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Intervista a LUCA MARIA PATELLA di Jacopo Ricciardi*

L’originalità di Luca Maria Patella è che, pur occupandosi di molte discipline, e risultando in questo già un artista tra i più eclettici, la sua azione non è interdisciplinare.
L’artista agisce laddove le diverse discipline si intersecano, unendole in una dinamica che dissolve il preconcetto e libera un’essenza conoscitiva che apre le frontiere tra i campi d’indagine e tra le materie.
Quindi ogni opera attua questa dinamica ed assume fisicamente l’aspetto di ciò che sembra e, subito, di ciò che diventa, ossia un’altra disciplina, colta mentre perde la sua frontiera.
Prima al Liceo classico in Italia, poi, negli Stati Uniti, è, per influenza del padre, studente in un laboratorio di chimica strutturale elettronica, in seguito assistente di Linus Pauling, futuro doppio premio Nobel per la fisica-chimica. Luca Maria Patella lì lavora con le formule elettroniche: Pauling comprovava a livello fisico se quello che teorizzavano era vero. Qui comprende che le formule sono pura inventiva e che l’Arte poteva contenere, scienza, psicologia, politica, poesia, linguistica. Patella definisce la sua ricerca come molto complessa e per niente risolutiva, e afferma di essere uno scemo che sa un “pochettino”, uno scemo-intelligente, mentre gli altri spesso sono degli intelligenti-scemi.

Luca Maria Patella, Mysterium Coniunctionis, Barbican Centre, Londra, 1984. Dal catalogo: PATELLA ressemble à PATELLA [n.d.r. il secondo ‘Patella’ è capovolto], Edizioni Morra, 2007

Parlami del grande “Urano-Geo-Scopio” celeste-terrestre costruito da tuo padre.
L’Urano-Geo-Scopio è fatto da due grandi coppe cave, due metà di una sfera slittate l’una sopra l’altra, che hanno sulla superficie esterna la Terra e su quella interna il Cielo, e ancora più dentro si trova una piccola Terra tridimensionale nel suo cielo. Mio padre, girando il mondo, si accorse che i mappamondi venivano orientati con la stella polare in alto, mentre il Geo-Scopio viene orientato a nord o a sud e poi con la latitudine giusta, quella del luogo dove viene installato. All’equatore sarebbe orizzontale, e al polo orizzontale. E a quel punto c’è la situazione cosmica esatta. C’è il rapporto tra cielo e terra: Urano, Geo, Scopio.

Qual era per tuo padre lo scopo di questo lavoro?
L’università di Puerto Alegre possiede ancora oggi l’Urano-Geo-Scopio. Agli inizi degli anni Sessanta, all’inaugurazione in cui venne presentato, un pilota di jet, in un periodo in cui non c’erano ancora i computer – gli ufficiali di rotta per volare usavano delle tabelle – disse a mio padre: “Professore, finalmente capisco cosa faccio con le mie tabelle”. E questo accadde perché con esso si visualizza esattamente cielo e terra. Mio padre avrebbe voluto produrlo, ma, sai, lui non era uno pratico. Lo ha realizzato sia in grande formato per tutti gli studenti, che in piccolo formato, da utilizzare stando alla finestra. Magellano quando andava nell’emisfero sud portava le carte con il sud in alto, non certo le nostre carte con in alto il nord. Lì il nord neanche si vede. In Argentina hanno ancora i globi celesti e terrestri orientati con il nord in alto!

Il grande “Urano-Geo-Scopio” celeste-terrestre di Luigi Patella (l’autore lo sta orientando a 30o Lat. Sud), Università di Porto Alegre, Brasile, 1950-60. Dal catalogo: PATELLA ressemble à PATELLA [n.d.r. il secondo ‘Patella’ è capovolto], Edizioni Morra, 2007

Da questo lavoro di tuo padre si passa a un tuo lavoro Mysterium Coniunctionis del 1984. Me ne parli?
A parete ci sono due cartografie planari di mio padre in cui al centro ho inserito me stesso e Rosa [la moglie di Patella, ndr]. Dentro due cupole stellari ho messo delle cartografie del Coronelli, fatte nel 1700, più precisamente nel passaggio tra Seicento e Settecento. Sono state realizzate per il Re Sole e portate a Versailles. Trovai queste cartografie al Louvre. Le ho fatte stampare e le ho messe sulla superficie interna delle cupole. Il tutto fu un lavoro infernale, sono delle belle cartografie che equivalgono a quelle di mio padre. Da una parte il nord, dall’altra il sud. Tra le due ci sono due Vasi Fisiognomici, uno mio e uno di Rosa. Quindi si associano le coppe dei cieli con le teste, e poi le teste-coppe tornite sui profili mio e di Rosa. Allora il Mysterium Coniunctionis non è solo una questione cosmica ma anche una questione psicologica, perché la coniunctio di maschile e femminile equivale a inconscio-coscienza. Allora da qui scivolo in una mia cognizione personale che mio padre, da cosmografo, non frequentava. Egli si interessava molto al mio lavoro.

Parlami più nello specifico dei Vasi Fisiognomici.
Sono un’altra mia invenzione. Si dice “Sono figura/sfondo” ma questi vasi non sono mai stati realizzati, né tridimensionali né bidimensionali. Per esempio, nel Cinquecento i manieristi hanno cercato una stranezza di ordine naturalistico. Rubin e Wertheimer hanno portato il vaso fisiognomico come esempio di figura-sfondo, una figura che si percepisce su uno sfondo e viceversa, ma sempre come percezione visiva. Io, invece, l’ho dedicato alle persone.

Luca Maria Patella, dittico:
Vaso fisiognomico di Battista Sforza, (1982) 2017, marmo giallo di Siena tornito, cm 33,5x Ø 36
Vaso fisiognomico di Federico da Montefeltro, (1982) 2017, marmo verde Gressoney tornito, cm 34x Ø 36
Courtesy Galleria Milano – ph. Roberto Marossi

Per te sostituisce il ritratto?
Sì, è un ritratto fisiognomico perfetto, come un’impronta digitale, ossia non vedi la persona ma è di quella persona e di nessun altro. Tanto è vero che un collezionista mi ha detto “C’entro dentro col naso!”. Lo tiene in salotto, va lì, e lo mostra agli amici dicendo “Guardate, è il mio vaso! … è il mio naso, il mio vaso!”. Non è mai stato fatto nella Storia dell’Arte perché i manieristi cercavano un naturalismo, una similitudine tutto sommato naturalistica, mentre forse questo è un concetto più orientale: la presenza è nell’assenza.

Luca Maria Patella, Le vol entier de Vénus, 1989, dettaglio, due tabernacoli storici, lignei intagliati, decorati e dorati, che contengono le due metà di una statuetta anni ’30 della Venere di Botticelli sulla sua “patella” (la metà superiore.. è “volata” o è stata “rubata” !). Courtesy Galleria Milano – ph. Roberto Marossi

Questo lavoro mi fa pensare a Terra Animata dove troviamo la prima collaborazione tra te e Rosa. Me lo descrivi?
Qualcuno ha detto che Terra Animata è un lavoro memorabile e gli do ragione. Recentemente l’ho mandato a una mostra sulla Land Art prima della Land Art al MOCA di Los Angeles, hanno scritto “A key work in the History of Land Art before Land Art”. Dicevano: “Questo sarà anni Settanta, Ottanta” e invece no, è del 1965! È un lavoro che parte nel ’65 fino a Terra Animata, film/opera del ‘67 (che non è un documentario, così come realizzo libri/lavoro e non cataloghi). In questo fotogramma c’è Claudio Meldolesi che è un post quem preciso, che poi diventa presidente del Dams a Bologna, che qui ha diciotto anni, quindi Luca Patella non ha falsificato niente. Rosa in quell’altra immagine ha vent’anni. Sono personaggi umani indicativi che, mediante il corpo, o mediante delle fettucce tese, o di campi di colore che aggiungo, indicano la terra come dei personaggi che sbarcano sulla Terra e cominciano a delimitare qualcosa. Romolo cosa fece? Delimitò con l’aratro uno spazio e poi costruì Roma. Anche qui questi personaggi delimitano un campo arato dando vita a un primo segno per poter costruire qualcosa, un temenos, un recinto sacrale. Quest’anno il film è stato presentato a Shanghai, ed essendo un film muto, senza sonoro, lo hanno capito perfettamente e lo hanno richiesto per due altre città cinesi. È un lavoro proto-concettuale, proto-landartistico, proto-comportamentale…

Luca Maria Patella, Terra animata (misurazioni della terra), estate 1967
tela emulsionata, cm 120×190. Courtesy Galleria Milano – ph. Torquato Perissi

Proto-Arte Povera! Un’Arte Povera Ricca, complessa!
Vedi Rosa, lì, mentre giravo il film scattavo anche delle foto, come questa [in bianco e nero, ndr], portava una sottana specchiante che riflette l’ambiente. Allora, quando con la cinepresa mi avvicino mi si vede che filmo, si vede che riflette tutte le zolle, si integra nell’ambiente, la terra-materia, la materia/terra, mater, materia, terra, mater, conscio, inconscio; e Rosa lo riflette nella sottana. Quindi si integra nell’ambiente. La parte superiore del vestito è verdolina, squadrata, un po’ futurista. Pochi colori, ma sono colori psichici, rosso sentimento, blu pensiero, e così via…

*Intervista tratta da Espoarte #103

Luca Maria Patella nasce nel 1934 a Roma dove vive e lavora. È uno dei più stimati artisti di ricerca, si muove tra arte e scienza, utilizzando vari media artistici; attivo sin dalla metà degli anni ’60, ha compiuto studi artistici e scientifici. Attua rigorosi sconfinamenti, dalla trasformazione preconcettuale della camera fotografica, al “senza peso” della cinepresa, dall’ambiente multimediale ed interattivo, al “comportamento”, dal suono alla parola, all’installazione di grandi oggetti-scultura come “test proiettivi”, alla scrittura e al Libro. Opera anche in ambito letterario e critico. Né idealismo retorico, né naturalismo razionalizzante. L’ultima mostra personale alla Galleria Milano, dal titolo NON OSO / OSO NON essere, dal 30 novembre 2017 al 3 febbraio 2018.

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