Non sei registrato? Registrati.
VENEZIA (GIARDINI E ARSENALE) | 59. ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE D’ARTE – LA BIENNALE DI VENEZIA | 23 APRILE – 27 NOVEMBRE 2022

Intervista ad EUGENIO VIOLA di Antonello Tolve*

Sotto la forma del colloquio amicale, del dialogo tra amici, Antonello Tolve invita Eugenio Viola, attuale curatore capo del Museo di Arte Moderna di Bogotà e curatore del Padiglione Italia alla 59. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, a riflettere su un itinerario curatoriale che pone metodologicamente al centro dell’attenzione l’arte e il suo forte apporto nel sociale.

Vorrei chiederti prima di tutto di raccontare ai nostri amici lettori la tua esperienza australiana. Al PICA – Perth Institute of Contemporary Arts hai organizzato e realizzato, come Senior Curator, esposizioni brillanti e hai indagato (approfondito) tutta una serie di realtà locali.
L’Australia è ancora oggi un luogo carico di contraddizioni e Perth, dove ho lavorato, è famosa per essere la città “più isolata al mondo”. In effetti è la più vicina al sud-est asiatico e all’Europa, dove arrivavano, in nave, gli emigranti. Al PICA ho cercato di enfatizzare questa vicinanza geografica e culturale col sud est asiatico, attraverso una serie di progetti: il primo, I don’t Wanna Be There When It Happens (2017), era una collettiva che includeva artisti indiani come Mithu Sen ed i Raqs Media Collective, e pachistani, come Abdullah M.I. Syed ed Adeela Suleman, organizzata in occasione dei 70 anni della partizione inglese che divise il subcontinente indiano in due entità create in base alla religione di appartenenza, l’India ed il Pakistan. E poi ancora le prime mostre istituzionali organizzate in Australia della coreana Kimsooja, dell’argentina Amalia Pica e di Cassils. Per rimanere al contesto australiano, le mostre di Khaled Sabsabi, artista appartenente alla diaspora libanese che nonostante la carriera internazionale, mai aveva avuto prima un’antologica nel suo paese d’adozione; e dell’australiano, di origine italiana, Marco Fusinato, che quest’anno rappresenta l’Australia alla Biennale di Venezia. Organizzai anche la mostra per celebrare i 50 anni del referendum del 1967, che aveva (finalmente) dato la cittadinanza agli aborigeni! Ho cercato di raccontare alcune di queste esperienze, nella mostra Australia. Storia dagli Antipodi da me curata al PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano, nel 2019, una sorta di diario visivo della mia esperienza “antipodale”, tesa ad invertire lo stereotipo che viene spesso associato all’Australia, come della happyland tutta sole, surf e canguri.

Gian Maria Tosatti_Roberto Cicutto, Dario Franceschini, Onofrio Cutaia, Eugenio Viola alla Presentazione Padiglione Italia Biennale Venezia. Ph. Monkeys Video Lab

Subito dopo è stata la volta di Bogotá dove da qualche tempo sei Chief Curator del MAMBO, Museo de Arte Moderno de Bogotá. Qui, in occasione del difficile periodo che ha paralizzato il mondo, hai concepito un progetto di estroflessione e di apertura del museo: De voz a voz.
Con il lockdown tutto si è fermato anche qui. La gente moriva di fame. E la fame genera rabbia, violenza. Durante la terza ondata della pandemia, eravamo nel pieno di una violenta agitazione sociale. La gente ha bisogno di normalità e, per questo, con quello che al tempo definii con la stampa un “atto di ottimismo radicale”, abbiamo riaperto il Mambo il prima possibile, al principio di settembre del 2020. E non abbiamo mai più richiuso.
Durante il periodo di chiusura, mi sono inventato il primo progetto artistico nazionale che ha reagito alla pandemia: De voz a voz, che in italiano potrebbe essere tradotto come “passaparola”; invitando artisti colombiani di generazioni differenti a proporre opere che avevano realizzato durante la pandemia, come un inserto pubblicabile e collezionabile sul quotidiano “El Tiempo”, l’equivalente dell’italiano Corriere della Sera. Pubblicati ogni sabato e la domenica, per un totale di 60 uscite, da maggio a dicembre. In un certo senso è stato anche un progetto sociale, che nel giro di qualche anno, dimostrerà come un’intera generazione di artisti si è confrontata con un evento così drammatico e solo apparentemente imprevedibile, oltre ad avere l’obiettivo di democratizzare l’opera d’arte, acquistando un multiplo a pochi centesimi, con l’obiettivo anche di raggiungere un pubblico che non necessariamente si identificava con gli users esperti che navigano in internet.

Il 21 dicembre 2016, in occasione della tua partenza dall’Italia organizzammo un dialogo per Artribune e ti dissi che quell’allora saluto sarebbe stato un arrivederci («Questo saluto, lo sappiamo, è – e senza nessuna ostilità, rammarico o polemica – anche un arrivederci a Napoli, all’Italia, all’Europa»). Oggi finalmente torni per curare il nostro Padiglione Italia alla prossima Biennale di Venezia. Quali le previsioni?
È per me un grande onore tornare in Italia per curare il Padiglione Italia, e ringrazio la DGCC per la fiducia accordata. Sono anche consapevole della responsabilità – storica – di presentare un progetto, per la prima volta nella storia della nostra partecipazione nazionale, con un unico artista. Si torna per vincere, si gioca per vincere. Speriamo con tutto il cuore – dopo i grandi successi che hanno interessato l’Italia e gli italiani negli ultimi mesi – di poter dare finalmente all’Italia un Leone d’Oro.

Dario Franceschini Ministro della Cultura e Onofrio Cutaia Direttore Generale Creatività Contemporanea e Commissario del Padiglione Italia, foto Monkeys Video Lab

Ci conosciamo da anni e ho sempre visto nella tua linea di ricerca una particolare attenzione per quell’arte scomoda, capace di suscitare domande, di aprirsi alle pressioni del presente e di affrontare anche con eleganza i grandi temi che emergono dalle nostre società. Mi chiedevo se anche questa volta il discorso sarà necessariamente scomodo o se invece punterà su una atmosfera onirica, assorbente, riflessiva.
Sarà un discorso introspettivo e per certi versi scomodo ma che propone una visione eclatante e propositiva sul presente. D’altronde, in questi tempi incerti, l’ottimismo è una necessità etica, quasi una obbligazione morale. 

Nella dichiarazione che ha rilasciato il nostro Ministro Franceschini leggiamo che il tuo progetto è risultato vincente perché pone al centro dell’attenzione «una riflessione sulle urgenze dell’Italia di oggi, suggerendo chiavi di lettura e soprattutto di risoluzione e riscatto alla situazione attuale attraverso la creazione di un percorso».
Il progetto prende spunto dalla parabola italiana dell’ascesa e caduta di quello che un tempo in termini entusiastici veniva definito il “miracolo” italiano. L’ascesa e caduta del sogno industriale del belpaese. La storia di un Paese che ha vissuto una straordinaria crescita economica purtroppo indifferente alle esigenze del territorio. Un Paese ricco di contraddizioni, diversità e specificità territoriali molto complesse.
Ci siamo chiesti, alla luce degli scenari attuali, in che modo potessimo tornare a riflettere sull’ambiente, e che tipo di dibattito pubblico fosse possibile sul paesaggio urbano e le ecologie sostenibili, ed infine che ruolo potesse giocare l’arte nella costruzione di un mondo migliore all’indomani della crisi. Questi interrogativi informano Storia della Notte e Destino delle Comete.

Gian Maria Tosatti, Storia della Notte e Destino delle Comete (working in progress), ph Maddalena Tartaro

Storia della Notte e Destino delle Comete. «Il titolo è evocativo e complesso», hai evidenziato lo scorso 14 febbraio, in occasione della conferenza stampa del prossimo Padiglione Italia: «si riferisce al nostro presente incerto e metapandemico; d’altronde è scientificamente provato che esiste una correlazione tra progresso e pandemia». Quale la Storia della Notte e quale il Destino delle Comete?
Storia della Notte e Destino delle Comete è un congegno esperienziale dall’impostazione irriducibilmente teatrale che articola la narrazione in due atti, scanditi nelle due parti che costituiscono il titolo di questo progetto evocativo.
Come ti dicevo, il primo atto coincide con la storia dell’ascesa e del declino del sogno industriale italiano, il secondo atto ci pone davanti a scenari possibili, ma restituisce all’uomo una speranza, gli accorda forse nuovamente fiducia. La storia della notte è il buio della coscienza che il mondo sta vivendo. Speriamo passi presto…

Regreso a la Maloca di Miguel Ángel Rojas, Soñé que el paisaje me miraba di Jessica Mitrani in collaborazione con Alex Czetwertynski e la poetica Arabidopsis Thaliana di Santiago Reyes Villaveces e Ilona Jurkonyté sono, assieme a Trazas, Oficios y Territorios, le mostre che hai inaugurato tra il 25 marzo e il 21 aprile. Quali le riflessioni che hai messo in campo con questo ciclo primaverile?
Questo ciclo espositivo nasceva da una riflessione sul territorio e sul paesaggio, legato alle mie considerazioni su quanto queste tematiche siano presenti nell’arte colombiana, un po’ credo perché questo paese meraviglioso è il secondo al mondo per differenti ecosistemi, ben 11 differenti, dall’altro, perché tutta questa natura è stata negata, e violata, da decenni di guerra civile che ha reso inaccessibili ampie zone del paese. Con una carriera di oltre 50 anni, Miguel Ángel Rojas è un pioniere dell’arte concettuale in Colombia. Il suo lavoro da sempre affronta in modo provocatorio questioni legate all’identità, al genere e alla politica, concentrandosi su categorie sociali emarginate come le comunità LGBTI e indigene. El Regreso a la Maloca era una mostra che affrontava gli effetti della dominazione coloniale sulle civiltà indigene dell’Amazzonia colombiana e le sue conseguenze nel presente. Comunità fortemente colpite dal conflitto armato, dal traffico di droga, dall’abbandono politico, sradicate dai loro territori, soggetti di un brutale sfruttamento ambientale.
Efectos Secundarions era un bando che il MAMBO lanciò, volto a indagare gli effetti ambientali e sostenibili del nostro presente legato allo scenario incerto della pandemia. I vincitori furono Soñé que el paisaje me miraba di Jessica Mitrani in collaborazione con Alex Czetwertynski e Arabidopsis Thaliana di Santiago Reyes Villaveces e Ilona Jurkonyte. Due complesse installazioni multimediali che affrontavano il rapporto tra natura, epidemia e territorio.

A fine agosto hai inaugurato un progetto tutto al femminile. Ti andrebbe di dirci qualcosa?
Il ciclo espositivo si chiamava Conversazione al Sud. È il dialogo tra tre artiste del Sud e un curatore del Sud e, allo stesso tempo, un omaggio alla fondatrice del museo: l’argentina Marta Traba. Le artiste erano la cilena Voluspa Jarpa, che rappresentava il Cile nella scorsa edizione della Biennale d’arte a Venezia, uno dei migliori padiglioni, vincitrice dell’edizione inaugurale del Premio Julius Baer, il primo in tutto il continente sudamericano dedicato alle artiste latinoamericane, e le colombiane Luz Lizarazo e Alba Triana. L’opera della prima investiga la dimensione poetica e politica del femminino, quella della seconda indaga il limite tra visibile e invisibile attraverso un approccio umanistico alla tecnologia.

 

Eugenio Viola, Curatore del Padiglione Italia 2022, è nato a Napoli nel 1975, vive e lavora a Bogotá, Colombia. È l’attuale Capo Curatore del MAMBO – Museo de Arte Moderno de Bogotá, in Colombia. Dal 2017 al 2019 è stato Senior Curator del PICA – The Perth Institute of Contemporary Arts a Perth, in Western Australia. Dal 2009 al 2016 è stato curatore al Museo MADRE di Napoli, dove, dal 2013, si è occupato dello sviluppo della collezione del museo. Ha qui co-curato le prime grandi mostre istituzionali in Italia di Boris Mikhailov e Francis Alÿs, un’installazione site-specific di Daniel Buren e le retrospettive dedicate a Vettor Pisani e Giulia Piscitelli. Ha collaborato con numerose istituzioni italiane e internazionali, curando, tra le altre, antologiche dedicate a: Regina José Galindo (Frankfurter Kunstverein, Fancoforte, 2016); Karol Radziszewski (CoCA – Centre of Contemporary Art Znaki Czasu, Torun, 2014); Mark Raidpere (EKKM – The Contemporary Art Museum of Tallinn, 2013); Marina Abramović (PAC – Milano, 2012); Francesco Jodice (MSU – The Museum of Contemporary Art, Zagreb, 2011), ORLAN (MAMC – Musée d’art moderne et contemporain, Saint Etienne, 2007). Nel 2015 ha curato il Padiglione dell’Estonia alla 56. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia. Complessivamente, ha curato oltre 70 mostre in Italia e all’estero e oltre 50 tra cataloghi e libri, collaborando inoltre a numerose pubblicazioni internazionali.
Viola ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università degli Studi di Salerno in “Metodi e metodologie della ricerca archeologica e storico-artistica” ed è studioso delle esperienze legate alla performance e al corpo. Su questo argomento, ha curato le monografie dedicate a Teresa Margolles (Edizioni MAMBO, Bogotà, 2019); Regina José Galindo (Skira, Milano, 2014); Hermann Nitsch (Edizioni Morra, Napoli, 2013); Marina Abramović (Sole 24 Ore Cultura, Milano, 2012); ORLAN (Charta, Milano-New York, 2007). Collabora da molti anni con la rivista americana Artforum e l’italiana Arte. Suoi scritti sono stati pubblicati anche su Flash Art, Segno, Exit Express, Arte e Critica, Enciclopedia Treccani e molte altre riviste italiane e internazionali.
www.eugenioviola.com
www.mambogota.com

* Intervista pubblicata su Espoarte #117

 

Padiglione Italia

Storia della Notte e Destino delle Comete

Commissario Onofrio Cutaia

Curatore Eugenio Viola

Artista Gian Maria Tosatti

59. Esposizione Internazionale d’Arte

La Biennale di Venezia

23 aprile – 27 novembre 2022

Tese delle Vergini, Arsenale, Venezia

www.creativitacontemporanea.beniculturali.it

www.notteecomete.it

Hashtag ufficiali: #BiennaleArte2022 #IlLatteDeiSogni #TheMilkOfDreams #MiC #DGCC #BiennaleArte2022 #PadiglioneItalia2022 #ItalianPavilion2022 #Notteecomete #Nightsandcomets

Condividi su...
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •