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BRESCIA | Palazzo Monti | 15 febbraio – 12 marzo 2020

di PIETRO BAZZOLI

Vogliamo parlare d’amore? è questa la domanda che sorregge la personale di Serena Fineschi a Palazzo Monti, a Brescia.
Forse, più che una risposta, la mostra vuole mettere in relazione una concezione di amore, vissuta sulla pelle di una persona, una donna. Come si può, del resto, trovare ancora risposte esaustive a una domanda contro cui si sono già scagliate migliaia di personalità sino a oggi?
Il carattere universale che filtra attraverso tale punto di vista avvalora però l’impegno intrinseco nel quesito stesso. La risposta è data per mezzo di “un’architettura sentimentale”, con un approccio alla vita che ne conserva i lati più luminosi come quelli più oscuri. Il contatto è senza dubbio velato da una malinconia esistenziale, che si evince grazie a una performazione degli eventi trascorsi, dove dolore e sentimento abbracciano la sfera mnemonica degli anni passati.

Serena Fineschi, Ci è mancato il tempo, non l’amore (diptych), 2020, wooden forniture, enamel, rainwater

Ecco dunque che l’arte assume, ancora una volta, un carattere esorcizzante nel suo minimalismo. Le opere di Serena Fineschi mettono in luce le peculiarità del corpo, tramite cui passa questa marea di emozioni, in gesti controllati che celano la volontà di urlare in faccia al mondo la propria esistenza.
Prima che questa si consumi per autocombustione; prima della fine.
La mostra vive in bilico tra ciò che appare e ciò che è nascosto, dando un’attenzione, una cura quasi materna a gesti insignificanti: non è un caso che siano esposti lavori nuovi così come meno recenti. Il percorso si dirama per due sale, il cui compito è traghettare lo sguardo dall’età della fanciullezza alla maturità. Come se il difficile passaggio dall’una all’altra possa essere sintetizzato da una semplice porta, un’architrave sotto la quale ogni essere umano deve necessariamente passare.
Nella prima sono collocati i lavori che si riconducono all’infanzia, alla famiglia e ai primi amici: “bozzoli mnemonici”, il cui peso e valore restano immutati per il decorso della vita. La seconda è diretta esperienza della prima, perché il tema trattato vira dall’adolescenza all’età adulta, soffermandosi in particolar modo sull’esperienza corporea che questo comporta.
Il corpo non è dunque soltanto espressione esteriore del proprio sé, del tutto in balia della vista altrui, ma può essere analizzato come un compendio delle sofferenze affrontate: le cicatrici, visibili e invisibili vi si sovrappongono, sono testimonianza stessa del trascorrere del tempo.

Serena Fineschi. Vogliamo parlare d’amore?, installation view, Palazzo Monti, Brescia

Tale intensità nel gesto assume forma per mezzo della creta, che diviene testimone inconsapevole di ogni singolo, turbolento momento superato dall’artista. Il quotidiano, il suo ricordo e la sua dimenticanza, in egual modo, lasciano sulla materia tracce inevitabili: baci, abbracci, massaggi, strette, morsi e gli oggetti domestici si fanno vettori di una memoria privata. L’intimità di una visione si rispecchia vivida come sulla pelle, tracciando la rete di connessioni e affetti che lega l’artista alle sue opere, in un contatto scevro di ogni mistero. Svelato.
Tale processo di disvelamento investe anche l’amore: vissuto con entrambi i suoi volti, dolce e amaro, diviene perno inamovibile dei mutamenti della personalità dell’individuo.
Ognuno di questi transiti è ricondotto a se stesso e ai precedenti, così come i successivi, attraverso brevi racconti: “rubricazione di momenti intimi ripercorsi con la lingua del ricordo personale”. Si tratta di un diario redatto per sé al fine di avere una traccia materiale per superare il turbamento, l’ansia del vuoto e l’ebrezza dell’attesa: la mostra intera assume il compito di divenire “corpo”, dimostrazione dei travagliati mutamenti dell’animo.
Allora, forse, solo l’amore può dare la risposta alla domanda contro cui si scaglia anche Serena Fineschi, i cui segni saranno conservati nella creta.

Serena Fineschi. Vogliamo parlare d’amore?
a cura di Marina Dacci

15 febbraio – 12 marzo 2020

Palazzo Monti
Piazza Tebaldo Brusato 22, Brescia

Orari: dal martedì al sabato 15.00-19.00

Info: +39 349 5460798
www.palazzomonti.org

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