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FRANCESCO ARENA, 5468 GIORNI | SKIRA
ROMA | Parco archeologico del Colosseo | Dal 25 giugno 2020

Intervista a FRANCESCO ARENA di Matteo Galbiati

Sono 5468 i giorni che definiscono l’arco temporale che si estende tra la prima e l’ultima opera realizzata da Francesco Arena (1978), ed essendo proprio il tempo una componente essenziale della sua ricerca, questa precisa temporalità non poteva che essere lo spunto per il titolo della grande monografia che ripercorre, attraverso 60 opere selezionate, i vent’anni della sua ricerca. In occasione della presentazione, post lockdown, di Anello, opera in permanenza per il Parco archeologico del Colosseo a Roma, abbiamo intervistato l’artista con cui abbiamo approfondito i contenuti dell’importante volume e dell’opera per il sito archeologico romano:

Francesco Arena. Foto Deniz Guzel

La monografia che è uscita alla fine dello scorso anno ha un titolo apparentemente “insolito”: 5468 giorni. Un numero non casuale, che riprende il tempo che separa la prima e l’ultima (rispetto a quando hai chiuso il volume) tua opera… Perché questo desiderio di considerare ogni singolo giorno?
Il lavoro si svolge quotidianamente, giorno per giorno, ha delle sue regole, tempi che tornano, abitudini/rituali che si ripetono ogni giorno. Nel libro le opere non sono presentate in ordine cronologico, ma per “richiami” tra opera e opera, solo la prima opera e l’ultima sono in ordine cronologico, la più “vecchia” e la più “giovane” ed entrambe hanno a che fare con un numero determinato di giorni, la prima, 3.24 mq, con il periodo del rapimento Moro essendo la riproduzione della cella dove fu tenuto prigioniero il politico democristiano e l’ultima Metro di zucchero (78 giorni) con le bustine di zucchero smezzate accumulate in 78 giorni sino a formare una linea lunga un metro.

Sono due decenni, quindi, che racchiudono, in 60 opere scelte, la tua ricerca, come riassumi il tuo pensiero alla luce dei contenuti del volume?
Lavorare al libro mi ha permesso di cogliere meglio le fughe in avanti e i ritorni indietro, il movimento circolare attorno ad alcune tematiche come quella del tempo e la sua diversa azione sulle cose e sulle persone, il ripetersi di alcune azioni tipiche della scultura che è fatta di mettere e togliere, di creare pieni e vuoti.

Francesco Arena, 5468 giorni, Skira (copertina del volume)

Come hai voluto comporlo e strutturarlo?
Ho chiesto a Vincenzo De Bellis di aiutarmi nella composizione del libro e Edoardo Bonaspetti ha rifinito il tutto affinché il libro avesse una bella tridimensionalità. Quando inizio a lavorare a una nuova opera scrivo, alla fine questa scrittura diventa una dida che spiega l’opera, è una cosa che ho sempre fatto e Vincenzo ha avuto l’idea di inserire questi statement scritti in prima persona per accompagnare la singola opera e raccontarla dal mio punto di vista. Volevo un libro che fosse bello con un buon apparato iconografico, ma che spiegasse bene il lavoro.

Le voci critiche che si alternano sono Ines Goldbach (con un’intervista), Vincenzo De Bellis e Jacopo Crivelli Visconti (con due testi critici): come hanno analizzato il tuo lavoro? Quale contributo hanno dato?
La conversazione con Ines cerca di toccare diversi aspetti del lavoro anche rispetto alla storia dell’arte recente, i testi di Vincenzo e di Jacopo sono pensati come due testi che potrebbero essere uno, tempo e spazio le due tematiche fondamentali del lavoro separate in due testi differenti, ma che in realtà sono vasi comunicanti.

Francesco Arena, Novantatremiliardi di albe, 2016, granito sardo, bronzo bianco, cemento, acciaio, 170x350x250 cm

Un dato rilevante che si desume è quello dei temi dell’uomo e del tempo e il loro relazionarsi reciproco in funzione e in rapporto allo spazio: come attraversa, questa macro tematica, il tuo lavoro e con quali diversi accenti e intonazioni?
Come dicevo lavorando al libro ho potuto rimettere in ordine un po’ di lavoro e capire meglio come queste tematiche scorrono in tutte le opere anche quando non sembra, quando penso ad una nuova opera non dico “ecco ora rifletto su come il tempo consuma la mia mente, ma non questa pietra” le sensazioni, le intuizioni si trasformano in azioni e materiali messi insieme e una volta che l’opera è terminata queste cose si perdono nell’opera stessa e spesso, riguardandone una di anni precedenti, la si ripensa completamente perché nel frattempo anche chi l’ha pensata e l’ha realizzata è cambiato.

Importanti sono anche i materiali che per te hanno storie e significati specifici, in che senso lo affermi e come lo traduci nelle tue opere?
La stessa frase scritta a matita su un muro ha un significato diverso se incisa su un blocco di pietra, la frase non cambia, non cambia il suo messaggio, ma cambia il messaggio della frase in quanto cosa che si vede e si tocca cambia, perché cambia il tempo e la forza utilizzata per scrivere la frase e cambia perché cambia il tempo e la forza che sarà necessaria per cancellare quella frase. Questo è quello che mi spinge a scegliere per un’opera un determinato materiale rispetto ad un altro, utilizzare un piedistallo di pietra per una scultura di bronzo è creare una gerarchia all’interno dell’opera che ha un suo significato fatto di secoli di storia dell’arte e utilizzo dei materiali.

Francesco Arena, Metro di zucchero (78 giorni), 2018, bronzo, bustine di zucchero, 5x104x5 cm

Come ti vedi all’interno del panorama artistico contemporaneo? A quali ambiti o contesti ti senti legato?
Spesso sento dire che la mia generazione è fatta di artisti che non hanno saputo fare gruppo, destinati all’irrilevanza internazionale, indifferenti al confronto reciproco. Non sono d’accordo, il confronto è spostato altrove rispetto al passato, spesso è un confronto più personale tra artista e artista e il gruppo è solo una semplificazione auspicata da chi vorrebbe semplificare il lavoro dell’artista che è sempre un lavoro individuale, per quanto riguarda il riconoscimento all’estero del proprio lavoro bisogna tener presente che il mondo ora è molto più grande rispetto agli Anni ’60, ora abbiamo la possibilità e la fortuna di vedere il lavoro di artisti che vivono in ogni parte del mondo, tutto è molto più complesso perché ci sono più opportunità per tutti, a questa complessità io mi sento legato.

Mi affascina una tua affermazione in cui asserisci che la tua opera è un tempo aperto, che acquisisce altre (infinite) vite…
L’opera cambia continuamente a seconda di chi la guarda e come la guarda, il mio stesso modo di guardare a una mia opera cambia continuamente, questo è il tempo aperto che riguarda ogni lavoro, che in quanto resistente rispetto all’artista, ha questa possibilità di cambiamento.

Francesco Arena, Anello, 2019 (dettaglio), bronzo, diametro di 410 cm x 20×50 cm, Parco archeologico del Colosseo, Roma

Parlando di attualità non posso non citare Anello che, opera site-specific promossa dal Parco Archeologico vincitrice della V edizione del bando Italian Council (concorso ideato dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero per i Beni e le Attività Culturali), hai da poco inaugurato alla Vigna Barberini del Palatino a Roma. Cosa ci dici di questo intervento? Come è nato e quali sono i suoi contenuti?
Tre anni fa Daniele Fortuna del Parco archeologico del Colosseo mi chiese se volessi pensare ad un’opera permanente per il Parco con la quale partecipare al bando di Italian Council, il primo sopralluogo fu virtuale utilizzando Google Maps e, guardando le varie zone del Parco, vidi questo prato con poche rovine e sul prato si distingueva una colonna caduta. Andai a vedere il sito e quel pezzo di colonna nel prato tutto sbocconcellato che lentamente stava tornando a essere quello che era inizialmente, un pezzo di pietra, mi fece venire in mente la frase che tempo prima avevo trovato leggendo Al faro di Virginia Woolf: THE VERY STONE ONE KICKS WITH ONE’S BOOT WILL OUTLAST SHAKESPEARE (la pietra che calci col tuo stivale durerà più di Shakespeare), la frase e la colonna andavano benissimo insieme, ho quindi realizzato un grande anello di bronzo che circonda la colonna e sulla faccia interna dell’anello è incisa la frase della scrittrice inglese, l’anello circonda la colonna trasformandola in un’altra cosa rispetto a quello che è stato sin ora, una quarta vita, prima pietra, poi manufatto fatto e scelto, poi rovina e scarto e adesso personaggio principale di un messaggio in un prato dove ogni anno passano milioni di persone.

Dopo l’impegno con il volume e per la grande scultura romana, quali sono i tuoi prossimi impegni? Ci sveli quali saranno i tuoi progetti per l’immediato futuro?
Il Covid-19 ha cancellato mostre e impegni che si recupereranno più avanti, nulla rispetto all’irrecuperabile; sono stato felice di presentare Anello a inizio giugno perché è un inizio; a settembre c’è una mostra legata a Manifesta a Marsiglia e a Barcellona all’Istituto Italiano di Cultura presentiamo il film, realizzato da Domenico Palma per raccontare la realizzazione di Anello; poi a ottobre una personale, ma ne parliamo più avanti.

Titolo: Francesco Arena, 5468 giorni

A cura di: Vincenzo De Bellis

Anno: 2019

Pagine: 272

Prezzo: Euro 60.00

ISBN: 978885724105

Editore: Skira

e

Anello di Francesco Arena
progetto tra i vincitori della V Edizione del bando Italian Council (2019), programma a supporto della creatività italiana dedicato alla promozione dell’arte contemporanea italiana nel mondo
promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo
con il partenariato culturale dell’Istituto Italiano di Cultura di Barcellona per la promozione internazionale.

Dal 25 giugno patrimonio artistico del Parco archeologico del Colosseo a Roma

Info: www.francescoarena.com

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