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BILBAO (SPAGNA) | Museo Guggenheim Bilbao | 14 febbraio – 21 giugno 2020

di MATTEO GALBIATI

L’auditorium del museo, affollato da un numeroso pubblico, eterogeneo e diverso per professioni, età, esperienze, ha accolto con un fragoroso applauso l’inizio della lectio magistralis con cui Olafur Eliasson (1967) ha introdotto En la vida real, la grande mostra che riassume, al Museo Guggenheim di Bilbao, trent’anni della sua ricerca, sperimentazione e impegno socialmente attivo. Inizialmente misurato nel dialogo, quasi timido nell’approccio, ben presto, però, il celeberrimo artista danese diventa istrionico, persuasivo nelle sue parole, efficace come un abile venditore, convincente nell’accompagnare i suoi uditori ad entrare nel merito del suo lavoro.

Olafur Eliasson, Moss wall, 1994, lichene delle renne, legno, filo di ferro, dimensioni variabili, vista dell’installazione, Museo Guggenheim Bilbao, 2020 Foto Erika Ede Courtesy l’artista; neugerriemschneider, Berlino; Tanya Bonakdar Gallery, New York-Los Angeles © 1994 Olafur Eliasson

Un monologo ricco e appassionato ci regala l’emozione di una narrazione diretta, la testimonianza puntuale del carattere a-specifico di un pensiero che converte la volontà estetica in principio forte per un cambiamento etico-sociale profondo. Eliasson si muove con disinvolta destrezza e non si ritrae nemmeno dalle rituali domande a chiusura della presentazione, interagendo sempre in modo non dogmatico e spontaneo all’interessamento dell’altro. Quest’incontro, che ha preceduto l’apertura della mostra alla stampa e al pubblico, è stata importante e fondamentale occasione per aver guidato lo sguardo e sensibilizzato l’animo non tanto sulla circostanza della stessa esposizione, lo scopo non era una conoscenza preventiva dei suoi contenuti e nemmeno un tour virtuale anticipato, ma proprio l’espressione della volontà vera dell’artista di concentrarsi e concedere un tempo esclusivo, libero e non predisposto secondo un copione, alla conoscenza diretta, all’incontro-dialogo nel suo significato più amplio e corale. Del resto questo “pubblico incontrarsi” è l’elemento fondante all’essenza partecipativa dell’espressività con cui Eliasson pensa e crea le sue opere. Ciascuna di esse è concepita per attraversare il luogo della sua proposta, per accrescere e diffondere il motivo che ne ha dato origine; è un dispositivo di compartecipazione, di interazione che ri-definisce e riscrive il valore, l’idea e il principio stesso di arte su scala ambientale. Per Eliasson ciò che dà identità ad ogni suo lavoro è la preoccupazione del destino della natura davanti allo sfruttamento, all’inquinamento e ai prepotenti cambiamenti climatici, della devastazione inflitta all’ambiente, della consapevolezza del nostro stare al mondo come comunità di individui, sulle disparità che ci dividono e che devono essere appianate, della riduzione della forbice di separazione tra i diversi “mondi” quando il pianeta è uno solo per tutti, della possibilità di coinvolgimento di una vera comunità globale toccata nel nervo scoperto dei suoi temi critici comuni.

Olafur Eliasson, Waterfall, 2019, ponteggio, acqua, legno, pannello di plastica, alluminio, pompa, manicotto, 11×12 m di diametro, vista dell’installazione, Museo Guggenheim Bilbao, 2020 Foto Erika Ede
Courtesy l’artista; neugerriemschneider, Berlino; Tanya Bonakdar Gallery, New York-Los Angeles © 2019 Olafur Eliasson

Questa premessa è veramente fondamentale per capire davvero l’universo del pensiero di questo protagonista assoluto della contemporaneità, celebre e amato anche ben aldilà del circolino ristretto degli art addicted più snob del nostro tempo; quella di Eliasson, infatti, non è un’arte che si parla addosso, ma vuole davvero essere un momento di svolta, di cognizione cosciente sull’oggi e su noi che lo agiamo, e il progetto offerto e definito dal Guggenheim Bilbao diventa, in questa misura, proposito programmatico.
La mostra, che si è avvalsa della preziosa collaborazione e condivisione organizzativa con la londinese Tate Modern, come si diceva, è ben oltre l’omaggio istituzionale ad un artista icona della contemporaneità, non è il tributo alla star, ma è un viaggio ideale nella sua testimoniata esperienza che dal 1990 arriva all’oggi, allestendo, in un libero percorso fluido, una trentina di opere che, fin dall’esterno dell’edificio, capolavoro e icona architettonica di Frank Gehry, sollecitano i sensi e l’animo del visitatore. Sculture, fotografie, installazioni, dipinti, progetti portano proprio chi visita ad essere non tanto il destinatario passivo di una sorda osservazione, ma il vero protagonista di quanto accade dentro (ma soprattuto fuori) dal museo. Ecco perché ogni sua opera è dispositivo: l’artista lo dice chiaramente quando afferma che vuole che il viaggio nel museo, nello spazio espositivo, non sia per il pubblico un’occasione di evasione dalla realtà e dalla verità del nostro tempo, anzi, al contrario, le azioni da lui attivate vogliono (e devono) riconvertire questa prospettiva in un vero e nuovo incontro con la vita reale.
Water fall, Your uncertain shadow (colour), Wavemachines, Moss wall, Room for one colour, The glacier series o Beauty, sono alcune delle opere che portano, nelle sale del museo basco, la natura a ridefinire la sua essenza, a ristabilire le sue possibilità e le sue potenzialità grazie all’interpretazione esclusiva con cui, pur con un minimo accenno, si offrono all’intensità della percezione di ciascuno: noi siamo, allora, ascoltati da Eliasson e dalle sue opere, noi e non lui/loro siamo gli interlocutori che possono procedere ad un altro dibattito e intervenire con un altro metodo sul mondo vero. La volontà partecipativa di Eliasson non aspetta di attivarsi nell’opera finita, già il suo celebre studio-laboratorio è un luogo di estensione del pensiero e delle competenze dove, a stretto gomito, lavorano professionisti di campi ed estrazioni assai diversi come ingegneri, architetti, critici, letterati, cuochi, scienziati. Tutti sono co-protagonisti di un lavoro di cui Eliasson è regista e coordinatore capace di guardare e accogliere le competenze disparate come miglior alimento per l’efficacia dei suoi intenti.

Olafur Eliasson, Room for one color, 1997, lampade monofrequenza, dimensioni variabili, vista dell’installazione, Museo Guggenheim Bilbao, 2020 Foto Erika Ede Courtesy l’artista; neugerriemschneider, Berlino; Tanya Bonakdar Gallery, New York-Los Angeles © 2019 Olafur Eliasson

Tutto ha scaturisce in laboratorio che è l’interpretazione contemporanea della ricchezza ecumenica di una prolifica bottega rinascimentale e del suo spirito. Dialogo e verità, pensiero e sensibilità, coralità e ascolto sono la dizione scandita e ribadita in ogni opera che vengono affrontate in mostra come vero e proprio motivo di esperienza. È un’esperienza che vive realmente tanto nel fragore di una cascata che scorre senza tempo, quanto nel tempo che si perde silenzioso ed inesorabile nello sciogliersi di un ghiacciaio islandese; è vita che che si acceca in una stanza riverberata di luce gialla, come è sguardo che si fa vigile in una nebbia colorata dove ogni profilo sfumato diventa presenza.
Eliasson sa sollecitare la nostra potenziale suscettibilità, spesso sopita e spenta, rivolgendosi a noi non come fruitori di un’opera d’arte, ma come intelligenze resilienti: questa nostra prerogativa reattiva ci rende, quindi, depositari/destinatari del dono della fiducia con cui l’artista si rivolge a noi confidando che il processo artistico possa compiersi oltre il suo abituale confine estetico, per esaudirsi esercitando la sua influenza sul mondo. Quell’influenza sul mondo che l’artista pretende e rivendica all’arte oltre le gallerie, oltre le collezioni e oltre lo stesso museo, per quel suo dover essere viva non dentro, ma fuori. Per essere lì dove la vita reale accade veramente che è dove noi la portiamo.
Solo in questo modo quel cambiamento che si origina nell’arte può innescarsi, compiersi e attuarsi in tutta la sua forza decisiva e vincente. Dipende solo da noi.

Olafur Eliasson. En la vida real
commissari Mark Godfrey, senior curator international art Tate Modern; Lucía Aguirre, curatrice Museo Guggenheim Bilbao
con il patrocinio di Iberdrola
esposizione organizzata dalla Tate Modern in collaborazione con Museo Guggenheim Bilbao

14 febbraio – 21 giugno 2020

Il Museo Guggenheim Bilbao, seguendo le raccomandazioni dell’autorità sanitaria e le indicazioni del governo basco e del consiglio provinciale di Bizkaia, chiuderà temporaneamente al pubblico dal 14 marzo fino a nuovo avviso, per contribuire a contenere la diffusione da COVID-19.

Museo Guggenheim Bilbao
Avenida Abandoibarra 2, Bilbao (Spagna)

Orari: da martedì a domenica 10.00-20.00; lunedì chiuso eccetto il 6 e il 13 aprile e il 15 giugno
Ingresso adulti €15.00 (online €13.00); studenti, pensionati e over 65 anni €7.50 (online €6.50); gruppi di 20 persone €14.00 (online €12.00); gratuito amici del Museo e under 18 anni; tariffe in funzione delle esposizioni

Info: +34 944 359000; +34 944 359080
informacion@guggenheim-bilbao.eus
www.guggenheim-bilbao.eus

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