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MILANO | Museo del Novecento | 1 aprile – 23 giugno 2019

Intervista a RENATA BOERO di Matteo Galbiati*

Un caffè bevuto piacevolmente nel quartiere di Brera per iniziare la mattinata, divenuta piacevolissima giornata interamente passata conversando nella sua abitazione milanese: incontriamo Renata Boero proprio nella piccola “casa-studiolo” all’ultimo piano di un tipico edificio della vecchia Milano, una di quelle che domina tetti e vie, che isola pur lasciando al centro e, come ci fa notare lei, lascia entrare tanta luce da ogni lato. Un luogo che l’ha sempre accolta nella sua spola tra il capoluogo lombardo e Genova, sua città natale. Tra libri e opere, finite e in lavorazione, carte e colori, lettere e appunti, le nostre parole si arricchiscono di una conversazione libera e franca che supera la circostanza di una semplice intervista e diventa ben presto piacevole scambio di opinioni, pareri, conoscenze. Un confronto che ci permette di approfondire la nostra amicizia.

Ritratto di Renata Boero, Fotografia di Cristina Fiorentini

La casa-studio è specchio di quel suo caos ordinato che non definisce solo l’ambiente in cui vive, ma, per estensione, diventa proprio stile, pensiero e filosofia di vita che determinano anche i fondamenti della sua poesia artistica. Il lavoro pittorico di Boero, infatti, si alimenta continuamente del rinnovarsi di processi naturali che lei sa accogliere nelle sue opere integrando controllo e automatismo in lavori che scrivono l’armonia del divenire universale. Il principio della trasformazione viene recepito dal suo sguardo come accoglimento e accettazione di un fare umano sempre subordinato ai processi di quel divenire universale imponderabile, alimento fertile per il misterioso osservare dell’uomo. Il 1 aprile ha inaugurato una sua importante personale al Museo del Novecento di Milano e cogliamo l’occasione per riassumere nell’intervista l’appassionante scambio che abbiamo avuto con l’artista:

La tua pittura mi entusiasma sempre per la forza che dimostra in ogni sua risoluzione: come hai saputo mantenere una tale fermezza, coerenza e potenza espressiva nel corso degli anni?
Ti ringrazio, se è vero, è la forza potente della curiosità e la passione per la ricerca che mi hanno portato a scegliere come compagni di lavoro dei materiali organici carichi di una forte potenza espressiva ed evocativa. La componente caratteriale mi spinge a questa curiosità spiccata verso le cose del mondo che si unisce ad una vitalità che non è solo mia ma anche degli elementi stessi che utilizzo e con cui lavoro. Sono la compagna di viaggio degli strumenti che, nel tempo, si traducono poi in opere. C’è una complicità che si trasforma in una relazione originale. Nel tempo ho imparato anche a distruggere quello che non mi convinceva ed è sempre stato un atto liberatorio per lasciare l’essenziale: cancellando ho modo di ritrovare nuovi stimoli.

Renata Boero, Museo del 900, exhibition view, ph. Anna Positano

Con il tuo lavoro hai sempre cercato di cogliere l'”invisibile”; cosa intendi con questa dichiarazione molto forte? Che valori si trovano nell’invisibile, come si manifestano all’osservatore?
Vorrei risponderti ricostruendo per sommi capi l’ambito culturale nel quale ho iniziato le mie ricerche. Superata la pittura tradizionale, come rappresentazione del visibile, “pittura retinica” come dice Duchamp, si è aperta la lunga stagione che si proponeva di esprimere contenuti, invisibili o mentali, che, genericamente, si definiscono come concettuali, minimal, neo e postavanguardisti, ecc… Per uscire da quell’empasse ho cercato di “riconvocare” la natura, non in senso descrittivo o rappresentativo, ma piuttosto con un richiamo al magico, abbandonando ogni mediazione linguistica, cercando, come disse Paolo Fossati, un’unità fra natura diretta e natura recuperata per via di pittura.

Renata Boero, Museo del 900, exhibition view, ph. Anna Positano

La tua pittura vive in equilibrio costante tra una passionalità dell’informale, con le sue energie e le sue forze, e una logica rigorosa, ripetuta e scandita con una puntuale, quasi severa, precisione: cosa regola nel complesso i tuoi lavori? Quali principi li governano?
Grazie ad un bravo maestro come Scanavino, lo studio appassionato su Fidia e l’Antelami, le processioni rigorose dei Santi Martiri e delle Sante Vergini dei mosaici di Ravenna: misura, equilibrio e armonia, sono le regole di un lavoro che mi piace definire un “caos ordinato”. Il mio agire s’identifica con la tensione del camminare su un crinale. Lo stare in equilibrio tra due opposte tensioni chiarisce costantemente quell’essenzialità che ossessivamente cerco nelle mie opere.

Ctonio-graphia, 2018, Installation view “Vita, morte, miracoli. L’arte della longevità”, Museo di Villa Croce, Genova. Fotografia di Anna Positano

Cromo e Crono sono parole chiave per la tua esperienza artistica, cosa definiscono?
L’uno la materia pittorica cromatica e l’altro i tempi dei fenomeni e delle trasformazioni, le relazioni tra i materiali, le loro attrazioni e/o le loro repulsioni. Questo mio agire non è mai in un senso strettamente o unicamente analitico; ai tempi dell’opera partecipano altri tempi, altre vicende culturali, memorie antropologiche che evocano modalità diverse di partecipazione e relazione. Una sorta di rituale in cui il pigmento non è solo colore, ma odore, sensazione olfattiva, ricerca di una totalità dove l’inesorabilità della materia naturale, abbandonata ogni mediazione linguistica, porti direttamente alla vita. Un’azione duchampiana quando “rubando” dalla natura non attuo un prelievo romantico ma una dislocazione, uno spostamento di elementi. Un prestito di cose e forme.

Il Naturale è un principio che si manifesta nella tua ricerca attraverso il filtro dell’immaginazione e della “magia”, in altre parole possiamo dire che il razionale e il fisico si definiscono, nell’arte, attraverso il fantastico e la visione? Come si mantiene attiva e definibile la verità dell’essere?
In parte è un concetto di cui abbiamo appena discusso: cerco di arrivare attraverso il naturale direttamente alla vita. Per non eludere del tutto la tua domanda, semplificando brutalmente, si può dire che la natura abbia in se stessa un principio di mutamento, di causa effetto, di natura naturante. Si dice naturale ciò che rientra nell’ordine imprescindibile della natura e, invece, artificiale ciò che è prerogativa unica dell’uomo: tra questi due poli cerco di giocarmi la mia partita.

Renata Boero, Germinazioni. Caos ordinato, 2016, fiori di carta sotto perspex, carta Amatruda fatta a mano piegata e trattata a caldo con elementi naturali, 75×60 cm Courtesy l’artista

Come riesce a rinnovarsi, attraverso la dimensione alchemica e simbolica dell’opera, l’artificio del colore nell’esperienza della pittura di cui tu sei significativa e importante interprete?
Nell’immersione totalizzante dei materiali, lasciando che si riattivino fenomeni autonomi e fermandoli quando questi coincidono con il mio pensare la pittura. Non un passo in più, non un passo in meno.

Dagli interventi ambientali, ai Cromogrammi, dalle Forme d’Acqua alle Germinazioni, come si rinnovano le tue esperienze in lavori che, anche attraverso diversi decenni, si attivano con serie che restano sempre aperte?
Ogni lavoro per me è un frammento di un unico infinito lavoro che si alimenta nel suo farsi. La risposta, in fondo, è insita nei miei materiali, che non sono inerti, si trasformano continuamente e a volte inaspettatamente. Come nella vita.

Renata Boero, Cromogramma (Per una tela di 20 metri), 1976, installazione site-specific, elementi naturali su tela marina, 2000 cm, Cantieri Navali Baglietto, Varazze (SV)

Cosa vedi all’orizzonte della tua ricerca? Quali direzioni sta intraprendendo nelle opere più recenti?
Niente di precostituito. Sono pronta a sorprendermi ogni minuto e a guardare il mondo sempre con fresca e pulita curiosità.

Impegni per il prossimo futuro?
In aprile al Museo del Novecento di Milano, poi alla Galleria Gilda Lavia a Roma e al Museo Riso di Palermo.


Renata Boero. Kromo-Kronos
a cura di Anna Daneri e Iolanda Ratti

Museo del Novecento
Sala Archivi Ettore e Claudia Gian Ferrari
via Marconi 1, Milano

Info: C.Museo900@comune.milano.it
www.museodelnovecento.org

 

Renata Boero (1936, Genova), dopo gli studi umanistici compiuti tra Torino e la Svizzera, inizia ad esporre nel 1959 alla Quadriennale di Roma dove poi ritorna nel 1986 e nel 1999. Fin dalla fine degli anni Sessanta inizia la sua esplorazione sugli elementi naturali che poi traduce nelle sue celebri serie intitolate Cromogrammi e Germinazioni, ricerche tuttora aperte. I lavori vengono presentati per la prima volta nel 1970 da Jacques Lepage a Tolosa, poi alla Galleria Martano di Torino, all’ICC di Anversa, alla Biennale di San Paolo in Brasile, alla Biennale di Venezia nel 1982 (dove torna nel 1993, 2008 e nel 2009) e al Museo Nazionale di Storia della Bielorussia a Minsk. Prosegue un’intensa attività espositiva in spazi pubblici e privati, in Italia e all’estero, che ha affiancato all’impegno di insegnamento alla NABA e all’Accademia di Brera a Milano, a Bergamo con Mario Cresci. Vive e lavora tra Milano e Genova. Collabora con le gallerie Cardelli & Fontana e Open Art di Prato…

*Intervista tratta da Espoarte #104

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