea di Verona una mostra-sunto a cura di Luigi Meneghelli che rappresenta un piccolo bilancio, un punto di riflessione sull’attività pluridecennale della galleria in vista di nuovi progetti. Trenta artisti segnano idealmente gli anni dall’apertura, mostrando gli interessi multiformi e pluridisciplinari che hanno caratterizzato il programma della galleria. La fondatrice e direttrice Cristina Morato ci parla della sua “creatura”, sempre in divenire tra passato e futuro.
128 mostre in trent’anni di lavoro ma lo sguardo sembra fisso in avanti, anche nel momento della celebrazione del percorso fatto o semplicemente del bilancio sul passato. Partiamo dunque dalla domanda che di solito chiude le interviste: come andrà avanti l’attività della galleria sulla scorta di questa esperienza? Quali sono i prossimi progetti in cantiere?
A febbraio 2018 si parte con un progetto che metterà a confronto alcuni artisti che operano sul tema della terra con le sue complesse problematiche ed evoluzioni, tra cui Daniele Giunta e Silvano Tessarollo.
Giunta che, abbandonato momentaneamente il suo lavoro sulla tela, fa della sua esperienza quotidiana con la campagna e la natura e il suo impegno per la salvaguardia di alcune specie vegetali e animali (in particolare le api), la sua opera d’arte. L’artista “veglia” la natura del suo territorio costruendo ai margini del bosco anche il suo rifugio-laboratorio. Tessarollo realizzerà un’installazione con i suoi abituali strumenti e materiali in cui prevalgono la terra e la cera, questa volta elementi di base per un discorso concettuale sullo stato precario del pianeta.
Il secondo progetto che si presenterà a maggio, vedrà all’opera tre artisti che si cimenteranno con il tema della scenografia: Ernesto Jannini, Adriano Nardi e Clara Brasca. Forti della loro esperienza attiva nel campo, Jannini e Nardi allestiranno il loro lavoro come una vera e propria scenografia in un teatro ideale. Brasca creerà un sipario di grandi carte con le sue figure di donne metafisiche.
Una progettualità così importante significa mostre e opere ma prima ancora incontri, scambi e rapporti personali con artisti, curatori e altri professionisti del mondo della cultura. Quali sono le personalità che più hanno inciso sull’attività della galleria? Qual è stato l’apporto che ricordi con più affetto o riconoscenza?
Fin dall’inizio ci sono stati molti incontri interessanti con artisti che poi avrebbero lasciato un segno nella storia della galleria: Arch Connelly e Rhonda Zwillinger alla fine degli anni Ottanta a New York, nel magico East Village da cui stava nascendo un’arte “diversa” a livello formale e contenutistico. Wim Delvoye incontrato giovanissimo a Gent, già con lavori sorprendenti e ambiziosi programmi che, rapidamente, l’avrebbero portato nell’empireo dell’arte.
In Italia ricordo Claudio Costa, artista “antropologo” la cui opera è tutta un’interrogazione sull’uomo, Vasco Bendini e la sua stupefacente capacità di unire sulla tela conscio e inconscio, Aldo Mondino con il suo straordinario eclettismo.
Se il genio poliedrico di Alberto Savinio molto amato, mi spinse ad approfondire lo studio delle avanguardie storiche, per la mia esperienza è stata di fondamentale importanza la lezione di Arturo Schwarz che, idealmente, ha guidato molte delle mie scelte prima come collezionista, in seguito come gallerista.
Ci sono stati poi dei curatori particolarmente vicini alla galleria, con cui sono state realizzate delle mostre di spessore: Luigi Meneghelli, Gabrielle Perretta, Maurizio Sciaccaluga, Valerio Dehò.
Francesco Conz editore e collezionista, è stato invece la figura di riferimento per Fluxus, colui che mi ha fatto conoscere alcuni tra i più importanti esponenti del gruppo tra cui Jean Dupuy, Ken Friedman, Philip Corner, Ben Patterson.
Ricordo le vivaci discussioni con lui che, strenuo paladino di Fluxus, pretendeva da me una fedeltà assoluta al movimento, rifiutandosi di capire il mio interesse anche per gli artisti mid-career o emergenti.
Ci sono aneddoti sulla realizzazione di mostre che ricordi con piacere? C’è una mostra in particolare che rifaresti anche subito?
Una mostra che ricordo particolarmente e che rifarei sicuramente è Shape your body del 1993-94, una rassegna sulla Body Art storica e contemporanea a cura di Luigi Meneghelli, durata due anni, che ha portato in galleria opere, video e performance degli artisti più rappresentativi. Fu allora che ci fu anche l’incontro con Orlan, venuta a vedere la mostra dove erano esposti un suo video e alcune opere fotografiche. Apprezzò l’allestimento e la qualità della mostra, tanto che fu felice di restare a cena con me e il curatore per parlarci dei suoi tanti progetti.
Curiosa fu poi l’esperienza della mostra Primecrime con Robert Gligorov, che nel 2001 costruì una piscina in galleria con un corpo galleggiante in memoria della morte di Brian Jones, dei Rolling Stones. Alla fine dell’allestimento l’artista e alcuni amici vi si tuffarono dentro per un bagno ristoratore. All’inaugurazione venne anche Sting, che si fece fotografare simpaticamente con Robert ai bordi della piscina.
L’anno scorso, storia più recente, comparve in galleria il Bivacco 17 di Daniele Girardi, costruito dall’artista con il legname accatastato nella sala d’entrata, diventata per più giorni una falegnameria. Alla fine si respirava una tale perfetta aria di montagna, che il suo amico scrittore Paolo Cognetti, venne a presentare dentro quel bivacco il suo libro Le otto montagne, futuro Premio Strega 2017.
Le scelte galleristiche, ravvisabili anche nella presente esposizione, si muovono tra i grandi delle avanguardie storiche e delle neoavanguardie (Baj, Man Ray, Mondino, Schwitters) e artisti giovani, mid-career o comunque legati al nostro tempo (Girardi, Giunta, Coltro). È una doppia linea nella quale ti riconosci? E come viene letto dalla galleria questo testimone che sembra passare tra passato e presente?
Nel corso degli anni mi sono spesso mossa tra avanguardie storiche e contemporaneo, privilegiando nella scelta delle mostre il confronto dialettico tra artisti storici ed emergenti. Trovo in questo la peculiarità del mio percorso di gallerista. A volte sono solo liaisons dangereuses ma credo che cercare un legame culturale nella storia, una continuità ideale pur nelle necessarie differenze, sia per gli artisti contemporanei un valore, uno stimolo a non fermarsi al facile consenso dettato dal mainstream del momento.
30 years/30 works
a cura di Luigi Meneghelli
7 ottobre – 27 dicembre 2017
La Giarina Arte Contemporanea
via Interrato acqua morta 82, Verona
Info: www.lagiarina.it