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LONGIANO (FC) ǀ NELLO STUDIO DI MATTIA VERNOCCHI

di MATTIA LAPPERIER

Lo studio nasce, cresce e si sviluppa di pari passo con l’artista. Ne riflette la personalità nel modo più autentico. È testimone silenzioso delle sperimentazioni più ardite, del perfezionamento di tecniche affinate negli anni e custodite gelosamente. È anche il luogo delle infinite prove, delle notti insonni, delle cocenti insoddisfazioni, che tuttavia possono sfociare talvolta in successi inaspettati. #TheVisit ha lo scopo di aprire le porte a tali realtà che per loro stessa natura sono poco accessibili, spazi che in tempi di pandemia hanno rappresentato pure una delle rare occasioni di confronto diretto con l’arte contemporanea.

Ancor prima di ottenere un laboratorio tutto suo, Mattia Vernocchi, dopo aver conseguito il diploma presso l’Istituto d’Arte Ceramica di Faenza, appena ventenne, inizia a frequentare numerosi studi di maestri della ceramica. Tale abitudine si rivela fondamentale non solo perché gli permette di apprendere specifiche procedure nonché molti segreti di bottega, ma anche e soprattutto poiché i ceramisti – uno su tutti Francesco Bocchini – lo hanno da sempre stimolato a ricercare un linguaggio personale, anche a discapito di una rigida applicazione delle regole imposte dal medium, in favore, piuttosto, di una progressiva tensione in direzione del limite tecnico della ceramica. Ai suoi esordi l’artista vive a Gambettola, centro romagnolo noto come il paese della ruggine, per il gran numero di rottamai e aziende di recupero di materiali ferrosi presenti in loco. Nel 2001 Vernocchi in un primo momento stabilisce lo studio in uno storico edificio del centro, successivamente lo trasferisce in un paese vicino, presso una casa colonica, all’ombra di un olmo secolare. È un periodo di intensa sperimentazione che ben presto lo conduce a esporre sculture formate da vecchie reti da letto in combinazione alla ceramica. Dalle reti passa alle gabbie, dalle gabbie agli scolapiatti e così via; il suo paese gli offre spontaneamente metalli di recupero che egli pone in un dialogo sempre più serrato con la ceramica.

Mattia Vernocchi, Gabbia, 2016, ferro e ceramica, 100x60x40 cm

La frizione tra i due materiali, l’uno caldo e duttile, l’altro freddo e resistente, attrae sin da subito l’artista, al punto da spingerlo a incentrare per anni il suo linguaggio espressivo proprio sull’incontro/scontro dei due elementi così lontani sia sul piano concettuale, sia su quello sensoriale. Egli ne indaga pazientemente il processo trasformativo che raggiunge il suo culmine nell’ultima e cruciale fase di cottura. Vernocchi è regista e testimone del libero disporsi della materia, solo in precedenza orientata, e mai meccanicamente tesa a un risultato preordinato. L’esito finale è spesso del tutto inaspettato poiché, sfuggendo al pieno controllo del suo esecutore, è in ultima istanza esclusivamente affidato all’azione esercitata dal fuoco sulla materia. Esemplificativo di tale modus operandi è certamente, tra le altre, la serie di lavori realizzati disponendo l’argilla all’interno di strutture in cartone che, inzuppandosi, trasferiscono sull’argilla stessa quei segni nervosi precedentemente predisposti dall’artista, per poi dissolversi del tutto in fase di cottura, lasciando sulla ceramica così ottenuta solo l’impronta del loro passaggio.

Mattia Vernocchi, Vegeto, 2018, cemento ed elementi naturali, 150x70x10 cm

È il 2016 quando Vernocchi muove lo studio a Longiano, piccolo centro romagnolo di collina. Il cambio di ambiente determina immediatamente anche una decisa evoluzione di linguaggio. Nonostante le fondamenta di quest’ultimo restino essenzialmente legate alla libera associazione di materiali diversi e al loro passaggio attraverso il fuoco, la rigogliosa vegetazione del paesaggio collinare induce l’artista a investigarne le tracce e a imprimerle indelebilmente sulla materia.

Lo studio di Longiano è un ex deposito, una struttura moderna, molto diversa da quelle storiche a cui Vernocchi era abituato. Consiste sostanzialmente in un ampio spazio a L organizzato in più sezioni, ognuna contraddistinta da una specifica funzione. Un’area è attrezzata per la lavorazione del ferro, un’altra è esclusivamente deputata agli impasti di argille e cementi, un’altra ancora è solitamente lasciata sgombra per contenere opere di grande formato, spesso disposte su bancali, così da poter essere facilmente trasportabili. Adiacente all’ambiente principale vi è poi un’ulteriore stanza costantemente areata che ospita quattro forni per la cottura della ceramica e una cabina per le smaltature.

Veduta dello studio di Mattia Vernocchi

Più che di uno studio in senso stretto, si tratta di un laboratorio atto al lavoro manuale e alla creazione materiale di opere, intese dall’artista come l’esito di un processo, lo sviluppo di un’idea, e non di un progetto predeterminato in anticipo, in ogni minimo dettaglio. Come affermava Giacinto Cerone in un’intervista rilasciata alla RAI nel periodo in cui lavorava a Faenza, presso la Bottega Gatti:

“Occorre essere veloci davanti alla materia, occorre agire prima che arrivi il pensiero”

Tali parole – così come l’intera opera del maestro lucano – hanno da sempre esercitato un profondo impatto su Mattia Vernocchi, al punto che la componente istintuale ancora oggi riveste un ruolo fondamentale nell’elaborazione di ogni suo ciclo. Anche per questo motivo il disordine dello studio è funzionale allo scopo. Opere in lavorazione, lavori incompiuti, altri rimasti solo abbozzati, cartoni, casse di legno o rami appesi a seccare stipano lo spazio già sovraccarico di scaffali e attrezzi. Non solo, all’artista piace che lo studio sia polveroso, caotico, illuminato da molta luce, preferibilmente naturale. Il suo è uno spazio da vivere quotidianamente e in solitudine; accessibile per lo più ai soli membri della sua famiglia e a poche altre persone.

Veduta esterna dello studio di Mattia Vernocchi

È il luogo in cui acqua, argilla e fuoco si legano tra loro e agiscono per conto dell’artista che, tra terra e ruggine, assiste all’emersione della forma da lui stesso innescata per mezzo di un’operazione che oscilla tra un’ardita sperimentazione artigiana e un’imponderabile pratica alchemica.

Ritratto di Mattia Vernocchi

Mattia Vernocchi nasce il 22 ottobre 1980 a Cesena. Si diploma presso l’Istituto d’arte di Ceramica Ballardini a Faenza. Nel 2001 apre il proprio studio a Gambettola, dove sperimenta diversi materiali e tecniche ceramiche. Tra i vari riconoscimenti si menzionano il Premio Monica Biserni, 58’ Concorso Internazionale della Ceramica d’Arte Contemporanea, presso il MIC (Faenza, 2013); il primo premio europeo European ceramic Context, presso il museo Bornholms Kunstmuseum (Danimarca, 2006); Il Premio del Pubblico al “54’ premio Faenza”, Concorso Internazionale della Ceramica d’Arte Contemporanea presso il MIC (Faenza, 2006). Tra le opere pubbliche si segnala “2294 kg”, scultura in ferro collocata presso rotonda di via Del Lavoro (Gambettola). Una selezione di mostre personali include: “Residui”, presso Palazzo del Monte di Pietà, a cura di A. Giovanardi (2019); “Una zolla ritorna cosmo”, presso Galleria Gasparelli Arte Contemporanea, a cura di R. Bertozzi (Fano, 2017); “Ciò che è finito e ciò che comincia è uguale”, presso Galleria Gasparelli Arte Contemporanea, a cura di G.R. Manzoni (Fano, 2012); “Nido”, presso Galleria delle Cornici, a cura di M. Cavallarin (Venezia, 2011); “Ossi e anime”, presso Galleria L’affiche, a cura di M. Galbiati (Milano, 2010); “Ho trovato un ordine nel dominio dei nervi”, presso Galleria Gasparelli Arte Contemporanea, a cura di G.R. Manzoni (Fano, 2010); “Costrutto aspro”, presso Galleria Gasparelli Arte Contemporanea, a cura di G.R. Manzoni  (Fano, 2009); “Essico”, presso Galleria L’affiche, a cura di V. Dehò (Milano, 2007); “Pat de durmi”, presso Galleria Palazzo del Ridotto, a cura di M. Zattini (Cesena, 2007); “Infrareticolare”, presso Galleria Arte Raku (Faenza, 2004); “Materiali incompatibili”, presso Magazzino Grande ,a cura di R. Bertozzi (Cesena, 2003). Attualmente vive e lavora a Longiano, in Romagna, dove la sua ricerca trova vigore e forza nella relazione con le risorse e gli stimoli che il territorio gli offre.
mattiavernocchi.com

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