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BOLOGNA | Nosadella.due | Archivio Aperto e Racconti d’Artista, un report

Intervista ad ELISA DEL PRETE e PAOLO SIMONI di Ilenia Moschini

Si è svolta a Bologna, dal 17 ottobre al 29 novembre, la VII edizione di Archivio Aperto, la manifestazione realizzata e curata da Home Movies – Archivio Nazionale del Film di Famiglia, dedicata alla rilettura e rielaborazione del cinema privato. Quest’anno, Nosadella.due, residenza per artisti che promuove interventi d’arte pubblica nel contesto bolognese, è stata partner del progetto fin dall’ideazione e ha proposto nella sua sede un ciclo di incontri dal titolo Racconti d’Artista, pensati come occasione di approfondimento sulla ricerca artistica contemporanea che si avvale dei documenti audiovisivi come fonte di ispirazione ed esplorazione. Abbiamo incontrato Elisa Del Prete di Nosadella.due e Paolo Simoni di Home Movies, per farci raccontare la genesi di questa collaborazione, le tematiche emerse durante gli incontri con gli artisti Nino Strohecker, Diego Marcon e Eva Marisaldi e il ruolo che iniziative di carattere trasversale come questa appena conclusa rivestono nel creare un dialogo tra lo scenario culturale di una città e il suo tessuto urbano e sociale.

Eva Marisaldi, Baci, still da video

Potete descriverci brevemente le due realtà nelle quali operate rispettivamente? Quali sono gli elementi in comune, le affinità e lo scopo che vi ha portato a collaborare nell’ambito di Archivio Aperto per il secondo anno consecutivo?
Nosadella.due è una residenza per artisti che dal 2006 promuove interventi d’arte pubblica che offrono una lettura del contesto sociale e urbano contemporaneo di Bologna, ma anche un’indagine sulle origini di questo territorio. Home Movies è l’archivio che raccoglie i film privati italiani del Novecento; una realtà molto attiva nell’elaborare e diffondere il patrimonio prezioso che detiene, anche attraverso le tante collaborazioni che di volta in volta vengono attivate. Le nostre rispettive sedi si trovano a poche centinaia di metri di distanza e inizialmente è stata questa prossimità a unire due mondi che forse sarebbero rimasti lontani e isolati, come spesso accade in questa città. Poi, certamente, le potenzialità che i materiali di Home Movies hanno per gli artisti che vengono in residenza al Nosadella.due, per lo più stranieri e affamati di storia e visioni locali. Abbiamo iniziato a lavorare insieme l’anno scorso, quando Nosadella.due ha ospitato il primo Racconto d’artista con Luca Ferro. Quest’anno abbiamo replicato questi appuntamenti abbastanza intimi e informali, ma abbiamo sentito la necessità di andare oltre e cercare uno scambio non solo di spazi e contenuti, ma anche di progettualità. Un aspetto importante su cui quest’anno Archivio Aperto ha voluto puntare, infatti, è stata la programmazione diffusa, nel tempo e nello spazio. Da qui l’idea di uscire dalla sua sede per portare in città la ricchezza dei materiali dell’archivio di Home Movies (in location diverse, sia pubbliche, sia private, con un pubblico e un tipo di fruizione diversificate) e l’intenzione di spalmare il programma della manifestazione su quasi due mesi, per cercare di radicare una riflessione e un confronto su un archivio che è costituito sì da materiali privati, i quali però assumono significati e forme differenti, una volta immessi in una dimensione pubblica. In questo ci siamo trovati d’accordo poiché sia Nosadella.due, sia Home Movies, lavorano su progetti a lungo termine che hanno come obiettivo l’attivazione di processi.

Nino Strohecker, Victims (01), still da video

Nino Stroehecker ha inaugurato il nuovo ciclo Racconti d’Artista. La sua opera Victims è un’installazione video il cui punto di partenza è un film amatoriale girato nel 1938. Quali sono gli aspetti, non solo di Victims ma anche di tutta la poetica dell’autore austriaco, che sono emersi nel corso dell’incontro con Stroehecker che si è svolto lo scorso 8 Novembre? Come è stata recepita dal pubblico la video-installazione esposta al Museo Internazionale della Musica di Bologna?
Nino Strohecker lavora sui processi di traduzione dall’analogico al digitale. Quello che emerge nei suoi lavori sono le mancate corrispondenze tra una lingua e un’altra; esse generano spazi bui nei quali parti di senso vengono a mancare ma, nello stesso tempo, sono proprio queste lacune che conducono a un nuovo testo. Il punto di partenza è il suo vissuto e quello di arrivo un ipertesto di questo vissuto, in cui si riconosce lo stratificarsi di livelli di alterazione percettiva sull’esperienza originaria. Durante l’incontro a Nosadella.due, Nino ha mostrato il suo ultimo lavoro video, Destination Journey, in cui l’artista ha ripreso il tragitto da casa, allo studio, che egli percorreva in bicicletta durante un periodo di residenza alla ID11/CreArt di Delft. Lo spettatore è immerso in un paesaggio che si duplica, triplica e moltiplica all’orizzonte, cambiando anche filtro cromatico; ogni 3 minuti la percezione del paesaggio cambia insieme anche alla sonorizzazione elettronica. Dunque, lo stratificarsi di esperienze apparentemente uguali ma puntualmente diverse, agisce come lo stratificarsi della memoria, la sua, quella del paesaggio, ma anche quella dello spettatore. Proprio come accade in Victims, l’installazione che Nino Strohecker ha esposto per Archivio Aperto al Museo della Musica di Bologna. Come ci ha raccontato durante il talk, il video è l’esito di una rielaborazione di film originali che gli sono stati donati da un amico di famiglia. Per puro caso questo materiale, appartenente a persone a lui sconosciute, contiene immagini che l’artista fa risalire alla sua famiglia; Nino, infatti, trova i suoi bisnonni tra la folla che acclama Hitler alla sua entrata a Vienna nel 1938. A questa personale memoria, si sovrappone la memoria storica di quell’evento e del ruolo di un paese, l’Austria, che ha accolto l’avanzamento del regime nazista. L’elemento sonoro (appositamente elaborato dai musicisti Wolfgang Dorninger e Didi Bruckmayr, in totale autonomia rispetto all’artista) con il suo incalzare ossessivo ai limiti del disturbo, gioca un ruolo determinante nella percezione delle immagini; lo spettatore rimane estraniato poiché Nino priva la pellicola di ogni suo sapore poetico, ne distorce le immagini saturandole, ripetendole, brutalizzandole, mentre la potente sonorizzazione le rende ancora più inquietanti quasi in un loro imbarazzante non trovare pace. L’effetto più dirompente di questo lavoro risiede senz’altro nel continuo stare in mezzo, in quegli spazi bui, tra il materiale originale e l’incerta e schizofrenica ri-lettura che ne dà l’artista. Una pubblicazione omonima, realizzata dall’artista in una tiratura limitata, accompagnava la mostra offrendo al lavoro la possibilità di una lettura certamente più intima; qui ogni pagina accoglie un frame che, nel suo stare immobile, lascia tempo e spazio allo sguardo per fermarsi.

Diego Marcon, SPOOL, tape 05, still da video

Il secondo talk, svoltosi sabato 22 Novembre, ha avuto come protagonista Diego Marcon il quale ha presentato Spool Tapes, una serie di lavori video realizzata a partire dal recupero di archivi di film di famiglia privati e amatoriali. Quali occasioni di riflessione ha presentato e ha voluto stimolare questo secondo incontro?
L’incontro con Diego Marcon è stato quasi inevitabile. Da una parte c’è un artista che ha fatto un percorso coerente, e in una qualche misura sistematico, nel mondo degli archivi amatoriali in video; nessuno come lui, infatti, tra l’altro molto giovane all’inizio, ha intrapreso un lavoro così continuo e duraturo (il progetto SPOOL, iniziato nel 2007 prosegue a tutt’oggi e ha finora prodotto 7 video, un ottavo in fase di ultimazione). Dall’altra parte c’è un archivio, che è un centro di rielaborazione e che lavora da quasi 15 anni di film privati. Finora a Home Movies ci si è occupati di film in pellicola, principalmente nei formati 8mm, Super8, 16mm e 9,5mm, su cui sono stati impressi i ricordi filmati degli italiani fino agli anni Ottanta, quando la tecnologia video ha preso il sopravvento. Il motivo dell’incontro, oltre all’intenzione di fare conoscere il meritevole lavoro di Marcon, è proprio legato a una questione su cui Home Movies sta muovendo i primi passi; la raccolta e l’archiviazione dei video amatoriali. Si tratta di un terreno di riflessione quasi vergine, che apre tematiche immense; quel che manca è appunto la sistematicità poiché chi ha lavorato su questi materiali finora l’ha fatto in modo sporadico. In questo senso Marcon ci pare un’eccezione, lui stesso ha fatto a suo modo un vero e proprio lavoro di archiviazione dei materiali, li ha catalogati e studiati, sono stati oggetto della sua tesi allo IUAV. Quel che emerge nei lavori è indubbiamente un percorso di rielaborazione che muta nel tempo; l’artista stesso dice che il suo intervento sui video è più evidente nei primi lavori, poi diventa più subdolo perché lo spettatore non è più in grado di capire dove egli sia intervenuto. I temi sono legati alla personalità di chi ha realizzato i video, al contesto sociale, all’immaginario, alla rappresentazione di sé e dei propri cari, ai rapporti famigliari incluse le connotazioni psicanalitiche, eccetera. Un altro aspetto importante che è emerso (anche grazie a Diego Cavallotti, dottorando dell’Università di Udine che sta studiando le produzioni videoamatoriali e il lavoro di Marcon e che ha curato l’evento), riguarda la collocazione e la fruzione di questi archivi rielaborati. Per Archivio Aperto sono stati presentati in una mostra on line, Streaming SPOOL (streamingspool.tumblr.com); una novità rispetto alla collocazione in gallerie d’arte, musei, sale cinematografiche e canali televisivi, in cui SPOOL è stato presentato e diffuso in passato.

Eva Marisaldi, Barbina, still da video

L’incontro conclusivo ha visto la presenza di Eva Marisaldi; l’artista ha collaborato anche in passato con Home Movies e in questa occasione ha presentato Trasporto Eccezionale, un lavoro in progress avviato l’estate scorsa…
Il lavoro di Eva Marisaldi è decisamente multiforme e laddove si serve del linguaggio video, lo fa per mettere a nudo lo sguardo dello spettatore, che poi è prima di tutto il suo. Quello che ci interessava invitandola a mostrarci un work in progress, l’inizio, il bozzolo ancora immaturo di un nuovo percorso di creazione, era proprio penetrare il suo sguardo e farci guidare nel percorso che l’ha condotta nella scelta dei materiali. La Marisaldi è partita dall’idea di raccogliere immagini di giardini, ma quando entri all’archivio di Home Movies, la ricerca deve farsi guidare da quel che incontri. Come ci raccontava durante il talk, non ha utilizzato un catalogo tramite cui fare una scelta tematica o cronologica, ma ha utilizzato un tavolo, un sedia, un monitor su cui ha pazientemente visionato i materiali digitalizzati grazie soprattutto ad una persona che l’ha accompagnata nella ricerca. (Al momento infatti, per compiere ricerche all’interno dell’archivio ci vuole un operatore; la maggior parte di materiale conservato da Home Movies, non è ancora totalmente accessibile perché nonostante l’ampio lavoro di digitalizzazione e catalogazione svolto in questi anni, rimangono limiti tecnici principalmente dovuti alla mancanza di fondi e risorse che purtroppo non vengono stanziati per la valorizzazione di un patrimonio così importante e riconosciuto). In questo caso Eva è stata accompagnata da Gisella Gaspari, e con lei ha speso tutte le ore necessarie a guardare questi film: «c’erano giorni in cui non trovavi assolutamente niente che ti catturasse – raccontava Eva – altri in cui ogni pellicola era una sorpresa!».
Ma cosa significa farsi catturare? Cosa cerca l’artista di fronte a queste memorie private? Probabilmente cerca le proprie, va alla ricerca di quei segni che rimandano alla propria memoria, visiva e materica. Memorie personali e memorie mediate dalla conoscenza della storia e dagli immaginari che essa trasmette. Ogni immagine porta con sé infiniti potenziali di lettura a seconda di chi ci sta di fronte ed è la libertà, come diceva Eva, di poterci lavorare a tuo piacere che porta al montaggio finale di tanti frammenti. È la peregrinazione delle forme da ieri a oggi e viceversa, il riconoscerle e interpretarle. Nel film che ci ha mostrato troviamo questo, un rimando costante a ciò che i film privati mostrano oggi, da un paesaggio riconoscibile alle pratiche di transumanza, dai volti dei mercati, alle vele delle navi. Un trasporto eccezionale nel tempo prima ancora che nello spazio.

Nino Strohecker, Victims (02), still da video

Alla luce delle tematiche che sono emerse, credo sia presente in questa iniziativa una forte componente concettuale legata alla memoria. Concordate con questa affermazione?
Tutto il lavoro di Home Movies è legato alla memoria, personale, collettiva e storica. Una manifestazione come Archivio Aperto fa emergere la memoria non come dato univoco e codificato, bensì come un insieme contraddittorio di elementi che scaturiscono dalla complessità insita nei materiali; ad esempio la memoria personale e privata contraddice di per sé le versioni ufficiali. Poi il fatto che molto soggetti siano implicati, gli stessi cineamatori e le famiglie da cui i film provengono, gli archivisti, i ricercatori, gli artisti e i filmmakers provoca dei cortocircuiti di significato e una pluralità di livelli di lettura. Quindi tante memorie, tanti livelli su cui interviene anche il pubblico reagendo agli stessi materiali più o meno rielaborati.

Diego Marcon, SPOOL, tape 06, still da video

Qual è secondo voi il rapporto che sussiste tra i film di famiglia e la ricerca artistica contemporanea, alla luce soprattutto del fatto che al giorno d’oggi i dispositivi per riprendere, registrare, diffondere e condividere video amatoriali sono alla portata di tutti in quanto economici e di utilizzo immediato?
Nell’era del Grande Fratello prima, e della Rete poi, siamo certamente attratti dalla vita privata altrui. I mezzi che abbiamo a disposizione ci permettono di curiosare, condividere, lasciare traccia, ma soprattutto di inventare. Quello che è interessante quando si guardano questi materiali privati è che non sono fonti ufficiali; li si può interpretare, riempiendo anche gli spazi vuoti che lasciano, soprattutto laddove il contesto di essi non è completamente tracciabile o non ci è dato di conoscere. Certo si possono fare ricerche e risalire all’origine di certi filmati, ma quel che è interessante dal punto di vista della ricerca artistica è il potenziale immaginativo. È curioso che per gli storici la fonte audiovisiva sia spesso la meno attendibile, o sicuramente la più controversa; tranne casi eccezionali, dal punto di vista storico le immagini filmiche e fotografiche sono ritenute ancora oggi le fonti meno rilevanti, rispetto ai documenti scritti, privati o istituzionali. Nel caso dei film privati, questa diffidenza è dovuta al fatto che essi sono un mezzo espressivo che riflette un desiderio assolutamente personale e soggettivo di guardare il mondo. Al contrario della storiografia, l’artista di oggi si ritrova perfettamente in questa dimensione e guarda a questi materiali come a una rovina di un mondo che può essere immaginato di nuovo.

Infine, avete in cantiere altri progetti e collaborazioni di carattere trasversale, pensati per creare connessioni tra iniziative culturali, la città dove esse vengono ospitate e il tessuto sociale che vi abita?
Visto il successo di quest’anno, pensiamo di proseguire e intensificare questa formula, anche perché il formato di contaminazione cittadina si presta bene all’idea di Archivio Aperto di esplorare i materiali filmici privati da diversi punti di vista, per farne poi esplodere le potenzialità nello spazio pubblico. Inoltre, ci sono margini di miglioramento per sviluppare la trasversalità che ha caratterizzato questa edizione ancora più di altre; stiamo infatti pensando di coinvolgere altri archivi che lavorano sulla raccolta di memorie private, per farle poi ri-vivere tramite un lavoro artistico.

Info: www.nosadelladue.com
www.homemovies.it

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