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VOLTERRA e CALITRI | sedi varie 

di TOMMASO EVANGELISTA

L’opera C. I. Corrispondenze Immaginarie di Mariangela Capossela rappresenta un affascinante esempio di arte partecipata che ha preso vita a Volterra, un luogo intriso di storia e memoria, soprattutto per il suo passato come sede del più grande manicomio d’Italia, ed è continuato in Irpinia nelle terre dello Sponz Fest di quest’anno. Il progetto, unico nel suo genere, ha coinvolto centinaia di persone, portando alla luce un aspetto profondo e spesso nascosto della storia della follia in Italia.

Corrispondenze immaginarie

Il cuore del lavoro risiede nelle centotredici lettere scritte da pazienti internati nel manicomio di Volterra tra il 1900 e il 1974. Queste lettere, mai spedite ai loro destinatari, rappresentano testimonianze struggenti di vite confinate e di comunicazioni interrotte. Tuttavia, attraverso l’arte di Capossela, le voci hanno trovato una seconda vita. Dei copisti hanno riscritto queste lettere a mano e sono state inviate a persone che hanno aderito, chiedendo di diventare i destinatari immaginari di tali missive. L’atto di riscrittura è diventato una forma di empatia e connessione umana, un modo per rendere omaggio ai pazienti dimenticati e alle loro storie.

Le risposte immaginarie a queste lettere sono state inviate nuovamente a Volterra, creando un dialogo intertemporale e interpersonale unico. Le risposte riflettono emozioni profonde e offrono una nuova prospettiva sulla malattia mentale, l’isolamento e la cura, trasformando il dolore e il rimorso delle vite interrotte in una forma di espressione e di condivisione. La consultazione delle corrispondenze non è avvenuta successivamente in un luogo pubblico tradizionale, ma durante il festival nelle case degli abitanti di Calitri che si sono offerti quali custodi. Tale approccio rispetta la dimensione intima e privata delle lettere stesse, creando un’esperienza molto personale per chiunque decida di leggerle.

Corrispondenze immaginarie

Il lavoro si collega in modo significativo al tema della memoria e del rimorso, ma anche alla dimensione pubblica e relazionale dell’arte. Rappresenta un dialogo aperto tra passato e presente, tra le esperienze dei pazienti del manicomio di Volterra e le risposte delle persone che hanno aderito al progetto. È un esempio di come l’arte possa essere un veicolo per la connessione umana e la condivisione di storie, anche quelle più difficili. Innanzitutto, l’aspetto estetico dell’opera si basa sulla forza della semplicità. La scelta di riscrivere a mano le lettere originali aggiunge un tocco di umanità, creando una relazione diretta tra il copista e l’autore originale. L’atto di riscrittura diventa una performance artistica in sé, un gesto intimo che permette ai copisti di immergersi nei pensieri e nelle emozioni dei pazienti. L’arte qui diviene forma di testimonianza e di riavvicinamento ai sentimenti umani più profondi.

Corrispondenze immaginarie. Foto: Barbara Pasquariello

Dal punto di vista critico, Corrispondenze Immaginarie mette in luce la complessità delle vite umane, in particolare di coloro che sono stati confinati in istituzioni psichiatriche. Le lettere originali rivelano storie struggenti, sogni non realizzati e la frustrazione di comunicazioni interrotte. L’arte di Capossela funge da ponte tra queste storie e il presente, consentendo alle persone di oggi di entrare in contatto con queste voci dimenticate. Inoltre, il progetto solleva domande importanti sulla salute mentale e sulla percezione sociale delle persone affette da malattie mentali. Le lettere mettono in luce il dolore e l’isolamento che molte di queste persone hanno vissuto, ma anche la loro umanità e la loro capacità di esprimere emozioni articolate. Ciò invita il pubblico a riflettere sulle pregiudiziali e sulla stigmatizzazione legate alla malattia mentale.

Corrispondenze immaginarie a Calitri

Dal punto di vista estetico, il progetto enfatizza la potenza della parola scritta a mano, un gesto sempre più raro nell’era digitale. La scrittura a mano porta con sé la traccia tangibile dell’individuo, il suo ritmo, il suo stile, il suo tocco personale. Questo tocco umano traspare anche nelle risposte immaginarie, creando una connessione empatica tra chi scrive e chi legge. Infine, l’opera si inscrive in un contesto più ampio, quello del “Padiglione Irpinia” del festival Sponzfest appena concluso, dal tema quest’anno COME LI PACCI, contribuendo a una discussione più ampia sulla salute mentale e sulla percezione sociale delle malattie mentali attraverso l’arte. Il contesto amplifica ulteriormente la portata critica e sociale dell’opera di Capossela, da sempre attenta a stimolare, nella semplicità dei gesti selezionati, emozioni autentiche, ataviche, radicate nell’essere umano e riportate alla loro naturale azione relazionale e partecipativa. La forma del suo linguaggio, di volta in volta ancorato alla dimensione affettiva e intima dei luoghi e delle storie, diviene metro di sfalsamento del tempo e uscita dalla trappola auto-rappresentativa del sistema artistico. Le opere diventano, così, metafora di azione e incantazione, un concretizzarsi di fantasie e paure che si caricano dell’anima attuale, come nel caso della precedente opera corale Trenodia, opera d’arte interdisciplinare che mescolava letteratura, musica, arti visive e teatro, e che proponeva di condividere, attraverso una performance itinerante che reinterpreta la forma del pianto rituale, idea ripresa nel 2023 da The Last Lamentation di Valentina Medda.

Corrispondenze immaginarie, Mariangela Capossela durante l’ultima spedizione

Corrispondenze Immaginarie in conclusione è un commovente tributo alla bellezza della scrittura a mano e alla potenza dell’arte nel creare connessioni umane. Questo progetto che continuerà in altre forme e circostanze affonda le radici nelle lettere mai spedite, in un dialogo rimasto sospeso nel tempo, e lo riporta in vita attraverso la riattivazione. In un’era dominata dalla fredda comunicazione digitale impersonale, questa opera celebra l’unicità di ciascun individuo, creando un dialogo immaginario che attraversa le barriere temporali; è un richiamo a un’empatia più profonda, a mettersi nei panni degli altri e a condividere le storie umane, sfidando pregiudizi e isolamento. L’artista dimostra come l’arte possa fungere da ponte tra passato e presente, unendo persone in una “comunità immaginaria” che abbraccia l’umanità nella sua interezza. In un mondo sempre più frammentato, questo progetto ci ricorda che l’arte può ancora unirci, trasformarci e ispirarci ad abbracciare la nostra dolorosa umanità condivisa.

I documenti che sono all’origine del progetto provengono dal volume Corrispondenza Negata. Epistolario della nave dei folli (a cura di C. Pellicanò, R. Raimondi, G. Grimi, V. Lusetti e M. Gallevi, Ed. Del Cerro 2008, prima edizione Pacini 1981), che riunisce una selezione delle migliaia di lettere scritte da persone internate nel manicomio nel periodo tra il 1889 e il 1974. Gli originali delle lettere qui pubblicate sono andati perduti. Corrispondenze immaginarie (Ci) raccoglie il testimone di questo prezioso lavoro e, attraverso l’immaginazione, mira a creare nuove forme di reciprocità e dialogo, e di riflessione sul sé e gli altri.

Corrispondenze immaginarie

Link utili:

https://www.corrispondenzeimmaginarie.it

https://mariangelacapossela.com

https://volterra22.it

https://www.atitolo.it

https://manicomiodivolterra.it

https://volterratur.it/contatti

https://www.fondazionebasaglia.it

https://menteinrete.it

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