Non sei registrato? Registrati.
LUCCA | PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI | FONDAZIONE BANCA DEL MONTE DI LUCCA | 9 APRILE – 13 GIUGNO 2021

intervista ad ALESSANDRO ROMANINI di Mattia Lapperier

Il 9 aprile scorso sono ripartite le attività proposte dal Palazzo delle Esposizioni di Lucca con la mostra antologica Frédéric Bruly Bouabré. Arte Alfabeto Universale dedicata all’artista ivoriano scomparso nel 2014. Curata da Alessandro Romanini, l’esposizione pone l’attenzione sull’importanza del dialogo fra i popoli e sulla possibilità di una coesione culturale fondata sul linguaggio universale dell’arte. Dalla sua apertura la mostra è stata fruibile virtualmente da parte del pubblico attraverso visite guidate online, virtual tour, pillole video e attività digitali. Dal 27 aprile i visitatori possono nuovamente accedere agli spazi del Palazzo delle Esposizioni su prenotazione. Ci parla della mostra Alessandro Romanini.

Frédéric Bruly Bouabré. Per gentile concessione della famiglia dell’Artista.

A partire dalla celebre mostra che ha portato alla luce per la prima volta l’arte africana contemporanea Magiciens de la terre, allestita nel 1989 al Centre George Pompidou di Parigi, Bouabré ha avviato un’intensa attività espositiva internazionale. Dal Guggenheim Museum di Bilbao alla Tate Modern di Londra; dal Portikus di Francoforte alla Biennale di Venezia; da Documenta a Kassel alla Biennale di San Paolo. Da dove ha origine la sua ricerca artistica? Quali sono stati i passaggi che hanno permesso a Bouabré di diventare un punto di riferimento per i giovani artisti emergenti africani?
Credo che la forza dell’attività artistica di Bouabré risieda nella sua coerenza e perseveranza e, soprattutto, nella sua radice “missionaria” che lo ha sempre accompagnato. Radice che lo ha portato a creare un registro espressivo, pittorico-grafico comprensibile a tutte le fasce di pubblico e in primis a quelle “autoctone” ivoriane e africane. Le sue tematiche, pur rappresentando graficamente situazioni proprie del contesto africano, riprendono in maniera istintiva, “junghiana”, gli archetipi propri del genere umano che compongono la memoria collettiva.
Il ritorno alla pittura e alla scultura, dopo un ventennio di dominio incontrastato dell’arte concettuale, sull’onda del Postmoderno, ha sicuramente ampliato lo spettro dell’attenzione critica ad artisti non-occidentali. La coerente e inesausta attività di ricerca creativa e di studio che lo ha spinto a lavorare ogni singolo giorno della sua vita, appuntando dettagliatamente sui suoi piccoli cartoncini pittorici le date, lo ha avvicinato a operazioni di time based art performative che rammentano artisti come On Kawara, ponendolo nel mirino della critica più attenta e ricettiva.
Sicuramente il combinato disposto del simbolico crollo del Muro di Berlino, dell’apparizione altrettanto simbolica, sempre nel 1989, del World Wide Web e della riproposta dei principi della Rivoluzione Francese, celebrata a Parigi in corrispondenza del Bicentenario che ha coinciso con l’apertura della celebre mostra Magiciens de la Terre al centre George Pompidou, ha completato il processo di apertura ad altre culture figurative extraeuropee.

Veduta della mostra Frédéric Bruly Bouabré. Arte Alfabeto Universale, Palazzo delle Esposizioni, Lucca, 2021

L’11 marzo 1948, in seguito a un’esperienza rivelatrice, Bouabré diventa ‘Cheik Nadro’, letteralmente ‘colui che non dimentica’. Da quel momento in poi dà inizio a una ricerca filosofica che coinvolge ogni campo della conoscenza. Come nasce la “Connaissance du monde”, l’opera che porterà avanti fino alla sua morte? Quali sono le motivazioni profonde che spingono l’artista a intraprendere tale operazione di catalogazione?
In primis la constatazione dello stato di arretratezza culturale in cui viveva il popolo ivoriano – e quello africano in generale – e soprattutto la constatazione della perdita delle radici storiche e culturali, condizione primaria per la creazione di un’identità comune, sono indubbiamente all’origine della “Connaissance du monde”.

Frédéric Bruly Bouabré, La Tour Eiffel de Paris construite par les hommes, dalla serie Le grandes ceuvres du genie humain, 2012, tecnica mista su cartoncino, 15×11 cm

Bouabré, subito dopo il secondo conflitto mondiale, ha lavorato in Senegal per 12 anni, respirando i principi che alimentarono la spinta all’indipendenza di 17 stati Africani nel 1960 e soprattutto quei principi legati all’africanismo, ispirati dalla figura del poeta e presidente del Senegal Léopold Sédar Senghor. La sua gente viveva quella che si può definire “L’avventura ambigua”, citando il titolo del romanzo di Cheikh Hamidou Kane, divisa fra cultura coloniale e ricordi delle proprie tradizioni. Situazione aggravata dall’attitudine a una trasmissione orale (la scrittura in Africa si diffuse con la colonizzazione di fine ‘800) e a una didattica scolastica improntata sulla lingua e sui metodi francesi, in Costa d’Avorio. Per questo la “missione” di Boaubré inizia dalla creazione di un sillabario, un alfabeto Bété (l’etnia ivoriana a cui appartiene l’artista) in forma di pittogramma, in grado di insegnare un linguaggio comune e una forma scritta, condizioni indispensabili per la creazione di un’identità condivisa e un dialogo internazionale fra i popoli, elementi base per una cultura della pace e della concordia universale.

In mostra sono esposti importanti documenti d’archivio e opere, testimonianza del legame elettivo fra Alighiero Boetti e Bouabré. Bouabré ha intrattenuto con Boetti un rapporto di amicizia e di scambio. Certamente si tratta di due artisti molto diversi per ragioni anagrafiche, geografiche e culturali. Cosa li ha uniti? Com’è nata la loro amicizia? In che modo la mostra ci restituisce la profondità del loro legame?
È nota la predilezione esclusiva di Boetti per la cultura orientale e la filosofia Zen e il suo disinteresse per l’arte africana, che pure aveva incontrato ripetutamente nei suoi soggiorni parigini. Entrambi gli artisti espongono alla famosa mostra Magiciens de la terre del 1989 a Parigi, senza incrociarsi. Si incontrano per la prima volta solo nel 1993 a Parigi e scatta immediatamente la scintilla che sancisce un’affinità elettiva – come testimoniano le opere e i documenti in mostra – sicuramente legata anche al comune approccio “culturale” alla realtà e alla sua traduzione in chiave simbolica. Si ripromettono di realizzare una mostra insieme e di fare visita ciascuno alla casa dell’altro. Boetti e la sua famiglia viaggiano fino a Zepreguhe, dove sono ospiti di Bouabré. In quell’occasione approfondiscono le radici del proprio pensiero e definiscono i parametri della mostra da realizzare a quattro mani. Bouabré non farà in tempo a ricambiare la visita a Roma da Boetti, che purtroppo scomparirà prematuramente nel 1994. Nello stesso anno si aprirà, al Dia Center for the Art di New York, la mostra Boetti – Bouabré World Envisioned.

Frédéric Bruly Bouabré, Ici, une mère momant avec son enfant, dalla serie La mère – nourricière l’amour de son enfant, 2010, tecnica mista su cartoncino, 19×15 cm

La mostra propone una nutrita mole di interessanti documenti autografi come testi poetici, saggi, lettere e curiosità, come il bozzetto realizzato per Swatch. È possibile considerare gli scritti di Boaubré come parte integrante della sua ricerca artistica?
Gli innumerevoli manoscritti di Bouabré, dedicati alla cultura, alla religione, all’arte, alla filosofia, alla tradizioni e costumi africani, rappresentano la colonna vertebrale di tutta l’opera artistica dell’artista ivoriano. Bouabré ha sempre considerato inscindibili le due componenti, soprattutto nell’ottica della finalità didattico-educativa, della ricerca e dello studio dell’espressione artistica. In particolare ha sempre attribuito loro una dignità “scientifico-culturale”, come testimoniano i rapporti intrattenuti con istituzioni culturali, di ricerca e universitarie, sin dall’inizio della sua attività.

Veduta della mostra Frédéric Bruly Bouabré. Arte Alfabeto Universale, Palazzo delle Esposizioni, Lucca, 2021

Accompagnerà la mostra un volume monografico sull’attività artistica di Bouabré. Può darci qualche anticipazione?
Nel contesto del finissage (la rassegna chiuderà il 13 giugno p.v.), verrà presentato il catalogo della mostra. La pubblicazione (a breve sarà rivelato l’editore) oltre a rendere conto di tutte le opere e dei preziosi documenti presenti in mostra, contiene testi e apparati biobibliografici, supportati da una considerevole mole di documenti visivi, che intendono contestualizzare la biografia e l’opera di Bouabré – il suo lavoro di ricerca, quello saggistico e quello artistico – nel contesto dell’evoluzione dell’arte africana, dal secondo dopoguerra fino ai giorni nostri.

Veduta della mostra Frédéric Bruly Bouabré. Arte Alfabeto Universale, Palazzo delle Esposizioni, Lucca, 2021

Frédéric Bruly Bouabré. Arte Alfabeto Universale
a cura di Alessandro Romanini

9 aprile – 13 giugno 2021

Palazzo delle Esposizioni | Fondazione Banca del Monte di Lucca
Piazza San Martino 7, Lucca

La mostra è organizzata dalla Fondazione Banca del Monte di Lucca e dalla Fondazione Lucca Sviluppo, con il patrocinio della Regione Toscana e dell’Ambasciata della Costa d’Avorio in Italia e la collaborazione della Fondazione Alighiero e Boetti.

Per informazioni e prenotazioni: +39 0583 464062
mostre@fondazionebmluccaeventi.it
www.fondazionebmluccaeventi.it

Condividi su...
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •