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Fusignano, Cotignola e Ravenna | sedi varie | Fino al 27 gennaio 2019

Intervista a MASSIMILIANO FABBRI di Gabriele Salvaterra

Beatrice Meoni, vasi cinesi2017, 130×90 cm

Selvatico è un progetto espositivo diffuso che si sviluppa nella provincia di Ravenna in queste settimane, coinvolgendo sedi diverse tra Fusignano, Cotignola e Ravenna stessa. Il curatore Massimiliano Fabbri, referente del Museo Civico Luigi Varoli ed egli stesso pittore, racconta dell’iniziativa proprio nei giorni che si inseriscono tra un’inaugurazione appena avvenuta e un’altra in preparazione. La pittura è al centro di questa rassegna, la numero 13 del progetto, con più di trenta artisti coinvolti, ma ciò che si ricava dalle parole del curatore come dal multiforme programma è, prima di tutto, grande passione, dinamismo e un fermento che dalla periferia arriva a diramarsi ben oltre i luoghi fisici coinvolti. Ne abbiamo parlato con Fabbri in un lungo dialogo di cui qui riportiamo un significativo estratto.

 

Potresti descrivere la presente edizione di Selvatico. Alcune mostre hanno già aperto ed altre sono in preparazione, molti sono i soggetti coinvolti. E perché poi proprio “selvatico”?
Il progetto Selvatico funziona e si muove come un arcipelago di luoghi, persone e cose che ha il pregio, credo, di svelare e costruire connessioni tra mondi che all’apparenza possono apparire se non inconciliabili per lo meno distanti e in reciproca diffidenza: arte contemporanea e provincia, artisti, collezioni e musei, una progettualità pubblica dinamica, paesaggi, panorami e movimenti centripeti e centrifughi che tentano di disegnare nuove mappe, pratiche e sistemi che, per quanto effimeri e imperfetti, provano a cambiare i luoghi e a modificare il punto di vista con cui li abitiamo o li attraversiamo quotidianamente. Una rete, prima di tutto fra le persone: per questo parlo spesso delle mostre di Selvatico come di una sorta di costellazione di tante piccole e grandi personali, qualcosa che si costruisce coralmente, qualcosa in più o di diverso da una collettiva su cui prevale uno sguardo dall’alto, come quello del curatore, ma invece più vicino a una coltivazione che richiede tempo, dubbi, incertezze, errori, e che necessita sempre dell’incontro e relazione con gli autori coinvolti. Autori a cui si chiede infine un surplus di impegno, sensibilità o attenzione, anche verso l’altro.
Selvatico è la fogliolina, l’erbetta che cresce tra le pieghe del cemento, un terzo paesaggio, una specificità che non lo fa somigliante ad altro, necessario e intrecciato ai luoghi e memorie presenti ma bisognoso sempre di sguardi da fuori che scuotano dalla condizione sonnambula. Qualcosa che non t’aspetti, giusto e potente.

Andrea Chiesi, Eschatos4, 2017, olio su lino, cm 100×140

Il tema Fantasia/Fantasma è piuttosto affascinante e ambiguo, come lo hai scelto e in che modo ha determinato le scelte sugli artisti coinvolti?
Il titolo viene da un libro di Gianni Celati Conversazioni del vento volatore. È un libro che raccoglie vari interventi e scritti anche distanti nel tempo, nella sua tipica poetica dei pezzi sparsi e della riscrittura che aggiusta e rimette insieme le cose disperse. In un paragrafo affronta questo elemento della fantasia come processo indispensabile al formarsi e ai meccanismi della memoria, ovvero il fatto che i nostri ricordi continuamente vengano a precisarsi e tradirsi grazie all’immaginazione e al suo lavorio quotidiano, e questa mi è sembrata una visione potente, felice e capace di calzare perfettamente al formarsi dell’immagine dipinta, sempre profondamente ambigua e contraddittoria, sempre drammaticamente divisa tra ombra e racconto, tra perdita e descrizione, tra insieme e dettaglio, velante e svelante.

Giuliano Sale, 2018, olio e acrilico su tela, cm 30×24

Parliamo di pittura dunque. Selvatico nel suo insieme definisce la propria identità nella predilezione, anche se non esclusiva, per il linguaggio pittorico. Che valore può avere ancora questa ricerca dai caratteri anche desueti che vive costantemente tra persistenza, attualità, obsolescenza e inattualità?
Sì, nelle ultime edizioni ci siamo concentrati sulla pittura, forse anche in anticipo rispetto a tendenze emerse poco dopo con più clamore, ma non è questo che mi interessa più di tanto, quanto il fatto di riuscire a captare sensazioni e cose che sembrano vaghe nell’aria ma che mi pare segnalino spostamenti e interessi anche in artisti distanti tra loro per provenienza geografica ed età. Quindi ancora, pratica di ascolto, un tentativo di decifrare il presente, un orientarsi. Della pittura mi cattura questo doppio sguardo, la capacità e la sua condizione di riflettere costantemente su se stessa, qui il suo inciampo e la sua forza. E il dramma della rappresentazione che è dell’uomo, bellezza violenta capace di portarti via, desiderio quasi inevitabile con cui fare i conti. Una disciplina utile all’invenzione. Il suo essere fatta di pelli e strati, di spazio e tempo. La sua imperfezione. L’errore e la tecnica. La sua dimensione solitaria che è necessaria al suo affiorare. Il suo essere una forza del passato capace di aprire e innescare ancora sguardi futuri. Una capacità resistente che supera e ingloba e mastica senza fatica qualsiasi discorso sulle sue ipotetiche fini, funzioni, declini o destini. Qualcosa di animale, che ci supera, più intelligente di noi. Scienza delle emozioni e sentimenti.

Marta Sesana, Attenzione, 2018, tempera su tela, cm 50×40

Che generi o ambiti pittorici si possono incontrare in questa rassegna?
Non dico tutti, impossibile certo, anche se una parte sbilanciata verso la tendenza enciclopedica resta sottotraccia. Credo che, per chi visiterà le mostre, le scelte risulteranno abbastanza evidenti e chiare, ruotanti intorno a una pittura che mette al centro il suo processo d’esecuzione, la sua imperfezione artigianale; tra storie e narrazioni da una parte; ombre, battaglie e sparizioni dall’altra. E dentro queste definizioni che non possono che risuonare abbastanza grossolane, di sicuro ambiti molti e differenti, non sempre distinguibili, scivolanti l’uno nell’altro, non separabili o definibili con esattezza.

Tra l’altro il tuo lavoro al Museo Varoli e la tua attività curatoriale legata a questo progetto si intrecciano indissolubilmente con il tuo essere in primo luogo artista e pittore. Quanto pesa questo tuo essere, diciamo, da entrambe le parti della barricata?
Va da sé che qui rientrino i miei gusti, sensi e amori, quello che incontro e mi cattura. Una delle cose che più mi diverte, e che reputo anche necessaria, è poi di costruire mappe capaci di tenere e connettere queste cose viste, costruzioni di senso e significato, connessioni, nel tentativo di congiungere e collegare cose all’apparenza distanti. Mi reputo un artista che prova ad innescare processi e sistemi di relazione, non proprio un curatore, e credo che questo sguardo partigiano risulti abbastanza evidente e inevitabile per me, ma è anche il punto di forza, anche se questa cosa di giocare in due campi (che per me sono lo stesso in realtà) non è sempre semplice da gestire.
L’arte poi è per me territorio della curiosità, scambio e apertura, non mi interessano o non vivo le invidie, paure o chiusure: e così mi piace il lavoro degli altri artisti, me ne nutro e trovo sia un privilegio poter lavorare con soggetti e idee del mondo diverse dalla mia.

Ettore Pinelli

Mi raccontavi che le varie mostre sono documentate con un catalogo dai testi molto singolari…
Non potevo scrivere in maniera giusta e rispettosa di trentasei artisti, così al momento di costruire il testo mi sono ritrovato a ripercorrere il lungo scambio di e-mail e messaggi con gli artisti e mi è sembrato che questa fosse la modalità più giusta per cercare di riportare e descrivere almeno in parte il processo di costruzione e avvicinamento al progetto, al libro e alle mostre. Le fatiche, gli incontri felici e le attese. Ogni edizione di Selvatico produce un libro che in realtà supera la mostra stessa segnando una specie di punto che si collegherà alle mostre precedenti e a quelle che verranno.

Ci sarà quindi continuità anche per l’anno prossimo? Stai già pensando a che aspetto avrà Selvatico 14?
Credo e spero di sì, anche perché, per vari motivi, molti artisti che avrei voluto coinvolgere, sono rimasti purtroppo fuori da questa edizione. Dovrebbe essere qualcosa che ha a che fare con la pelle della scultura e del disegno… insomma, non riesco a liberarmi del tutto della pittura come vedi.

Selvatico [tredici]
2018
Fantasia/Fantasma
Pittura tra immaginazione e memoria
a cura di Massimiliano Fabbri

11 novembre 2018 – 20 gennaio 2019

Museo civico San Rocco
Via Monti 5, Fusignano (RA)
Andrea Chiesi, Daniele Galliano

Centro culturale “Il Granaio”
Piazza Corelli 16, Fusignano (RA)
Marta Sesana, Giuliano Sale

25 novembre 2018 – 27 gennaio 2019

Cotignola (RA), Sedi varie

Juan Carlos Ceci, Enrico Tealdi, Rosario Vicidomini, Sabrina Casadei, Beatrice Meoni, Julie Rebecca Poulain, Manuel Portioli, Riccardo Cavallini, Silvia Argiolas, Giovanni Manunta Pastorello, Agnese Guido, Andrea Fiorino, Elisa Filomena, Azadeh Ardalan, Francesco Bocchini, Stefano W. Pasquini, Marco Bettio, Ettore Pinelli, Giorgio Pignotti, Francesco Cuna, Angelo Bellobono, Amandine Samyn, Paolo de Biasi, Luca Moscariello, Andrea Grotto, Barbara De Vivi, Benedetto di Francesco, Giuliano Guatta, Giulio Saverio Rossi, Simone Luschi.


8 dicembre 2018 – 13 gennaio 2019

VIBRA Spazio contemporaneo di idee
Via M. Fantuzzi 8, Ravenna

Gio Pistone, Nicola Alessandrini
www.spaziovibra.it

 

Info: fabbrim@comune.cotignola.ra.it
www.museovaroli.it

 

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