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MILANO | Museo del Novecento | 6 aprile – 2 settembre 2018

Intervista a GIOSETTA FIORONI di Tommaso Evangelista*

Milano ospita per la prima volta una esposizione monografica dedicata all’artista romana Giosetta Fioroni. Viaggio sentimentale è il titolo della mostra a cura di Flavio Arensi ed Elettra Bottazzi che, fino al 2 settembre 2018, è in corso al Museo del Novecento. Figura di riferimento della cosiddetta Scuola di Piazza del Popolo a Roma insieme a Franco Angeli, Mario Schifano, Tano Festa, Giosetta Fioroni rappresenta un’eccezione nel panorama italiano. Fuori dal coro e dalle mode, l’artista ha sviluppato un linguaggio visivo forte e vitale, fatto di simboli e segni, mentre si è mossa sempre con estrema libertà espressiva tra personali emozioni di vita e stimoli artistici che le hanno permesso di maturare un linguaggio complesso e variamente strutturato intorno a nuclei poetici importanti i quali sembrano racchiudere buona parte delle correnti del secondo Novecento. Della copiosa ed eclettica produzione, in mostra sono state selezionate oltre 90 opere provenienti da musei e collezioni private: si va così dagli Argenti degli anni Sessanta e Settanta alla celebre Spia Ottica del 1968, sino alle ceramiche degli anni Novanta nate dalla collaborazione con la Bottega Gatti di Faenza, passando per il ciclo su carta Movimenti Remoti, dedicato al testo omonimo dello scrittore e suo compagno di vita Goffredo Parise (1929-1986). La selezione delle opere comprende anche la produzione più recente ispirata alla riflessione sul corpo e sull’identità, come i cicli Senex e Altra Ego realizzati con Marco Delogu. Pensando alla mostra e in generale alla sua ricerca artistica è nata questa intervista.

Giosetta Fioroni. Viaggio sentimentale, veduta della mostra, Museo del Novecento, Milano, 2018. Ph. Stefano Bonomelli

È sicuramente un momento significativo del suo percorso artistico. Quale è stato negli anni il suo rapporto, lei così legata al contesto romano, con la città meneghina e con i suoi artisti?
Ho sempre amato molto Milano e la sua scena artistica e letteraria. La mia primissima mostra personale l’ho fatta proprio qui alla galleria Montenapoleone nel 1957. Ho avuto molte mostre alla Galleria del Naviglio dei fratelli Cardazzo, che ricordo con tantissimo affetto. Sono davvero felice di poter esporre ora le mie opere, tutto il mio percorso artistico, al Museo del Novecento di Milano, nella piazza più importante d’Europa.

In un periodo in cui si rifletteva e si ricercava sulla politica, sul sociale e sulle forme della collettività, lei ha indagato la sua essenza nascosta, ovvero una personale relazione col mondo e con i suoi diversi contesti relazionali, e lo ha fatto con un linguaggio “pop” estremamente comunicativo e immediato quando non con vere e proprie performance (vedi la Spia Ottica del 1968). Come si concilia l’intimità e l’unicità delle proprie sensazioni con la riproducibilità e la semplificazione/sintesi della pop art con la sua perenne messa in scena?
La Spia Ottica era la ricostruzione della mia camera da letto, una visione del tutto intima e personale: una riflessione sulla quotidianità di una giornata trascorsa in casa, annoiandosi. Mi avvicinavo ad un argomento, il femminile e l’intimo, per renderlo osservabile e quindi leggibile a tutti. Ho voluto condividere la mia intimità con il pubblico così, ricorrendo ai media più diversi. Alberto Boatto ha giustamente scritto di me che «trasformo ogni evento, incidente, successo, amore, episodio della vita in un fatto estetico». Se penso all’inizio del mio lavoro mi accorgo molto presto che l’arte e la mia vita privata si sono fusi in un unico continuo intreccio…!
Goffredo Parise, mio compagno di vita e mente brillante, diceva questo: «Che cosa poteva fare il pittore italiano che si fosse proposta un’operazione simile a quella della Pop Art americana? O introdurre direttamente nella propria opera gli elementi di quella grande tradizione, oppure introdurvi in qualche modo i sentimenti, la nostalgia o l’eleganza che quella grande tradizione scomparsa aveva lasciato in lui».

Giosetta Fioroni. Viaggio sentimentale, veduta della mostra, Museo del Novecento, Milano, 2018. Ph. Stefano Bonomelli

Il suo stile, più volte accostato a Warhol, si differenzia per una più spiccata dimensione narrativa e una sensibilità anche coloristica, sottolineata per esempio dall’argento capace di trasfigurare e raggelare le emozioni e gli sguardi. Da dove nasce, in generale, questa dimensione cromatica maggiormente intima e meno formale?
Raccontai così ad Alberto Boatto negli anni Novanta: «Le mie immagini all’alluminio sono dipinte col pennello, con la simpatia artigianale che l’uso del pennello comporta. A differenza del distacco industriale di Warhol! Ho sempre stabilito un rapporto affettuoso col dipingere, l’argento stesso per me ha significati molto europei. L’argento è tonale, intendo tonale in senso morandiano. L’argento è memoria e sospensione di tempi differenti».
Ho sempre cercato di narrare qualcosa… Un movimento, un attimo, un sentimento…Attraverso le immagini di consumo, ma per elevare quest’ultime a qualcosa di più alto, estrapolarle dal mondo consumistico e farle rivivere di emozioni.

Percepire e immaginare, dare unità alle forme della memoria determina, come lei ha scritto, una “stratificazione emotiva” densa e pregnante. Cosa sono e come si articolano questi strati rappresentativi racchiusi in una tela?
La tela per me può essere ritenuta come il luogo-deputato delle emozioni e dei sentimenti. In verità qualunque supporto che scelgo di utilizzare diventa il luogo-deputato attraverso cui potermi esprimere.

Giosetta Fioroni. Viaggio sentimentale, veduta della mostra, Museo del Novecento, Milano, 2018. Ph. Stefano Bonomelli

Un certo schematismo e rigore, indice delle soluzioni formali degli anni Settanta, si unisce, nelle sue opere, ad un’idea aumentata di struttura e letteratura. Tale impulso narrativo viene ad essere ampliato anche dal ricorso all’idea di immagine filmica la quale, attraverso il montaggio, diviene movimento e stimolo. Qual è la sua idea di stimolo percettivo?
Lungo tutto il mio percorso artistico, davvero eclettico, i miei stimoli sono sempre stati la mia vita personale, i suoi episodi tristi e felici. Ma più di ogni altro per me il teatro e la letteratura sono gli agenti provocatori di immagini.

Le immagini della memoria e del racconto sono forme semplificate delle sensazioni, quindi stimoli deboli e riduzioni percettive, oppure sono figure di consumo del tempo attuale, fuggevoli e labili ma profondamente umane, troppo umane? Qual è la sua idea di immagine o meglio di didattica dell’immagine?
Le immagini che utilizzo variano molto. A volte potenti a livello estetico, a volte più delicate a livello formale. Chiedo all’osservatore di riflettere e ricordare. Non cerco di insegnare, piuttosto invito chi osserva a compiere un’analisi e ad intraprendere così un viaggio, perdendosi e lasciandosi trascinare da simboli, parole e immagini che possono permettere più letture. Un ciclo che assume un connotato particolare è quello dedicato al Fascismo e al Dopoguerra. Sono carte e tele eseguite alla fine degli anni ’60 con smalto alluminio o nero. L’aspetto della società in cui vivevo, nel suo complesso, appariva ricco di contraddizioni e di reale dolore. Questo clima produceva dentro di me, a livello figurativo, un sentimento di timore e vuoto. Le opere, in qualche modo, volevano essere illustrative e didattiche. Sono immagini prese sempre da riviste e fotografie dell’epoca che poi proiettavo, come per il ciclo degli argenti. Ma qui la scelta delle immagini è molto meno casuale. È un’analisi del sentimento di solitudine, di vuoto e di paura delle persone che hanno vissuto gli anni della guerra e del dopoguerra. Molti artisti in quegli anni indagarono gli emblemi politici, io mi avvicinai ma poi io e Goffredo andammo a vivere in Veneto. Là scegliemmo una via del tutto nostra, un controcampo intimo e privato: nascono i Sillabari e i miei cicli sulle favole. Sentimenti ed esseri fantastici…

Giosetta Fioroni. Viaggio sentimentale, veduta della mostra, Museo del Novecento, Milano, 2018. Ph. Stefano Bonomelli

* Intervista tratta da Espoarte #102

GIOSETTA FIORONI. Viaggio Sentimentale
mostra realizzata in collaborazione con la casa editrice Electa, a cura di Flavio Arensi ed Elettra Bottazzi

6 aprile – 2 settembre 2018

Museo del Novecento
Via Marconi 1, Milano

Info: c.museo900@comune.milano.it
www.museodelnovecento.org

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