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PISOGNE (BS) | Mirad’Or | Dal 24 aprile 2021

Intervista a MASSIMO MININI e MAURO PIANTELLI di Ilaria Bignotti

Ad arrivarci in treno, come ho fatto io, da Brescia, il Mirad’Or ti accoglie mescolandosi alla luce e all’acqua: una palafitta contemporanea, esile e bianca, che sembra sia sempre stata lì, puntellata, aperta, protesa verso il lago. Non ci vuole una grande e maestosa architettura per fare una magia: il Mirad’Or ne è la dimostrazione. Ti vien voglia di guardarlo e di rimanere sul lungolago anche un bel po’ per cogliere ogni riflesso di luce. Poi quando in questo piccolo scrigno sai che sono esposti i lavori cromatici di Daniel Buren, il desiderio di rimanere a osservare aumenta ancor di più: le tele creano giochi di colore e velature meravigliosi da ogni prospettiva, e continuano ad affascinare anche al tramonto e di notte, quando si illuminano.
Mi piace pensare, anche, che in un altro punto del lago, a Iseo precisamente, ci siano i lavori di Antonio Scaccabarozzi: opere anch’esse, diversamente, fatte di luce e aria, di colore e stratificazioni plastiche (leggi l’intervista di Matteo Galbiati sulla mostra in corso alla Fondazione l’Arsenale). L’artista italiano stimava il lavoro dell’artista francese: ora i due si parlano, guardandosi attraverso le loro opere, complice il lago.
Da questo “padiglione con vista” vi consegnamo il dialogo nato con Mauro Piantelli, che ha diretto il progetto architettonico di Mirad’Or e Massimo Minini, direttore artistico…

Daniel Buren al Mirad’Or. Foto: ©Michele Nastasi

Mirad’Or si innesta nel Lago di Iseo, seguendone la conformazione, creatura che pare progettata dall’acqua e dalla luce. Ci vuole raccontare come si è sviluppato il progetto, dalla sua ideazione alla sua messa in opera?
Mauro Piantelli:
 Mirad’Or è un progetto complesso, nel senso che il processo per la sua realizzazione è stato molto lungo e in qualche modo anche difficile. È un progetto di cui non esiste “letteratura”, non è facilmente inquadrabile in una tipologia. L’idea originaria era di poter realizzare un piccolo spazio espositivo nello spazio urbano, nella piazza principale di Pisogne. Un’idea certamente brillante e di per sé affascinante, soprattutto se riferita ad una cittadina di piccole dimensioni qual è Pisogne. I miei dubbi su questo programma erano dettati dalla consapevolezza che uno spazio così concepito avrebbe rischiato di rimanere chiuso per gran parte dell’anno: non è una questione di dimensione dello spazio, è più una questione di programma funzionale rigido, mono-orientato. È un problema diffuso anche per tutti quei musei o spazi per l’arte che non hanno grandi collezioni permanenti, così pure per quelli che per contro non hanno una grande programmazione per le mostre temporanee, quindi a maggior ragione lo sarebbe stato per un piccolo spazio come questo. Dopo vari sopralluoghi ho proposto di cambiare strategia e realizzare “sull’acqua” questo belvedere pubblico disponibile per allestimenti e mostre di arte contemporanea. Non è facile definire esattamente cosa sia il Mirad’Or: un’estensione del lungolago, un padiglione espositivo, un belvedere, la stratificazione dell’antico lavatoio… Di fatto è tutte queste cose assieme, un’architettura, pubblica, che ci permette di portare uno sguardo contemporaneo (l’arte) dentro l’esperienza quotidiana dello spazio collettivo. Mai come in questo periodo così difficile e complicato abbiamo riconsiderato l’importanza dello spazio pubblico nelle nostre città, cioè quello spazio utilizzabile in modalità completamente diverse, a volte addirittura conflittuali: una piazza può essere un palco, uno spazio monumentale, una scenografia urbana, un luogo per fare sport o uno spazio di protesta. Trovo personalmente encomiabile che una piccola città come Pisogne abbia avuto il coraggio di realizzare questo edificio così unico. Anni fa progettammo (De8_Architetti) il 31°piano del grattacielo Pirelli: la cosa per me più sorprendente era l’idea di Giò Ponti di concepire il Belvedere come una sorta di ricompensa alla città dello spazio pubblico sottratto dall’edificio. Anche il Mirad’Or è un Belvedere quando non ci sono mostre allestite, e una nuova offerta di spazio pubblico, consegnato alla collettività. Nel nostro intento il Mirad’Or è principalmente un luogo per INDUGIARE. È uno spazio per ritrovare un tempo per guardare: un’installazione, un’opera d’arte, lo stesso paesaggio che il Mirad’Or inquadra e quindi definisce.

Daniel Buren al Mirad’Or. Foto: ©Michele Nastasi

Quali sono le relazioni tra il progetto architettonico, l’ambiente naturale e il progetto artistico?Mauro Piantelli: Mi ha sempre affascinato la luce di questo lago, una luce argentea dilatata dall’acqua. La transizione tra cielo e lago è sempre molto sottile, in dissolvenza. L’edificio è realizzato con una struttura in legno, Xlam, con una “pelle” in vetro extrachiaro retrolaccato bianco, un “dispositivo” necessario affinché questa sorta di nuvola bianca possa stare lì, tra il cielo e il lago. Il Mirad’Or ha un “dentro” e un “fuori”, molto diversi ma inscindibili tra loro. Questa “nuvola” bianca che sembra appoggiata sull’acqua, riproponendo i profili delle montagne di sfondo, dall’interno suggerisce un paesaggio possibile, lo inquadra, senza mai ostacolare la vista dal lungolago.
Le installazioni che si succederanno saranno sempre chiamate a questo continuo dialogo tra lo spazio pubblico e il paesaggio, tra la dimensione intima e lo sguardo aperto: in questo senso il Mirad’Or è anche un “contenente” che verrà modificato dal suo contenuto, dalle opere che verranno installate e dai visitatori che vi accederanno.
Questa prima mostra di Daniel Buren testimonia esattamente questo processo: l’architettura è stata subito trasformata dalle opere installate, trovando un nuovo dialogo con la luce e il paesaggio. Anche se le installazioni sono eventi temporanei, in qualche modo progetti quasi effimeri, alcune rimangono nella storia del luogo: questa esposizione di Buren ha svelato un nuovo modo di percepire questo spazio ed io credo che di questo sguardo rimarrà traccia.

Massimo, hai un Padiglione che dà nell’acqua, un luogo insolito e impattante dove progettare mostre… Quanto influisce questa tipologia di spazio sulle tue scelte curatoriali?
Massimo Minini:
L’acqua è uno dei tre elementi fondamentali per gli antichi. Ti entra dentro e noi siamo fatti d’acqua per una grande percentuale. Insomma, pare un destino cui non puoi sottrarti. Comunque non faccio il poeta, sono uno pratico: questa “tipologia di spazio” non influisce granché sulle scelte curatoriali. Credo sia al caso che alla necessità. Un po’ come dicono gli inglesi: “ART IS 20% INSPIRATION AND 80% PERSPIRATION”.
Ciò detto è possibile che un giorno io chiami dieci amici per parlare del futuro di Mirad’Or e che il contesto abbia anche una influenza sulle scelte future. Non lo escludo.

Daniel Buren al Mirad’Or. Foto: ©Michele Nastasi

Le tele di Buren dialogano magistralmente con l’esterno, per esempio, quella bianca e blu sembra che giochi con la briccola dei medesimi colori piantata nel lago…. Cosa ti immagini per le prossime installazioni?
Massimo Minini:
Il caso dicevo, sì il caso è importante. Vedi tu dici che le tele di Buren dialogano magistralmente. Va bene, ci sta. Ma io non le ho scelte in quest’ottica. Tutte riflessioni che vengono dopo, ex post. Sapessi come ho “scelto” le tele… Mi chiamano da Pisogne un giorno, mi dicono il Mirad’Or è finito (mica vero, ci hanno lavorato ancora per lungo tempo seguendo mie richieste e dettagli). Però bisogna decidere subito la mostra, l’artista. Ci penso otto minuti. Mi viene un’idea: DANIEL BUREN. Tra poco finisce la sua mostra a Bergamo e chiedo a lui, chiamo, mi dice troppo tardi. Mostra finita, smontata, è già in partenza. Peccato, mi piaceva il progetto. Mi precipito, chiamo, è vero la mostra è smontata, anzi è già sul camion. Peccato! Ma…
Un momento, l’autista scalpita, un attimo, chiamo il titolare. Affare fatto. Dò ordine di scaricare quattro casse! Che colori sono? Mah, non so. Lei mi dia le prime quattro in cima alla pila.
Poi risulterà che abbiamo indovinato. Una va bene per l’acqua, una per il tramonto, una per l’alba… Un trionfo.
Quando si dice il caso (e la fortuna naturalmente).

Con il Lago di Iseo hai un rapporto che prosegue nel tempo, ricordo ancora una tua bellissima mostra all’Accademia Tadini di Lovere, Quattro collezionisti a confronto. Ci parli di questo tuo legame con il lago?
Massimo Minini
: Sistemata la prima parte interviene l’Associazione BelleArti, il braccio armato del terrorismo culturale, e mette a punto le strategie, la promozione con Adicorbetta, tutti i dettagli, la stampa, etc. Il rapporto con il lago non c’entra ormai più, fa parte del passato, fa da sostrato. Per il futuro del programma, BelleArti organizzerà un incontro, un brain storming per ricavare idee nuove che riescano a rafforzare l’immagine del lago e dei suoi paesi come un momento alto di cultura e non solo vernacolare. Niente di personale col dialetto, che adoro parlare, ma ogni tanto serve una citazione in inglese o francese…

 

Mirad’Or è un progetto del Comune di Pisogne (BS) in collaborazione con Associazione BelleArti.
Direzione artistica: Massimo Minini
Progetto architettonico: Mauro Piantelli
Grafica: Negrini+Varetto

Da un’idea di: Gigi Barcella
Main Sponsor: ISEO Serrature. Sponsor: Alto Lago s.r.l.

Con il patrocinio di VisitLakeIseo e di Consorzio DMO – Valle Camonica.

La mostra “Daniel Buren al Mirad’Or” rimarrà allestita fino al 30 settembre 2021

Le opere sono fruibili dall’esterno della struttura, di giorno e di notte, tramite le ampie vetrate. 

Info: www.comune.pisogne.bs.it/pages/home.asp

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