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REGGIO EMILIA | Galleria Bonioni Arte | 6 ottobre – 11 novembre 2012

Intervista a MARCO FERRI di Francesca Di Giorgio

Sono molti e diversissimi tra loro gli aspetti che nell’opera di Marco Ferri meriterebbero di essere approfonditi. Dalla sua formazione, che rivela nella scultura un mezzo eccellente per andare oltre la superficie, all’uso del colore a cui vengono affidati “i toni” del “discorso”, dall’impiego della carta come “elemento da costruzione” all’introduzione consapevole e, non meno importante, del gioco di parole: stiamo pur sempre parlando di linguaggio. Tutti considerati, non disgiunti l’uno dall’altro, da leggere interconnessi, stratificati e aperti a più livelli di lettura… Perché la parola è duttile come la materia.

La parola “verso” – unità metrica di base per la poesia, direzione e modo in cui si guarda, si agisce… – è anche una “conquista”/acquisizione di senso che – il titolo della mostra in parte lo dichiara – genera nuovi punti di vista…
Come spesso succede nella semantica delle parole, la lettura si fa su più livelli. La parola “verso”, per me, riassume su di sé le sue ambiguità, assumendo un valore di apertura. Si può usare ad esempio “per certi versi” come un modo di dire, quasi ad aggiustare una frase o prendere tempo, “per-versi certi” assumendo un’altra direzione, “ambigua”, “in-certi versi”, traballante… in fondo si può plasmare come fosse argilla. Il “verso” poi è proprietà dei poeti e loro sono grandi ceramisti! Ho iniziato, infatti, questa ricerca attraVerso l’argilla, quando ho vinto un concorso di scultura, usando le lettere di una poesia di Vincenzo Cardarelli per formare la chioma di un albero… Ma questa è un’altra storia!

In un lavoro in cui le componenti geometriche sembrano costruite su una rete predeterminata a quale livello interviene l’imprevedibile?
Di prestabilito non c’è niente, inizio sempre dai materiali che trovo o ritrovo nel mio studio e spesso non ho idea di quello che succederà dopo, in fondo il bello è proprio questo: si può giocare montando e smontando come fanno i bambini ed a volte sorprendersi del risultato! È difficile che inizi un lavoro da una “tela bianca”. La struttura e l’idea si vanno formando mentre lavoro, lo sforzo più grosso, in fondo, credo sia il riconoscermi in esso e scoprire di aver cercato di dare una risposta ad una domanda che non mi sono fatto.

Dalla parola “volatile” alla materia “tattile”. Come leggi questo rapporto?
Ho sempre provato una certa ammirazione per chi ha il dono della parola, come i poeti, loro spesso riescono a sorprendermi! Quando lavoro mi piace tentare di far coincidere la parola, la forma poetica e la materia, che in quel momento sto usando o voglio usare, indagando sulle tante possibilità che si aprono, cercando di mantenere l’ambiguità nel risultato. La cosa a volte si rivela difficile, ma sempre divertente. Quando ho iniziato questo lavoro credevo che il significato letterario delle parole potesse disturbare l’opera, offrendo allo spettatore un solo livello di lettura o magari essere frainteso. Poi, ho capito che proprio questo essere frainteso poteva essere un mezzo in più per accrescere la sua poesia.

Le tue opere si potrebbero considerare degli iper-testi?
Questa potrebbe essere una delle interpretazioni. È interessante che nell’ipertesto la lettura possa avvenire in una maniera non lineare, mantenendo la libertà di ognuno ad usare la propria chiave di lettura ma, in nome di questa libertà, credo sia meglio lasciare spazio alle infinite possibilità. Un mio amico compositore quando viene a trovarmi dice che i miei lavori sono molto densi, stratificati, come alcuni pezzi di musica, ovviamente la cosa mi fa piacere e credo che ad un certo punto i linguaggi comincino ad intrecciarsi come in fondo le interpretazioni.

Per comodità di lettura si usano spesso termini molto ampi nel definire una ricerca. Nel tuo caso è intuitivo parlare di astrazione ma, forse, è debole (e riduttivo) parlarne partendo dal suo opposto (figurazione). Mi chiedo allora cos’è per te l’astrazione, quali Maestri hai incontrato sulla strada e se credi che fare arte astratta oggi sia “coraggioso”…
Vivo in un “paesotto”, Tarquinia, che vanta una storia millenaria, dove gli etruschi oltre che le ceramiche, hanno lasciato un’impronta importante della loro pittura nella famosa necropoli. Si potrebbe forse partire da lì per capire le influenze che hanno attraversato il mio percorso, ma credo che tra i maestri più importanti, insieme a Klee, ci sia Morandi, che con la sua pittura ha influenzato ed influenza molti artisti ancora oggi. Lui diceva: “Di nuovo al mondo non c’è nulla o pochissimo, l’importante è la posizione diversa e nuova in cui un artista si trova a considerare le cose della cosiddetta natura e le opere che lo hanno preceduto ed interessato”. Credo che, da questa considerazione, “per certi versi” si possa partire per infiniti viaggi.

MARCO FERRI. Per certi versi
a cura di Francesca Baboni e Stefano Taddei

Inaugurazione sabato 6 ottobre, ore 17.00
6 ottobre – 11 novembre 2012

Galleria Bonioni Arte
Corso Garibaldi 43,
Reggio Emilia

Orari: da martedì a domenica con orario 10.00-13.00 e 16.00-20.00, chiuso il lunedì. Ingresso gratuito
Info:
+39 0522 435765 – info@bonioniarte.it
www.bonioniarte.it

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