CORREGGIO ǀ NELLO STUDIO DI GIULIO ZANET
di Mattia Lapperier
Lo studio nasce, cresce e si sviluppa di pari passo con l’artista. Ne riflette la personalità nel modo più autentico. È testimone silenzioso delle sperimentazioni più ardite, del perfezionamento di tecniche affinate negli anni e custodite gelosamente. È anche il luogo delle infinite prove, delle notti insonni, delle cocenti insoddisfazioni, che tuttavia possono sfociare talvolta in successi inaspettati. #TheVisit ha lo scopo di aprire le porte a tali realtà che per loro stessa natura sono poco accessibili, spazi che in tempi di pandemia hanno rappresentato pure una delle rare occasioni di confronto diretto con l’arte contemporanea.
In seguito a esperienze di studi milanesi, differenti per caratteristiche, posizione e condizioni di illuminazione, e dopo essersi trasferito a Correggio e aver temporaneamente adibito il garage di casa a luogo deputato alla pittura, dal 2020 Giulio Zanet si è stabilito nel suo attuale studio, uno spazio di proprietà comunale, attorniato da attività commerciali e botteghe artigiane. L’ampio salone a base rettangolare si presenta come un ambiente unico, non ulteriormente suddiviso al suo interno e per questo particolarmente adatto anche al lavoro sul grande formato. Può godere inoltre di un’ottima illuminazione nell’arco delle ore diurne poiché, oltre a quella artificiale, l’immobile è esposto alla luce naturale da due lati opposti.
Per l’artista la frequentazione dello studio rappresenta una pratica quotidiana che si sostanzia essenzialmente in due momenti distinti ma tra loro complementari. All’esecuzione materiale delle sue opere si affianca infatti una altrettanto significativa riflessione sull’impianto complessivo della composizione. Se la realizzazione dei dipinti è generalmente piuttosto rapida, Giulio Zanet è solito concedersi un considerevole lasso di tempo per processare mentalmente il suo lavoro, cercando di svincolarsi da ogni appiglio figurativo, così da ottenere una pittura astratta che assomigli esclusivamente a se stessa. Anche allo scopo di facilitare la cruciale operazione di allontanamento dalla figurazione, nonché per evitare l’inconscia tentazione di attingere dal suo stesso repertorio, l’artista fa periodicamente piazza pulita dei dipinti già conclusi per concentrarsi unicamente su quelli su cui sta lavorando in quel momento, relegando quelli già portati a compimento in magazzino.
Zanet realizza più opere allo stesso tempo; si muove in modo libero in tutto lo studio-laboratorio, interamente predisposto per dipingere, e sfrutta ogni superficie disponibile per lavorare sia in verticale che in orizzontale. È a partire dal 2015 infatti, da quando ha iniziato a lavorare a composizioni strutturate per campiture piatte e compatte, che ha sperimentato per la prima volta la pittura in orizzontale. Da allora la predilige a quella più tradizionale in verticale poiché, muovendosi intorno all’opera durante l’esecuzione, ha facoltà di deciderne l’orientamento a lavoro quasi concluso, così da scongiurare del tutto l’eventualità di un qualsiasi affioramento figurativo. L’ambiente stesso, disseminato di ripiani, tavolini, cavalletti e per gran parte rivestito da teli protettivi, favorisce un approccio libero allo spazio che si riflette immancabilmente in composizioni altrettanto libere e aperte.
A guidare la scelta delle tecniche impiegate dall’artista (per lo più smalti, acrilici, pittura spray o una combinazione di questi diversi linguaggi) è sempre la sperimentazione di supporti diversi. Attratto da superfici dalle forme, colori e proprietà tattili differenti, negli ultimi anni ha progressivamente abbandonato la tela tradizionale in favore di tessuti di recupero, carte, fogli in PVC, lamine metalliche e, più recentemente, persino pannelli riflettenti per fotografi.
In tempi di pandemia, non potendo raggiungere lo studio, ha riorganizzato drasticamente spazi, tecniche e materiali, approcciando per la prima volta la pittura digitale realizzata con lo smartphone, poi stampata su alluminio D-bond. Tale pratica, in un secondo momento, gli ha consentito inoltre di aprirsi a soluzioni ibride, costituite da lavori in pittura, successivamente rielaborati digitalmente, o anche agli NFT. Che si tratti di pittura reale e tangibile (di gran lunga la più frequentata), digitale o ibrida, il segno di Giulio Zanet, benché esito di un’accurata premeditazione, appare fluido e totalmente slegato da ogni rimando – anche minimo – a una qualsiasi forma compiuta e riconoscibile. Talvolta è stratificato e composito oppure è asciutto ed essenziale; in tutti i casi esso vive una vita propria, la cui unicità è determinata dalla combinazione di processo, stato d’animo e tecniche che fissano la sua esecuzione materiale in un preciso luogo e tempo. Il suo segno risulta inoltre del tutto autosufficiente, quasi acquisisse, a lavoro ultimato, lo status di presenza autonoma e di per sé significante.
L’aspirazione a una pittura che viva a prescindere dal suo stesso artefice, su di una qualsiasi superficie utilizzabile, persino sul pavimento (come nel 2016 a Circoloquadro, a Milano) o anche sul soffitto (come nel 2019 ad Adiacenze, a Bologna) o direttamente al suolo (come nell’intervento site-specific su una piazza di Bergamo), rivela la concezione che Giulio Zanet ha della pittura stessa, ovverosia
“un modo di stare al mondo, un mezzo grazie al quale conoscerlo e capirlo”.
La sua è una pittura immersiva, totalizzante, persino calpestabile, fruibile a tutto campo. Una pittura che coincide con la vita.
Giulio Zanet (Colleretto Castelnuovo, TO, 1984) vive e lavora tra Milano e Correggio. Si laurea in pittura all’Accademia di Brera nel 2006. Dal 2006 ad oggi il suo lavoro è stato esposto in svariate gallerie e spazi pubblici in Italia e all’estero. Tra questi il Palazzo dei Congressi (Roma), il Liu Hiusus Art Museum (Shangai), l’Istitut Francais-Palazzo Delle Stelline (Milano), il Museo Lissone, il Transnational Pavillon Venice Biennale (Venezia), Palazzo Fogazzaro (Schio -VI), la Pinacoteca Civica di Como, la Galleria Spp (Bratislava), la Galleria V9 (Varsavia), il Riso-Museo d’arte Contemporanea della Sicilia (Palermo), Circoloquadro (Milano), la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino), ArteSantander (Santander, Spagna), ABC-ARTE (Genova), Kaleidoskop (Berlino), Fonderia Artistica Battaglia (Milano), Adiacenze (Bologna). Partecipa a diverse residenze tra cui Glogau-Air (Berlino), vinta con il Premio Italian Factory 2010 e Haihatus (Joutsa, Finlandia). Nel 2012 è finalista al Premio Lissone e nel 2017 al Premio Cairo.