MILANO | Galleria Area\B | 8 novembre 2019 – 16 gennaio 2020
Intervista a DAVID CESARIA di Chiara Canali
David Cesaria (Mesagne (BR), 1976 – vive e lavora a Taranto) dopo una prima sperimentazione nell’ambito della pittura, in cui ha unito gli stilemi della figurazione e dell’astrazione, negli ultimi anni si è rivolto al linguaggio della scultura. È stato vincitore del concorso “Pagine Bianche d’autore” della Regione Puglia 2006, ed è stato selezionato da Gae Aulenti per un progetto di riqualificazione urbana a Potenza. Ora approda a Milano alla Galleria Area\B con la mostra personale Jackpop, a cura di Igor Zanti, che unisce la tradizione popolare della regione salentina, dove l’artista vive e lavora, e l’estetica neo-pop che lo ha ispirato nella ricerca più recente.
Come mai hai scelto di utilizzare per la tua ultima personale a Milano il medium della luce?
Mi fa sorridere la parola medium, mi viene sempre in mente una persona che sostiene di poter operare come intermediario tra vita e morte attraverso poteri soprannaturali. Ecco, non è il mio caso. Questa mostra vuole semplicemente mostrare la mia ultima produzione, nata dall’amore per le luminarie. Una passione che è iniziata due anni fa e che sta diventando una vera e propria professione. Un lento e antico lavoro artigianale che si scontra con un mondo che divora il nuovo e va alla “velocità della luce”.
Le tue installazioni luminose sono spesso accompagnate da icone pop e motivi del vivere quotidiano, per esempio l’era dei social, la mania del gioco d’azzardo, l’ossessione del sesso e la bramosia di ricchezza. Quali sono le tematiche e i messaggi che vuoi comunicare con queste opere?
Essere “pop” vuol dire saper comunicare a tutti. Voglio strappare un sorriso, essere leggero, riconoscibile e allo stesso tempo parlare dei mali contemporanei attraverso l’arte. Viviamo in una società con una scarsa capacità di controllo, con varie dipendenze: dal sesso, dal gioco, dai social. Io per esempio sono un Art Addict. Queste luminarie sono un cocktail di tutta l’arte bella e brutta che ho visto in questi anni, mi sono ubriacato e l’ho metabolizzata in questo modo. Nel mio piccolo voglio contribuire alla diffusione della cultura pop.
Le luminarie sono decorazioni luminose usate nella tradizione popolare salentina per addobbare strade e monumenti durante le festività di Natale, Capodanno, Feste Patronali e Ville e Palazzi privati. Quindi veicolano un significato che rimanda alla convivenza di sacro e profano, di Cristianesimo e paganesimo. Con quale accezione le usi tu?
Sono assolutamente pagane ma parlano di religione. Mi spiego meglio: religione intesa come venerazione e adorazione verso qualcosa che l’uomo ritiene sacro e divino. I soldi, il sesso, la fama sui social, l’autoaffermazione sono le nuove icone del contemporaneo. Ma la mia non è una critica, solo una osservazione del quotidiano, senza alcun pregiudizio.
A differenza della luce fredda del neon le tue luminarie utilizzano la luce calda e colorata delle lampadine. Come si configura questa scelta estetica nell’ambito della tua poetica? Quali sono tuoi riferimenti artistici?
La luce calda, che utilizzo spesso nelle mie luminarie, ha per me una valenza molto simile a quella a cui tu stessa hai fatto riferimento, ricorda la vicinanza, l’unione. Ciascuno dei casi da te citati a proposito delle luminarie “tradizionali”, prevede la condivisione di un momento, di una immagine, di un sentimento comune, che la luce calda è in grado di legare ed incorniciare. Inoltre, la mia scelta di utilizzare lampadine led a basso consumo energetico o il legno riciclato per le strutture, va in una direzione di rispetto verso l’ambiente, che l’arte non dovrebbe solo rappresentare, ma anche praticare, facendo scelte concrete su materiali e tecniche, per raggiungere lo scopo finale, cioè quello della creazione dell’opera.
I miei riferimenti artistici sono infiniti, in tema di Light Art: Marco Lodola, Cerith Wyn Evans, Dan Flavin; in generale Richter, Hirst, Wasselman, e ovviamente Warhol, di cui siamo tutti figli.
Queste installazioni luminose attirano l’attenzione come delle insegne pubblicitarie e sono, allo stesso tempo, immagini molto in voga e condivise in rete. Qual è il tuo rapporto con Internet e la comunicazione mediale?
Diciamo che sono rimasto “imbrigliato” nella rete, nel senso che sono sempre stato attratto dal fatto che Internet ed i social bombardino di immagini il nostro cervello ma poi, per qualche strano meccanismo, rimaniamo colpiti e scegliamo solo alcuni fotogrammi. Nel mio caso, navigando, rimanevo ipnotizzato da alcune immagini con luci (tipo neon). Con le luminarie cerco di rendere questa mia specie di ipnosi virtuale un oggetto reale e tangibile. Internet e i social mi hanno aiutato tanto a promuovere il mio lavoro e a farmi conoscere. In fin dei conti un artista crea immagini: quale miglior mezzo se non la rete per veicolarle?
La pubblicità e la comunicazione mi hanno sempre affascinato. Cerco di creare opere che siano glamour, ipnotiche e dal forte appeal. Se non sei in rete, non esisti!
DAVID CESARIA. JACKPOP
a cura di Igor Zanti
8 novembre 2019 – 16 gennaio 2020
Inaugurazione giovedì 7 novembre, ore 18.30
Galleria Area\B
Via Passo Buole 3, Milano
Orari: lun-ven, h. 10-18, sabato su appuntamento, domenica chiuso
Ingresso libero
Info: +39 02 58316316
info@areab.org
www.areab.org