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Avevamo incontrato Giorgio Maffei tra le pagine del numero #61 (ottobre-novembre 2009) approfondito un suo progetto in corso e la sua figura di fine collezionista e soprattutto promotore di quell’affascinante “oggetto d’arte” che è il libro d’artista, tenace ”prodotto” trasversale ad ogni epoca, intermedio a mezzi, mode e gusti. Mai abbandonato dagli artisti e terreno di continua sperimentazione.
Parliamo con Maffei oggi, impegnato insieme ad Angela Vettese e Paolo Consolandi in un nuovo progetto, Libri d’artista dalla collezione Consolandi 1919 – 2009, in corso fino al 23 maggio a Palazzo Reale di Milano. Oltre 130 libri di una raccolta poco conosciuta al grande pubblico scandiscono novant’anni di storia dalle avanguardie storiche fino ai nostri giorni. Veri e propri gioielli di famiglia acquisiti da Consolandi seguendo quell’istinto che fa del collezionista un abile rivelatore di bellezza.

Francesca Di Giorgio: Una coppia di curatori ben assortita: un esperto collezionista, curatore e mercante e un critico autorevole come Angela Vettese che conosce Paolo Consolandi da oltre trent’anni. Un incrocio di passione e conoscenza. Così nasce una mostra?
Giorgio Maffei: Aggiungerei naturalmente il protagonista, Consolandi, che è stato il motore vero di questa mostra. Ho ripetutamente affermato che il vero curatore è il collezionista insieme ai progetto che sta alla base del lavoro di acquisizione delle opere. Noi, Angela ed io, abbiamo fatto la cosa più utile cioè abbiamo cercato di non fare nulla. Ci siamo limitati ad assecondare e a dare organizzazione alla collezione.

Hai definito la collezione di Paolo Consolandi come «Un insieme di perle infilate con i criteri individuali della propria sensibilità o del proprio ricordo» detta così potrebbe sembrare la caratteristica classica di ogni buona collezione invece illumina un prezioso requisito che ordina una raccolta: la ricerca della bellezza.
 Chi è Paolo Consolandi?
Consolandi è un collezionista di opere d’arte, lo fa dagli anni Cinquanta. Ha attraversato tutte le stagioni e le poetiche dell’arte internazionale del secondo ‘900. Da Fontana, attraverso Manzoni, Warhol, i poveristi, i concettuali fino al contemporaneo che è oggi il vero approdo della sua raccolta.
Tutti questi passaggi testimoniano la sua ricerca dell’arte che, in ogni momento, è la punta più avanzata della contemporaneità. Il problema del collezionista è quello di essere capace di comprare Fontana negli anni ’50, Warhol nei ’60 e Cattelan nei ’90. Questa è la ricerca della bellezza, come tu dici, l’inseguimento dello spirito del proprio tempo, capirne il senso, aiutarne lo sviluppo.
Comprendere anche che il quadro e la scultura non sono i soli mezzi espressivi dell’artista. Significa saper cogliere l’importanza degli altri media, dalla performance al video fino al libro d’artista che incarna magnificamente il momento di maggior tensione teorica e di ricerca del lavoro d’arte.

Il libro d’artista è per sua natura svincolato dalla lettura in senso stretto e questo lo rende un’opera ibrida per costituzione. In una mostra non si ha spesso l’occasione di fare esperienza visiva e tattile delle opere esposte. A quale ordine o criterio vi siete ispirati per l’allestimento e qual’è la sua leggibilità?
Le mostre di libri sono sempre un’occasione perduta. L’impossibilità di fare quell’esperienza visiva e tattile a cui fai riferimento è un problema irrisolvibile. A poco servono i sussidi audiovisivi che anche in questa mostra sono presenti. Bisogna accettare gli stimoli che la mostra offre e provare poi a conoscere i libri visitando le collezioni nelle loro sedi naturali. Parlo delle collezioni private visto che  in quelle pubbliche i libri d’artista sono quasi del tutto assenti.
Queste opere sono così poco viste e conosciute che le scelte dei curatori, per l’allestimento, si sono orientate verso un percorso assai tradizionale. Avremmo voluto accostare arditamente libri di artisti diversi per poetiche ed epoche cercando quelle connessioni che rendono più intrigante la visita. Ma la necessità di far comprendere questo percorso novecentesco ad un vasto pubblico, non necessariamente specialistico, ha orientato una disposizione sostanzialmente cronologica con forti e comprensibili relazioni anche formali e concettuali tra le opere.

La collezione Consolandi «denuncia da subito spiccate caratteristiche e anomalie» ce ne suggerisci alcune?
I collezionisti, specie quelli di libri, sono spesso “noiosi e prevedibili” nelle loro raccolte.
 Si innamorano di un genere e tendono ad una impossibile completezza dell’argomento prescelto. Consolandi è in questo senso un’anomalia. Non gli importa di impostare un rigoroso percorso collezionistico con una precisa rappresentanza di tutti i passaggi della storia dell’arte del ‘900. Ha comprato quello che gli è piaciuto, con una completa libertà intellettuale. Naturalmente alcuni episodi e alcuni artisti sono poco rappresentati, quelli che meno lo interessano. Il filo conduttore è proprio la ricerca della bellezza, del “suo” concetto di bellezza, senza ansie di completezza e rigore.

Libri d’artista dalla collezione Consolandi 1919 – 2009 fin dal titolo ricorda che quello dei libri è un corpus fondamentale che nasce parallelo ad una più ampia collezione di opere d’arte più “classiche”. L’attenzione alla contemporaneità è però un filo conduttore univoco…
Si, come dicevo, la collezione di libri è una storia parallela (certamente non subordinata) che completa le opere “classiche”. L’arte contemporanea è la vera vocazione di Consolandi e la mostra lo dichiara senza paura. Non tutto il contemporaneo, le punte più avanzate ed eccitanti, talvolta gli artisti più radicali e difficili. Si impongono, anche per la potenza espressiva dei loro libri, Cattelan, Hirst, Fischli&Weiss con la loro lettura fotografica delle icone dell’oggi, Kentridge, Pettibon, Dzama, Mezzaqui con il disegno e il raffinato lavoro sul segno, Arienti, Bock, Agnes per una dimensione più scultorea dell’oggetto libro. Fino all’ultimo acquisto di Consolandi: il fantastico libro di Olafur Eliasson, comprato pochi giorni prima dell’inaugurazione della mostra, che rappresenta degnamente la fase più avanzata e sperimentale dell’arte di oggi.

Da collezionista c’è un’opera in particolare che ti piacerebbe entrasse a far parte della tua collezione?
Due libri vorrei, il più vecchio di Léger del 1919 e l’ultimo, appena citato, di Eliasson.
 Un abbraccio ideale che comprende l’intero ‘900.

La mostra in breve:
Libri d’artista dalla collezione Consolandi. 1919-2009
a cura di Giorgio Maffei e Angela Vettese
Palazzo Reale
Piazza Duomo 12, Milano
Info: www.comune.milano.it/palazzoreale
Fino al 23 maggio 2010

In alto da sinistra:
Fernand Léger
Stefano Arienti

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