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GENOVA | Torre Grimaldina di Palazzo Ducale | Fino al 9 febbraio

intervista a VIRGINIA MONTEVERDE di Livia Savorelli

A Genova, nella Torre Grimaldina di Palazzo Ducale, in un luogo ricco di storia e di memoria – ricordiamo che i piani superiori della torre sono stati adibiti, dai tempi della Repubblica fino alla Resistenza durante la seconda Guerra Mondiale, a carceri dove sono stati rinchiusi politici e personaggi come Jacopo Ruffini, che qui vi morì suicida e a cui è dedicata l’omonima cella – ogni anno prende vita, per volontà di Virginia Monteverde, che ne è ideatrice e curatrice, Segrete: rassegna volta a mantenere viva una pagina di storia che sta man mano perdendo i suoi testimoni. Da qui la grande possibilità offerta all’Arte, ovvero quella di poter “raccogliere il testimone della Shoah e, nella sua dimensione senza tempo, perpetuarne la Memoria in tutte le generazioni a venire”.

Davide Coltro, Arborescenze: alberi eterni dei Giusti, Installazione (quadri Elettronici serie
MD-SYSTEM19, gomma riciclata, Electronic Pictures, 2015-19

Da undici anni Genova, con una rassegna internazionale di ampio respiro, ricorda nel mese di gennaio e nei giorni che accompagnano alla Giornata della Memoria, le vittime della Shoah.
Quando nasce Segrete e con quali finalità? Come operi la scelta degli artisti che inviti alle varie edizioni? Realizzano progetti site-specific?
Segrete è nata undici anni fa e dalla prima edizione si è proposta come una rassegna d’arte contemporanea dedicata alla memoria della Shoah. Un’operazione con la finalità di suscitare, soprattutto nelle giovani generazioni, emozioni e sentimenti capaci di tenere vivo il ricordo di una pagina della nostra storia che non può essere dimenticata.
Ogni anno invito un gruppo di artisti del panorama internazionale, che dimostrano sensibilità e interesse al tema della Memoria. Nei primi anni il lavoro di ricerca degli artisti è stato impegnativo per la novità della rassegna. Da qualche anno sono gli artisti stessi che si propongono per partecipare alla mostra. In base ai progetti che mi vengono sottoposti, scelgo chi meglio può interpretare lo spirito e la peculiarità della rassegna.
Le opere richieste sono sempre site-specific, gli artisti visitano le celle delle antiche prigioni che ospitano la mostra, mesi prima, e a chi vive molto lontano o all’estero, viene fornita una ricca descrizione dei luoghi attraverso video e fotografie e piante degli spazi.

Ilaria Margutti, Sühne, 2018, installazione, ricamo di seta su tela, video

Quanto è importante la preservazione della Memoria? Come l’arte – intesa nella sua accezione più ampia – può contribuire a salvaguardarla e a trasmetterla alle nuove generazioni? Come dialoga la rassegna con la Scuola?
Preservare la Memoria è fondamentale. Il linguaggio dell’arte è l’unico che può toccare le corde emozionali più profonde e si integra perfettamente con le testimonianze dirette degli eventi, purtroppo ormai sempre più rare.
L’arte può raccogliere il testimone della Shoah e nella sua dimensione senza tempo, perpetuarne la Memoria in tutte le generazioni a venire.
In questo senso, è molto importante il rapporto con il mondo scolastico che negli anni si è andato via via consolidando, attraverso la partecipazione sempre più numerosa di studenti ma anche insegnanti e educatori sia alla mostra che ai vari eventi che ad essa fanno da corollario.
Quest’anno è stato anche organizzato, in uno dei più prestigiosi licei genovesi, il Classico Andrea D’Oria, un incontro con Alessandra Jarach del direttivo del Memoriale della Shoah di Milano, Binario 21, seguito con estrema attenzione ed emozione dai ragazzi.

Carla Iacono, La Zona Grigia, 2019, installazione site specific (tavolo, coperta militare della seconda guerra mondiale, stoviglie di vetro, posate vintage, rasoio vintage, melagrana, leggio da tavolo, libro d’artista)

Sei sono gli artisti che hanno preso parte a questa edizione: Davide Coltro, Carla Iacono, Fukushi Ito, Ilaria Margutti, Fried Rosenstock, Joseph Sassoon Semah. 
Ognuno di essi si è dolorosamente confrontato con questa drammatica pagina della Storia, riunendo memoria collettiva e memoria individuale, esorcizzando il dolore attraverso un rituale recitato come un mantra o una performance…
Fukushi Ito
riempie la cella della memoria stessa del luogo, proiettando su tutte le pareti, immagini di scritte, graffiti ed elementi delle antiche prigioni, fotografate da lei stessa e successivamente elaborate. L’installazione, come spiega la stessa artista, si interroga sulla presenza umana in un particolare spazio e tempo, in relazione alle polarità, che danno forma all’esistenza umana in un determinato contesto e con una certa scadenza temporale.
Ilaria Margutti propone un diario ricamato da lei stessa a mano su un antico lenzuolo e attraverso poesie, pensieri e riflessioni scritte con ago e filo, sceglie di celebrare il presente come proiezione del futuro. Alla fine del video che completa l’installazione, e documenta la sua performance, l’artista fa scorrere la frase che chiude il diario di Etty Hillesum, giovane ebrea olandese detenuta e morta nel 1943 ad Auschwitz, “Si vorrebbe essere un balsamo per molte ferite”.
Fried Rosenstock distende la sua stessa ombra per terra, per ascoltare l’eco del passato che potrebbe affiorare dalle fondamenta della città e dagli strati della storia, ricordando non solo la Shoah del secolo scorso ma anche i pogrom che hanno tragicamente segnato la storia di quasi tutti i popoli europei con atrocità inimmaginabili.
Davide Coltro dedica ai Giusti il suo trittico di quadri elettronici, che chiama Arborescenze: alberi eterni dei Giusti. La singola opera rappresenta una “architettura floreale”, ogni soggetto genera le sue arborescenze passando attraverso i diversi stati che sono propri della pittura e del disegno insieme alle moderne tecnologie di modellazione tridimensionale e rendering ma, nel continuo ciclo di trasfigurazioni al quale è sottoposto, diventa una metafora visiva dell’autodeterminazione ad esistere di ogni ente.
Carla Iacono presenta un lavoro dolorosamente autobiografico, La zona grigia in memoria dello zio materno ucciso nel campo di concentramento di Mauthausen. L’installazione è una tavola apparecchiata con una vecchia coperta militare appartenuta allo zio, accanto alle stoviglie un rasoio d’epoca, copia di un rasoio prestato all’artista da un amico, con cui si dice alcuni prigionieri abbiano sgozzato un kapò prima della liberazione. La tavola dunque, da sempre simbolo di comunione e condivisione, diventa un’area grigia che confonde la percezione, cancellando ogni illusione sulla semplicità del giudizio morale.
Joseph Sassoon Semah mette all’interno di una cella un’altra cella, una casa temporanea in prigione, sul pavimento un video e gli oggetti della performance MaKOM in MaKOM Kadish. Una processione, cinque violiniste suonano contemporaneamente un tango e Bach, davanti a loro i portatori di specchi ne riflettono l’immagine e raddoppiano la presenza riportando il numero delle musiciste a dieci, mentre pronunciano le parole del Kadish, la preghiera dei morti. Due uomini con le teste coperte da scatole di legno, giocano una partita su una scacchiera nera, la definizione iniziale del nostro impegno, e la vittoria della pratica attuale della tolleranza.

Joseph Sassoon Semah, MaKOM in MaKOM, 2019, Installazione (gasbeton, scacchiera, video della performance Kadish)

Tra gli eventi della rassegna – nella duplice sede della Cella di Ruffini nella Torre Grimaldina e di Spazio46 a Palazzo Ducale – il progetto artistico sociale Io rEsisto di Antonella Cinelli e la video intervista Francesco Bellinzoni-Ricordi Resistenti realizzata da Federico Gaudenzi, fotografo e giornalista, e Alessandro Torchiani, videomaker, a cura di Manuela Composti, direttivo 167° B.ta Garibaldi f.lli Biancardi ANPI Borghetto Lodigiano con la collaborazione di ANPI Bologna. Ci racconti come nasce il progetto?
Qui mi rifaccio al testo scritto da Manuela Composti che circa un anno fa mi ha proposto il progetto.
Antonella Cinelli trasmette con maestria e sensibilità d’artista “la scelta” attraverso le pieghe delle rughe e degli sguardi. Recuperando l’arte antica del ritratto, la pittrice ha creato un filo rosso attraverso il Tempo, quello eterno dell’Arte e quello fuggente dell’Uomo.
Il titolo della mostra vuole sottolineare non solo la presa di posizione, la lucida consapevolezza del loro resistere, ma anche l’esigenza del loro esistere, nonostante tutto. La vita li ha posti davanti ad un bivio ed ognuno ha risposto con il proprio animo, carattere, radicale esigenza di libertà.
La guerra è finita, la vita riprende su binari di normale quotidianità.
Queste donne e uomini, chiamati un giorno ad essere illuminati nel cono di luce della Storia, ne sono silenziosamente usciti, tornati nei ranghi senza gloria della vita quotidiana, senza clamore, senza pretendere nulla. Non sempre consapevoli di aver fatto atti eroici, ma rivendicandoli, questo sì sempre, come gesti necessari e doverosi per potersi ritenere esseri liberi e “restare umani”.
La mostra è corredata da didascalie particolari; non le solite notizie di misure e tecnica, ma il privato dei protagonisti. Nel “ricordo più bello ed in quello più doloroso” di ognuno, l’artista regala allo spettatore di oggi uno strumento per capire la grandezza del loro “restare umani”.
10 Storie di vita comuni con il coraggio di fare scelte non comuni.
Parte integrante della mostra la proiezione del video realizzato da Federico Gaudenzi e Alessandro Torchiani; Video – Intervista voluta fortemente dalla sezione A.n.p.i. di Borghetto Lod. che l’ha curata: Francesco Bellinzoni – Ricordi resistenti.
Un viaggio nella vita “normale” di un uomo che si è trovato a fare scelte determinanti non solo per la sua vita, ma per quella di tutti noi.
Un dono per le generazioni future, pensato e creato per le scuole, per essere testimonianza viva e feconda.

Antonella Cinelli, nell’ambito del progetto Io rEsisto, Torre Grimaldina (cella di Ruffini)

SEGRETE. Tracce di Memoria
Alleanza di artisti in memoria della Shoah. XI edizione
a cura di Virginia Monteverde

24 gennaio – 9 febbraio 2019

Torre Grimaldina di Palazzo Ducale, Genova

Info: artcommissionevents@gmail.com 

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