MILANO | Galleria Giovanni Bonelli | 1 ottobre – 11 novembre 2020
di PIETRO BAZZOLI
Se si cercasse un aggettivo tale da descrivere la personale di Michela Martello, che occupa le sale della galleria Giovanni Bonelli di Milano, allora “anarchica” potrebbe essere una scelta ponderata, a prescindere dal significato della parola stessa. Anarchici sono, infatti, i materiali, le tecniche e gli oggetti che l’artista prende in considerazione nel momento in cui si trova a inserire nell’opera i diversi significati che compongono la sua poetica.
I linguaggi – diversi e diversificati – di Michela Martello sono risultante di un vissuto che permea necessariamente l’oggetto su cui va a lavorare. Tale caratteristica, che delinea narrazioni inedite rispetto alle già proprie dell’oggetto in sé, si evince da considerazioni e scelte consapevoli: l’artista valutata attentamente come intervenire su un vissuto, affinché questo non cessi di esistere.
Non è un caso che Martello prenda in considerazione per le sue opere materiali provenienti da culture diverse, che possiedono dal punto di vista sensoriale – visivo e tattile in particolar modo – le peculiarità più disparate. È proprio qui che si legge l’anarchia di una artista in grado di condensare attributi unici in un racconto universalizzante, per estetica e concetto.
Ne sono un chiaro esempio i sacchi militari dell’esercito americano in uso negli anni 60, così come la finezza dei tessuti dei primi del Novecento, o ancora i kimono e i paraventi di chiara matrice orientale. Ognuno di essi è un “oggetto-racconto“, un elemento che si porta appresso la storia del proprio periodo d’origine, del proprio utilizzo e dei proprietari senza volto che l’hanno utilizzato nei decenni. Le opere sono spesso caratterizzate da strappi, sfumature cromatiche rintracciabili nell’esposizione al sole o all’usura di viaggi e spostamenti infiniti. Si tratta di imperfezioni nelle quali Michela Martello scorge la potenzialità di un dialogo rinnovato: nel momento in cui l’artista interviene con la propria visione, ecco che la quotidianità ordinaria rintracciabile nell’utensile è così caricata di significati da elevarsi ad opera d’arte. Riuscendo a conservare la propria memoria riscrivendone i contorni – non più finiti, ma protesi all’Essere – attraverso lo studio e la ricerca di inchiostri a pigmenti, unita a un’empatia dilagante verso i materiali, frutto di un’assoluta dedizione agli stessi anche nel momento in cui sono intrecciati, composti ricomposti nelle tele.
Da questo importante processo di analisi della materia nascono soggetti perlopiù femminili, che affondano le proprie radici in un arcaismo – eccolo, di nuovo – culturale vario e diversificato, interconnesso a un libero flusso di pensieri che è la sua cifra stilistica. Il dialogo che intercorre tra artista e opera è l’espediente prediletto per affrontare tematiche contemporanee, che interessano la comunità a livello globale. Spesso le protagoniste delle sue opere sono colte in situazioni dinamiche, pur riuscendo a conservare, da un lato, la forza di porsi in discussione nei confronti di un mondo in perenne mutamento; dall’altro un senso di leggerezza e mistero, che ne rendono intrigante e polimorfa la visione.Esempio di ciò è la rivisitazione della dea Kalì nell’atto di mordere una mela durante una danza tantrica, oppure la divinità Tara che pone in contrapposizione uno sguardo dolce alla crisi – esistenziale, morale, economica? – che la circonda, senza lasciar spazio vacillamenti. Nel segno apposto sul materiale prescelto si percepisce, allora, un’eco straniante che ha perso la propria origine per divenire universale.
Sebbene questa sia una scelta “tecnica” che accomuna l’artista a diversi suoi colleghi, i riferimenti a simboli e reliquie appartenenti ad altre culture amplificano la risonanza del suo lavoro, testimoniando “l’assenza di una singolarità ripetuta”.
Michela Martello si esprime attraverso l’inclusione di elementi eterogenei, scardinando le convenzioni, affrontando tematiche differenti con un atteggiamento propositivo e libero di essere interpretato. Questo la pone in una condizione differente, perché, come dicono le curatrici Dawn Delikat e Parker Daley Garcia, “questo approccio, Umanistico e anarchico al contempo, è una specie di bisociazione da noi sentita come autenticamente rappresentativa del mondo in cui viviamo”.
Michela Martello. Of the Earth | Sulla Terra
a cura di Dawn Delikat e Parker Dalery Garcia
1 ottobre – 11 novembre 2020
Galleria Giovanni Bonelli
via Luigi Porro Lambertenghi 6, 20159 Milano
Orari: da martedì a sabato 11.00-19.00
Info: +39 02 87246945
info@galleriagiovannibonelli.it
www.galleriagiovannibonelli.com