MILANO | Galleria Milano | 29 settembre 2020 – 16 gennaio 2021
di MATTEO GALBIATI
Riunendo le due recensioni, che mettiamo in programmazione oggi, scritte da Matteo Galbiati e Alice Vangelisti, vogliamo omaggiare il talento e l’estrosa visionarietà di Enzo Mari, artista, designer, teorico e docente che con il suo lavoro e la sua ricerca ha saputo proiettare in avanti nel tempo il gusto e il pensiero di tutti noi. Il valore della sua testimonianza e delle sue creazioni ha toccato l’estetica e la quotidianità di generazioni attraversando indenne stili, epoche e tendenze e, vissuto in un ampio arco temporale, è destinato a perdurare a lungo nel futuro. L’essenza della sua attività è diventata modello ed esempio di indiscutibile valore nel definire una versatilità e una singolarità difficili da eguagliare e replicare, raggiungere e imitare. (n.d.r.)
Per uno strano gioco del destino la mostra che avrebbe dovuto celebrare la storia della Galleria Milano e di Enzo Mari (1932-2020) si è trasformata in un saluto al maestro che ci ha lasciato poche settimane fa. La sua scomparsa lascia un vuoto incolmabile, privandoci della presenza e della visione di uno spirito straordinario la cui acutezza e il cui spirito erano fuori dal tempo e dalle estetiche limitanti. Ecco così che Enzo Mari. Falce e martello. Tre dei modi con cui un artista può contribuire alla lotta di classe, riproposta dalla Galleria Milano in collaborazione stretta con l’Archivio Enzo Mari, non è più solamente un passo indietro nel tempo capace di attualizzare la vicenda della celebre galleria milanese, sempre attenta a recepire l’attualità delle ricerche che nel tempo ne hanno contraddistinto scelte e attività, ma rimane la preziosissima testimonianza dell’azione di una mente brillante che, in tempi difficili, aveva saputo condurre anche una ricerca e una riflessione di dichiarato valore sociale, in un’epoca in cui i simboli avevano una forte e potente connotazione ideologica per le masse.
Ritorniamo, quindi, per inquadrare il contesto, agli inizi degli anni Settanta, preludio di una stagione difficile e carica di quelle tensioni socio-politico-economiche che hanno segnato pesantemente la vita di quel periodo nel nostro paese, quando, nell’aprile del 1973, Carla Pellegrini apriva la sede attuale della galleria con questa personale dedicata a Mari, mostra che oggi è stata ricostruita con puntuale esattezza. Oggi come allora il visitatore ha la possibilità di confrontarsi con il valore definito da un simbolo che – la falce e il martello – ha subito un processo di inesorabile e inevitabile mutamento connesso al peso e al senso del suo significato nel corso del tempo. La posizione ideologicamente e politicamente schierata ha sfumato e allentato progressivamente la potenza comunicativa che aveva allora e che oggi, forse, non ha più in maniera così definita. Dopo cinquant’anni la ricerca condotta con coraggio da Mari (il cui lavoro aveva coinvolto la studentessa Giuliana Einaudi) trascrive uno sguardo capace di impegnarsi, senza filtri, su un soggetto la cui indagine, che implicava nel ‘73 risvolti di forte impatto sul pubblico, tanto da riscuotere un notevole successo che portò all’apertura della mostra un acceso dibattito cui intervenne lo stesso Mari.
Questo lavoro indica la sensibilità di un creativo che, nonostante avesse già affermato la propria fama, non mancava di far sentire il dovere del proprio impegno verso la società. Ora, quell’impegno, a posteriori, ristabilisce i principi di un talento e uno spirito davvero illuminati e attenti, caratteri per il quali Mari è universalmente riconosciuto.
Le lotte e le speranze di quella stagione si riflettevano anche dietro l’appropriazione di un simbolo che stabiliva i contorni e i confini di un’appartenenza, di principi e valori che muovevano le coscienze e la forza determinate da un impegno attivo. L’esercizio di ricerca proposto alla sua studentessa ha portato Mari a raccogliere una serie di testimonianze rispetto ad un’icona largamente diffusa e presente in forme e “consistenze” diverse che si sono tradotte nella mostra in due oggetti d’uso, nel simbolo progettato nel suo studio, nella grande scultura lignea, in bandiere in lana serigrafate in colori differenti, in una litografia con 168 simboli riprodotti frutto di un’attenta ricerca e una serigrafia in due colori.
Materiali eterogenei che si compenetrano e completano con un documento d’eccezione, il film Comitati politici – Testimonianze sulle lotte operaie in Italia nella primavera del ’71 che Mari realizzò con il Gruppo di Lavoro composto da alcuni studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Questo video, ritrovato dopo una lunga ricerca d’archivio e digitalizzato dall’Archivio Home Movies di Bologna, è lo stesso che fu proiettato nel 1973 dopo il dibattito avvenuto la sera dell’inaugurazione della mostra.
Cinquant’anni di storia trascorsa, con le sue trasformazioni e i suoi cambiamenti, con le conferme e le smentite che solo il tempo sa dare, e in mezzo cresta la costante visione e il lavoro di Mari che ci mostrano l’attenzione di un esempio impegnato che, ieri come oggi, senza interpretazioni affida a noi, che osserviamo, il peso e il segno del suo senso. L’appropriazione semantica condotta da Mari, con la forza della sua presa di posizione e la rivendicazione di un impegno partecipato, restituisce il valore ad un simbolo (ieri) divenuto icona (oggi) e per questo, oltre le apparenze e le contingenze, reso incrollabile nel suo valore quasi sacrale.
Enzo Mari. Falce e martello. Tre dei modi con cui un artista può contribuire alla lotta di classe
realizzata in collaborazione con Archivio Enzo Mari
riproduzione anastatica del catalogo del 1973 di Humboldt books a cura di Nicola Pellegrini con testi di Bianca Trevisan e Riccardo Venturi
29 settembre 2020 – 16 gennaio 2021
Galleria Milano
Via Manin 13 – Via Turati 14, Milano
Orari: da martedì a sabato 10.00-13.30 e 15.00-19.00
Nel rispetto del DPCM del 3 novembre 2020, Galleria Milano è temporaneamente chiusa al pubblico
Info: +39 02 29000352
info@galleriamilano.com
www.galleriamilano.com