Non sei registrato? Registrati.
Intervista a HARRY BALDISSERA di Isabella Falbo

L’immagine del testamento creativo magrittiano L’Arte di vivere, 1967 – caratterizzato dal personaggio al centro della tela diviso in parti contrastanti dove la testa appare come un pianeta surreale o una luminosa luna piena, sproporzionatamente grande rispetto al corpo dell’uomo in completo formale – può bene introdurre questo nuovo interessante “attore” del sistema dell’arte: Harry Baldissera, il cui animo artistico e visionario convive con una figura poliedrica molto pratica e imprenditoriale; inoltre, il concetto di Gesamtkunstwerk “opera d’arte totale”, che permette di collocare con una certa disinvoltura le varie arti in un’ottica di universalità abbracciando l’idea dell’unione, così come la concezione di indissolubilità fra Arte e Vita, introducono alla sua pratica artistica e al suo approccio metodologico all’interno del sistema.
Eclettico e poliedrico esteta senza tempo, Harry Baldissera nasce in ambito teatrale come attore, regista e scenografo. Brillante stratega capace di intessere rapporti con le Istituzioni ha creato e realizzato il format televisivo Itinero, del quale è anche presentatore; ha tenuto lezioni presso la Pontificia Università Catolica de Chile e l’Universida Academia de Humanismo Cristiano, in Cile; ha collaborato con un’azienda cinematografica bolognese come referente per l’arte contemporanea; ha lavorato nel marketing e nella pubblicità; è stato ideatore e curatore del progetto nazionale Caccia al dipinto all’Ospedale Bellaria di Bologna e, soprattutto, è stato capace – in breve tempo e in solitudine – di trasformare un rudere di campagna in un’opera d’arte abitabile, la Paciu Maison, in cui lavoro artistico e manageriale si fondono e le cui visite guidate sono richiestissime e organizzate in un calendario molto serrato.

Paciu Maison, Sala Cartografia, 2017. Courtesy l’Artista. Ph. Valeria Reggi

Il nome, Paciu Maison, deriva dal termine paciugo, ed anche se non ti senti – come tu stesso dichiari – un artista, decisamente il “danno ad opera di liquidi cosparsi o fuoriusciti, il piaciugo”, qui si trasforma e risolve in opera d’arte abitabile dove il contenuto è anche contenitore.
La cosa molto interessante di Paciu Maison è che, oltre ad essere un’opera d’arte, funziona anche a livello museale, associabile a un altro gioiello del bolognese che è la Rocchetta Mattei.
Come artista emergente puoi già vantare di tanti apprezzamenti e di un vasto pubblico che desidera vedere la tua opera. Non hai bisogno di una galleria poiché il tuo lavoro è già “musealizzato”. Come ci si sente? È come se tu abbia saltato tutta la gavetta…
Con Paciu Maison ho creato un’opera d’arte fruibile a 360 gradi all’interno della quale si entra fisicamente e la si vive. La mission è stata quella di creare un’opera d’arte abitabile a mia immagine capace di fare sognare, di far cambiare prospettiva, attraverso l’immersione in questa favola. In questo mondo c’è bisogno di sognare ed io in primis ho sognato qualcosa che sembrava impossibile: fare un’opera d’arte, vivere un’opera d’arte, dirigere un’opera d’arte. L’opera in sé non è solo la parte creativa a livello artistico, l’opera è anche tenere in piedi il museo: gestire le visite, per le quali ho sviluppato un marketing sia fuori il territorio che sul territorio anche attivando delle collaborazioni. Tutta questa parte è diversa dalla canonica gavetta artistica ma certamente è una gavetta.

Paciu Maison, Sala Cartografia, 2017. Courtesy l’Artista. Ph. Valeria Reggi

Hai fatto la Paciu Maison a tua immagine e somiglianza: cosa intendi?
Era un momento in cui avevo bisogno di svuotare parte del mio contenitore: tutto quello che è nelle pareti della Maison, il recupero del materiale, le pennellate, il mio lato estetico… Quindi la composizione in sé è legata a come sono fatto io, a un riflettermi, era anche quella parte del gioco. Creare una dimensione in cui mi rispecchiassi, dove i rimandi alla Storia dell’Arte fossero a mia immagine, fossi Io. Io analizzo sempre la stanza nel suo insieme, Harry è un insieme, tante stanze, tanti lati di Harry, le sue sfaccettature. Realizzare la Maison è stato un momento di guarigione, una sorta di Arte Terapia: in quel periodo avevo bisogno di sperare, di dare una seconda vita alla casa e quindi anche a me stesso.

Paciu Maison, Sala del Convivio, 2017. Courtesy l’Artista. Ph. Valeria Reggi

Un’aura di mistero avvolge la tua favolosa Paciu Maison, così come la tua figura. Hai dichiarato di avere realizzato “la tua bambina” in 9 mesi, chiaramente è un tempo simbolico che porta a riflettere su come un ragazzo poco più che ventenne (presumibilmente, poiché mai dichiari la tua età) sia stato capace così velocemente di trasformare un rudere di campagna in un’opera d’arte abitabile. Le stanze al momento sono 15, vuoi presentarcene qualcuna e farci entrare nel tuo mondo?
Sono una persona estremamente pensierosa e alla Maison non poteva mancare la Sala Cartografia, che è la sala del pensiero. Il pavimento è diviso a metà e riproduce lo yin e lo yang, bianco e nero, attorno alle pareti c’è una cornice che contiene sale – utilizzato con l’intento di purificare il pensiero, e minerali – l’energia della terra.
Mentre prima utilizzavo questa sala “per la mia fase zen” e nutrire il mio lato filosofico, nel tempo si è modulata e rispecchia anche il mio lato scientifico. Ecco quindi omaggiato Escher e rappresentato il rapporto arte/matematica; un discorso rituale, storico, monumentale lo ritroviamo nel Mausoleo, dove convivono vita e morte e dal soffitto pendono ingessati i vestiti che mi sono appartenuti dall’infanzia ad oggi; sempre la storia emerge nella Sala del Convivio, dedicata a Bologna; abbiamo un rimando – ironico – alla religione nella Sala Genesi che rifacendosi alla terra promessa di Mosè rappresenta metaforicamente il mondo artistico, questa terra promessa alla quale con fiducia mi affaccio. Non è casuale sia la prima stanza del percorso perché è l’inizio di quello che per me è un sogno, e per renderlo realtà devi credere sia possibile, come ha fatto Mosè.
I muri delle scale che dalla Sala Genesi portano al piano superiore sono tappezzati delle mie foto: rimandano all’infanzia e a tutto il percorso di crescita di ognuno di noi. Sono intese come ricordo ma soprattutto come sospensione del tempo, cioè, come Mosè che credeva nella terra promessa, il viaggio fra quelle acque è “senza tempo” e qui, nella salita delle scale il tempo viene messo in discussione, viene visto come una concezione e diventa liquido.
Salendo su, arriviamo alla Sala Ekate, la Dea trivia, multiforme, che custodisce la magia, dove dal soffitto vediamo pendere un “mare” di chiavi, che rappresentano la vastità di possibilità che ogni giorno la vita ci riserva. Oltre a questo concetto “pratico” si aggiunge quello più filosofico della possibilità di accedere ad altri mondi, ad altre dimensioni. Da questo punto del percorso in poi la speranza è diventata qualcosa di reale e siamo catapultati nel mondo di Alice nel paese delle Meraviglie con la Sala da Tè. Questa stanza ci ricorda di non fermarci mai alla prima impressione, di andare oltre ciò che vediamo e sentiamo.

Paciu Maison, Sala da Tè, (dettaglio del soffitto) 2017. Courtesy l’Artista. Ph. By Valeria Reggi

Paciu Maison, realizzata a tua immagine e in cui restituisci le tue atmosfere emozionali, contiene anche la Sala Van Gogh. Mentre nelle altre c’è una ricerca, una rilettura della storia dell’arte, questa è l’unica stanza che si riferisce in modo diretto ad un’opera: Notte stellata, 1889 di Vincent Van Gogh. Perché un tributo proprio a questo artista?
Ciò che mi lega alle opere di Van Gogh è la natura dell’emozione che trasmettono, la passione, che trasuda dai suoi quadri. Avevo bisogno di creare un’atmosfera di emozione e passione oltre che di bellezza, questo mi lega alle sue opere facendomi decidere di realizzare questa stanza che è una delle due sale da bagno della Maison e, per la loro stessa natura, qualsiasi spettatore può comprendere completamente cosa significa vivere l’opera d’arte a 360 gradi.

Paciu Maison, Sala Van Gogh (dettaglio), 2017. Courtesy l’Artista. Ph. Valeria Reggi

A livello artistico sei un autodidatta. La realizzazione di Paciu Maison appare “scenografica” ed analizzando la tua pratica pittorica emerge il tuo uso del colore a pennellate larghe e piatte ed appare come una pittura d’“azione”, istintiva, performativa…
La realizzazione può apparire “scenografica” ma la Maison in gran parte non è stata progettata. A parte il Mausoleo e la sala da Tè, nella realizzazione di tutte le altre stanze ho dipinto in uno stato di trance, in alcuni casi non sapevo cosa stessi facendo, le mie mani andavano da sole. Anche per la stanza Van Gogh, non ho lavorato sulla copia, ho capito come erano fatte le stelle e ho realizzato… in due giorni. Non sono uscito finché non l’ho finita, ero completamente preso dall’opera. Ho lavorato su un risultato a livello visivo che avevo bisogno di denotare, quindi le pareti, poi i pavimenti con il sentiero, la cornice del sentiero, il portale, la fontana, il mosaico per terra. Ho dipinto anche a 5 metri di altezza, probabilmente se ci fosse stato un pubblico sarebbe sembrata una performance.
Paciu Maison non è ancora finita, mancano cinque stanze alle quali si accede da ingressi indipendenti. Diventerà un polo enorme con una linea culturale pensando anche alla sostenibilità.

Paciu Maison, Sala Van Gogh (dettaglio), 2017. Courtesy l’Artista. Ph. Valeria Reggi

Attraverso Paciu Maison ti stai interfacciando con tantissime realtà diverse, gestirla e sostenerla non è semplice: stai lavorando sul programma che prevede eventi senza fare distinzioni fra le arti. Vuoi darci qualche anticipazione?
Eventi musicali e il progetto Musica al Buio. Per sorprendere ancor di più lo spettatore a parte gli eventi da calendario ci saranno appuntamenti musicali “al buio” dove lo spettatore non saprà in anticipo chi andrà ad ascoltare o cosa sentirà: potrebbe trovare nomi famosi e non, un concerto di arpa o di pianoforte, tutto effetto sorpresa!

Caccia al dipinto, Ospedale Bellaria, Bologna, 2022. Courtesy l’Artista

Oltre a Paciu Maison altri due tuoi progetti sono degni di nota: il format televisivo Itinero e il progetto curatoriale Caccia al dipinto, nei quali emerge tutta la tua poliedricità…
Con Itinero ho unito il teatro al mondo audiovisivo, nato come progetto su youtube è arrivato in tv sul digitale terrestre. Questo progetto mi ha visto autore, regista e presentatore. È un programma dedicato ai tesori che ogni piccolo Comune italiano possiede, realizzato con l’intento di far capire al pubblico che siamo contornati d’arte e bellezza. Ho seguito personalmente anche tutta la parte di gestione dei comuni, alla scoperta dei piccoli borghi perché l’Italia è un museo. L’idea è quella di crescere in un prossimo futuro.

Paciu Maison, Sala Ekate, 2017. Courtesy l’Artista. Ph. Valeria Reggi

Con il progetto Caccia al dipinto al Bellaria emerge il tuo ruolo di curatore, hai ideato un concorso nazionale per artisti emergenti e una mostra che dura un anno. Le opere sono 25 dittici e un trittico, per rendere il “gioco” più difficile: trovare la coppia riconoscendo lo stile dell’artista. Hai persino realizzato un librino con le istruzioni di gioco…
Caccia al dipinto
si è sviluppato come progetto pilota all’Ospedale Bellaria di Bologna, luogo vergine da questo punto di vista. È nato a gennaio 2021 in epoca Covid poiché i musei erano chiusi e sviluppa l’idea di portare l’arte in ospedale per ravvivare i corridoi delle sale d’attesa di reparti come Radioterapia e Senologia. I temi sono il colore per radioterapia e la natura per senologia. Inizialmente il progetto è stato pensato per i pazienti, successivamente, si è sviluppato con visite guidate aperte al pubblico in ospedale a cadenza mensile il sabato. L’ultimo appuntamento sarà a giugno 2023.

Paciu Maison, Sala Genesi, 2017. Courtesy l’Artista. Ph. Valeria Reggi

Per concludere, vuoi parlarci dei tuoi progetti futuri?
A parte sviluppare il programma culturale di Paciu Maison, sicuramente un Festival dedicato all’“incontro fra le arti” che mette in dialogo due stati: il Cile e l’Italia. Oltre alla mia direzione artistica ci sarà quella di Claudia Cattaneo, Direttrice del programma speciale del Licenciatura en arte e del Magister en arte popular Latinoamericano della Facoltà d’arte nell’Universidad Academia de Humanismo Cristiano e che, insieme ad altra figura (non faccio nomi), costruiremo un Festival di ben quattro settimane suddiviso in quattro arti: visiva, teatrale, performativa e audiovisiva. Ci saranno artisti, curatori ed ospiti internazionali.
Altri progetti futuri, oltre a proseguire nella scoperta delle bellezze italiane continuando e sviluppando il programma Itinero, sto costruendo nuove proposte audiovisive: andrò alla scoperta del “nido dell’artista”, il suo studio, la sua casa e la sua ispirazione. Ma non solo, andrò anche alla scoperta del mercato dell’arte attraverso gallerie, fiere ed esposizioni.
Vi posso anticipare che mi hanno richiesto una curatela di uno stand ad ArtVerona. Questo mi ha fatto nascere l’idea – seguendo un po’ le orme di Philippe Daverio – di portare le telecamere in fiera, ma sempre in modalità Harry. Andremo a scoprire le proposte di una fiera che sta crescendo sempre di più, ma non posso dire altro.

Info: www.paciumaison.com/it

Condividi su...
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •