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ROMA | WHITE NOISE GALLERY | 27 MAGGIO – 30 GIUGNO 2022

di MARIA VITTORIA PINOTTI 

È raro accedere ad un ambiente espositivo ed avere l’immediata sensazione di essere avvolti da un tiepido turbinio ventoso, che spira e si distende ininterrottamente in tutti gli spazi. Tale suggestiva esperienza si può vivere visitando la galleria White Noise di Roma che propone una interessante mostra dedicata a Cristiano Carotti (1981, Terni), intitolata Se l’occhio non fosse solare, come potremmo vedere la luce?, in programmazione dal 27 maggio al 30 giugno 2022. Una personale carica di poesia visiva in cui si uniscono le forze effimere della natura come il vento, la terra ed il fuoco, vibrazioni tutte scandite da solidi contenuti filologici dai sentori leggendari. Da ciò ne emerge una mostra caratterizzata da una sospensione temporale volta ad avvistare ritagli di paesaggio umbro che rivive in opere ceramiche e pittoriche, installate nello spazio come dei fuochi, accarezzati da folate tanto avvolgenti quanto gradevoli. È infatti il vento fedele accompagnatore tra le sale della galleria, silenzioso suggeritore della creatività dell’artista, instancabile nella ricerca delle produzioni che gli sono proprie.

Installation view, Cristiano Carotti | Se l’occhio non fosse solare, come potremmo vedere la luce?, Courtesy White Noise Gallery, Roma

Installation view, Cristiano Carotti | Se l’occhio non fosse solare, come potremmo vedere la luce?, Courtesy White Noise Gallery, Roma

Ciò che colpisce della mostra è l’attenta costruzione critica dei curatori, Eleonora Aloise e Carlo Maria Lolli Ghetti, che vigilando sui minimi particolari allestitivi sono appieno riusciti a rilevare i risultati di un viaggio visionario ed infiammante per il Carotti, tutto racchiuso in una fucina di energie paesaggistiche. Ne affiora che l’animo dell’artista si pone verso il luogo d’origine ad imitazione di un modello non dato, sì da far emergere vividamente il senso di una ricerca accorata in chiave sinestetica, ovvero volta a riportare le proprie suggestioni visive, tattili e uditive. Tentativo quest’ultimo ben riuscito, poiché nella sala sotterranea della galleria l’osservazione delle opere ceramiche è accompagnata da tracce musicali ideate dai compositori Mario Conte e Rodrigo D’Erasmo.

Installation view della sala sotterranea, Cristiano Carotti | Se l’occhio non fosse solare, come potremmo vedere la luce?, Courtesy White Noise Gallery, Roma

Installation view della sala sotterranea, Cristiano Carotti | Se l’occhio non fosse solare, come potremmo vedere la luce?, Courtesy White Noise Gallery, Roma

La rassegna è quanto mai interessante per due aspetti che ne cifrano i contorni artistici: le opere sono state ideate in riferimento a precisi momenti della produzione di Carotti, periodi in cui l’artista è vissuto a stretto contatto con la natura umbra, oltre alle ideazioni negli studi romani dello spazio Post Ex. Da tale connubio derivano le scelte estetiche di Carotti, dimodoché dalla mostra ben si percepisce quanto la ricerca e la condivisione, avvenute in entrambi i casi sopra citati, siano stati i vettori guida nel processo creativo delle opere. Tali filoni d’indagine si sviluppano in modo che l’artista si presenti allo spettatore come un poeta-visivo, dalla forza terrena caratterizzata da una vegetazione brulla e sporadicamente popolata di animali selvaggi. Una vista innamorata, in altri termini, quella di Carotti verso i paesaggi naturali, ora filtrata dall’uso del visore notturno che motiva l’uso di colorazioni pittoriche fluo e psichedeliche, estese in pennellate filamentose e tremolanti. Così lo spettatore è libero di trovare rimembranze di sensazioni visive, come ben lo dimostra il titolo scelto dai curatori a parafrasi mutata de La teoria dei colori di Johann Wolfgang von Goethe.

Cristiano Carotti, Cardi II, olio su tela, 2022, 140×92 cm, Courtesy White Noise Gallery, Roma

Con questi tratti pittorici, mossi dal vento che accoglie chi entra in galleria, l’artista dipinge la botanica dei cardi composti da steli acuminati e foglie alate. Giocata su alternanze coloristiche nette, questa pianta è solcata dalla materia del colore ad olio, tanto da affiorare su sfondi caratterizzati da basi coloristiche cangianti ad afferrare un istante sfuggente. Verosimilmente, tale scelta potrebbe essere una emersione dal fondo nell’inconscio dell’artista, proprio come se il viaggio nelle viscere della terra di Carotti fosse sì ricco di suggestioni, ma anche occasione per scoprirsi, vaglio che accomuna in maniera tenace tutte le opere in mostra. L’artista, a tal proposito, fa riferimento alla quinta ecloga delle Bucoliche di Virgilio in cui i cardi fioriscono dalla terra per compiangere la morte del pastore siciliano Dafni. In questo modo le opere si nutrono della mitologia classica – secondo cui proprio il cardo è sinonimo di vita pastorale – e di tutto ciò che il paesaggio umbro ha trasmesso all’artista, facendo esaltare il suo aspetto demonico, accezione quest’ultima riferibile alla presenza del divino nella natura. Così Carotti, a sua insaputa, insegue una filosofia del paesaggio [1] secondo cui nell’assenza della figura umana si cela lo spirito di uno spazio estetico naturale antropomorfo dalla potenza indominabile e fortemente associata alla mitologia del divino.

Installation view, Cristiano Carotti | Se l’occhio non fosse solare, come potremmo vedere la luce?, Courtesy White Noise Gallery, Roma

Da tali conclusioni, si deduce che Carotti è capace di unire virtualmente lo spazio mitico e la riflessione personale, e quindi la vegetazione e gli animali selvatici diventano una spia stimolante l’accensione delle “irritate” colorazioni scandite dall’energico ritmo di una escursione notturna. Così, in questo dinamico e visionario equilibrio, ci troviamo a scoprire arieti e cinghiali imbevuti di sussultanti accenti di colore. Nondimeno, l’apertura figurativa dei forzieri dell’intimo umano del Carotti prosegue con la ceramica lavorata in modalità “componibile”. Così, le sculture raffiguranti nidi di vipere disposte su zolle di terra brulla, sono dei giochi combinatori nati dalla necessità di un fedele asporto dei paesaggi naturali, in cui le serpi dalle infinite colorazioni si librano nell’aria danzando nel tiepido vento della fucina che le ha originate. Gli animali raffigurati ci pongono di fronte ad una ulteriore riflessione sul valore della vista, poiché i serpenti ceramici sono assenti di pupille, una cecità che viene colmata dagli occhi dell’artista, in quanto controcampo di un ascolto sensitivo. In epilogo, la mostra è uno scrigno percettivo aperto verso innumerevoli cicli di selvatiche reincarnazioni naturali, in cui il vento profumato di terra acre e fuliggine, svela la metodologia vigorosa, profonda, fortemente manuale, dal sentore antico ed eterno del Carotti.

Cristiano Carotti. Se l’occhio non fosse solare, come potremmo vedere la luce?
A cura di Eleonora Aloise e Carlo Maria Lolli Ghetti

27 maggio – 30 giugno 2022

White Noise Gallery
Via della Seggiola, 9, Roma

Info: whitenoisegallery.it 
info@whitenoisegallery.it

 

[1] Paolo D’Angelo, Estetica e paesaggio, Il Mulino, Prismi, 2009, pp. 214

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