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MILANO | Officine dell’Immagine | 17 ottobre – 22 novembre

Intervista a TAMARA FERIOLI di Chiara Serri

Una residenza artistica, tre mesi, tre stati, un’intera mostra su Heimaey, isola islandese di 13 km quadrati. Un desiderio che si avvera, dopo anni di immagini in rete e video musicali. La sensazione di esserci già stati, di essere un tutt’uno con la natura, violenta e rassicurante. Il corpo diventa paesaggio, una casa schiacciata (e sorretta) da una roccia vulcanica il simbolo di un legame profondo, che Tamara Ferioli traduce in un’installazione ambientale alle Officine dell’Immagine con ossi di seppia, cascate d’acqua e odori salmastri.

Tamara Ferioli, Heimaey, 2014, dettaglio, Officine Dell'Immagine, Milano, photo credit Marco Mignani

Come nasce il progetto espositivo?
Le mostre sono il punto d’arrivo di un percorso di ricerca e di vita. Dapprima affascinata dall’idea stessa di “isola”, ho poi approfondito il concetto da un punto di vista antropologico, fino ad intraprendere un viaggio che mi ha cambiato la vita. Come un’esploratrice, che raccoglie campioni e cataloga la propria esperienza sotto forma di sensazioni e feticci, ho viaggiato seguendo un percorso tracciato dai vulcani: Indonesia, Giappone e Islanda. Quest’ultima, che già avevo nel cuore, si è rivelata essere il mio territorio naturale. Come la casa. Una casa isola.

Tamara Ferioli, Heimaey, 2014, veduta della mostra, Officine Dell'Immagine, Milano
Da qui il titolo della mostra…
Heimaey, letteralmente “casa-isola”, è l’isola nell’isola, non lontano dalla costa meridionale islandese. È anche il titolo dell’installazione site-specific composta da 100 kg di ossi di seppia. Vengono messe in gioco suggestioni e riflessioni maturate durante la permanenza in Islanda, caratterizzata da silenzio, solitudine, minaccia naturale incombente e al tempo stesso pace, tranquillità, distacco atarassico.

Tamara Ferioli, Heimaey, 2014, veduta della mostra, Officine Dell'Immagine, Milano

Cosa ti ha colpito dell’Islanda?
Il fatto che l’elemento naturale, che si presenta in forme violente, si integri perfettamente con la presenza umana. Figure impensabili, sintesi della lotta tra ragione e istinto animale.

Parliamo dell’installazione site-specific. Un’opera che coinvolge tutti i sensi…
L’installazione cerca di vestire, sintetizzare questa esperienza. La casa isola è in grado di contenere suoni, appunti e segreti. Ed è solida. Si compone di ossa, la parte più profonda della vita. La radice della vita. La materia delle materie. Ho assemblato questi componenti così come si assemblano le parole per costruire frasi e discorsi. Suoni, simboli, contesto.

Tamara Ferioli, Heimaey, 2014, veduta della mostra, Officine Dell'Immagine, Milano

In quale misura l’Islanda è entrata nel tuo lavoro?
L’Islanda ha accolto il mio modo di intendere lo sviluppo della ricerca artistica come se fosse il suo stesso alfabeto. C’è un’affinità elettiva, difficilmente spiegabile a parole.

Notiamo l’introduzione della fotografia, la parziale assenza della figura umana e la nuova funzione attribuita ai tuoi capelli, che non sono più solo gorgo ma struttura. Come si collocano queste novità nella tua ricerca?
Le novità sono sussurrate, si integrano armonicamente nell’insieme del lavoro. In questa mostra, però, ci sono anche scelte evidenti, come la contaminazione con la fotografia, che sto praticando da anni, ma che ho voluto rendere parte di uno sviluppo artistico solo recentemente. Quello che provavo in Islanda era già presente nel paesaggio…
 

Tamara Ferioli è nata nel 1982 a Legnano (MI), vive e lavora a Milano.

 

Tamara Ferioli. Heimaey
a cura di Björg Stefánsdóttir

17 ottobre – 22 novembre 2014

Officine dell’Immagine
Via Atto Vannucci 13, Milano

Catalogo: vanillaedizioni

Info: www.officinedellimmagine.com

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