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CATANZARO | MARCA Museo delle Arti di Catanzaro | Prorogata al 31 agosto 2019

Intervista a GRETA PETESE e FEDERICO SARDELLA di Matteo Galbiati

Il MARCA Museo delle Arti di Catanzaro torna ad ospitare una mostra dedicata ad un grande artista italiano e, con Come fuoco nella cenere. Grandi formati. Opere 1960-1980, le sue sale si colmano delle energie segniche e degli equilibri formali della pittura di Emilio Scanavino (1922-1986). In occasione di questo importante progetto espositivo, incontriamo i curatori della mostra Greta Petese e Federico Sardella che ci guidano alla scoperta delle scelte attuate per questa mostra e alla lettura della poetica del maestro:

Emilio Scanavino, Come fuoco nella cenere, 1960, olio su tela, cm 200×300

Come fuoco nella cenere non è solo il titolo della mostra, ma anche di un’opera del 1960 che Scanavino presentò alla XXX La Biennale di Venezia, perché avete attuato questa scelta?
Greta Petese e Federico SardellaIl titolo della mostra Come fuoco nella cenere corrisponde al titolo di un’opera emblematica, datata 1960. Ancora facente parte delle Collezione Scanavino, nel 1960 venne esposta alla Biennale di Venezia, che dedicò in quell’occasione una sala personale all’artista. Questo lavoro, insieme a Omaggio al Maestro del 1962, anch’essa in mostra, è un’opera fondamentale, nella quale emergono evidentemente una serie di presenze e che, al suo interno, sviluppa una fitta serie di relazioni spaziali, visto il suo grande formato. Lavori come questi rendono evidente la progressione di un percorso dettato da un’energia generativa che inizia a diventare poco contenibile, come se lo spazio fosse una costrizione, qualcosa da domare e strumentalizzare, afferrare, superare. Come se l’infinito, per mostrarsi, dovesse per forza essere arginato. Come se l’indicibile, per rivelarsi, dovesse trovare una dimensione fisica per potersi esprimere. La profondità degli sfondi di questi dipinti mette in evidenza l’incontinenza dei loro perimetri ed è tale da renderli tridimensionali, sconfinati e in particolare quest’opera segna in maniera evidente e incisiva la necessità di andare oltre al bisogno di infinito e di assoluto che anima il procedere dell’artista.

Emilio Scanavino. Come fuoco nella cenere. Grandi formati. Opere 1960-1980, veduta della mostra, Museo MARCA, Catanzaro Courtesy Archivio Emilio Scanavino, Milano, 2019

Quale itinerario segue la mostra? Come avete voluto allestire le sale del MARCA e con quali lavori? Ci riassumete l’itinerario espositivo?
GP e FS – L’esposizione si sviluppa cronologicamente: in ogni sala del MARCA un gruppo di opere, dalle quattro alle otto, dialoga coerentemente rispetto agli anni della loro produzione e rispetto alle tappe fondamentali del percorso dell’artista, individuate attraverso opere – tutte di grandi dimensioni, che vanno dagli anni Sessanta agli anni Ottanta – provenienti da importanti collezioni private, oltre che dalla Collezione Scanavino. Si potrà notare che nelle pitture degli anni Sessanta il fondo dell’opera risulta essere quasi senza fine, suggerendo una tridimensionalità quasi evidente, in cui si dispiegano presenze materiche tangibili. Mentre nelle opere successive, quelle degli anni Settanta, avviene un cambiamento stilistico, una sorta di nettezza dell’immagine. Il quadro è abitato da presenze più definite su campiture piatte e dall’uso della geometria, ancoraggio che permette a Scanavino un tentativo di raccontare l’infinito. Le opere della serie Alfabeti senza fine costituiscono il corpo centrale della rassegna. In questa tipologia di dipinti, il dialogo tra la pittura e il campo di forze generate dallo spazio diviene sempre più pregnante e si assiste a un’alternanza significativa di ruoli che sfocerà nella soluzione dell’ingabbiatura. Proseguendo così la ricerca sulle sconfinate, inesauribili possibilità espressive e combinatorie del segno, Scanavino tradisce un chiaro assetto programmatico e introduce un sistema di regolarità che diviene matrice da reiterare: una riflessione squisitamente narrativa sui multipli possibili e le alternative combinatorie, che introduce di forza il tema della temporalità in atto. Al concludersi della mostra, ci si potrà rendere conto di quanto il gesto dell’artista, inteso come azione calligrafica e autografa, resti costante e fedele a se stesso e all’intuizione originaria, pur cambiando l’ambientazione e il crearsi di nuovi soggetti all’interno delle opere.

Perché avete privilegiato solo i grandi formati?
GP e FS – Scanavino è uno dei pochi artisti che ha iniziato a lavorare sul grande formato già a partire dagli anni Cinquanta: ne sentì da subito l’esigenza. Lo spazio vitale concesso alle opere per essere fruite nel migliore dei modi, grazie all’impeccabile struttura del Museo delle Arti di Catanzaro, consente allo spettatore di potersi abbandonare a una contemplazione di grande respiro.

Emilio Scanavino, Alfabeto senza fine 7, 1970, olio su tela, cm 150×150

Cosa identifica, in breve, il linguaggio e la ricerca di Scanavino? Quale testimonianza ha, poi, lasciato come eredità nella cultura artistica contemporanea italiana? Cosa lo identifica maggiormente?
GP e FS – In una delle più recenti pubblicazioni monografiche dedicate a Emilio Scanavino, sin dalle prime righe del suo scritto, Elisabetta Longari avverte che “i tempi sono ormai indubbiamente maturi per rileggere l’opera di Scanavino in tutta la sua organica complessità, sottraendola alle facili etichette, soprattutto a quella più abusata dell’informale”. Infatti, “con ogni evidenza alcune opere introducono pratiche che vanno al di là delle tecniche tradizionali…. Una spiccata curiosità per la genesi, tanto naturale quanto artificiale delle forme, perfino per certi ready made, testimoniata in primis dall’attività fotografica ancora prevalentemente inedita, spinge l’artista alla sperimentazione e all’impiego di materiali altri rispetto a quelli propri delle belle arti, portandolo a esiti sorprendenti, in alcuni casi vicini per sensibilità a certe operazioni dell’Arte Povera, parallelamente a esse ma spesso anche ante quem”. Tutta l’opera di Scanavino è attraversata da un sentire spirituale e chiama in causa una percezione che è carnale, viscerale, aptica, capace di trasformare l’occhio in mano, di risvegliare il segno, di far rivivere l’immanenza dell’apparizione, cancellando i limiti tra dentro e fuori, tra l’essere e il nulla. “Porgo la mia mano, con la speranza che essa sia stretta da un’altra; porgo la mia mano con la speranza che in essa vi sia deposto qualcosa”, scrisse a tal proposito Scanavino.

Emilio Scanavino. Come fuoco nella cenere. Grandi formati. Opere 1960-1980, veduta della mostra, Museo MARCA, Catanzaro Courtesy Archivio Emilio Scanavino, Milano, 2019

Segno, tempo, spazio, gesto, uniti naturalmente ad un uso specifico del colore, sono elementi connotanti del suo lessico che portano, però, il suo sguardo ben oltre la sola pittura…
GP e FS – Scanavino è un autore estremamente eclettico. Nella sua carriera ha spaziato dalla pittura alla scultura sino alle installazioni, alla ceramica, alla fotografia. Un artista a tutto tondo la cui opera va riconsiderata a partire da zero. Non a caso, concependo questa mostra, una delle prime questioni sulle quali ci siamo interrogati riguardava la scelta di esporre o meno anche alcune sculture per completare il percorso, che non prevede, invece, la presenza di tali opere ma che proprio grazie alla loro assenza lascerà ai soli dipinti il compito di mostrare possibili altre dimensioni e presenze cariche di senso. L’unico pezzo tridimensionale esposto è l’opera intitolata Composizione del 1959. Un’installazione, un oggetto in legno policromo, da fruire a tutto tondo che delinea uno dei primi sentori di quest’urgenza di sorpasso delle definizioni di pittura e scultura, che cerca la dilatazione dello spazio, l’aria, l’ossigeno, oltrepassando la materia dell’arte come tradizionalmente è intesa nella sua forma fisica. Perché se è indiscutibile che la tridimensionalità è peculiarità della statuaria, è altrettanto vero che i segni lasciati da Scanavino sono creature dotate di corpo e dimensioni, e anche se tracciati, scavati o graffiati sulla tela, hanno sempre manifestato un’evidente sensibilità per il concreto, rivelando il bisogno di un riscontro fisico che restituisce l’impronta di un’esistenza effettiva.

Emilio Scanavino, Tramatura, 1973, olio su tela, cm 150×150 Foto Bruno Bani

In diversi punti della sua analisi critica fa riferimento ad un rapporto tra la geometria, razionale e definita, e la calligrafia, libera e senza schemi precostituiti, due elementi che, nelle opere di Scanavino, fanno sempre riferimento all’infinito: perché è una dimensione determinante per la sua visione?
Greta Petese – L’infinito è una “dimensione” e una tematica ampiamente esperita da Scanavino, gli appartiene. La rappresentazione dell’infinito, nel senso nascosto e spirituale del termine, tenta di offrirci un trasferimento di quei mondi accessibili al suo grado di iniziazione, alla sua anima, al suo intuito, al suo sentire di uomo-spirito. Si tratta di estrapolazioni di una realtà soprasensibile nate in stato di veglia, di una traslazione astrale, dalla forza ipnotica, di manifestazioni tangibili della purezza spirituale. La geometria è quell’ancoraggio che gli permette di raccontare l’infinito a cui si aggrappa anche solo per un istante. Vediamo spesso nei suoi quadri l’azione calligrafica che invade la struttura razionale di organizzazione e si attacca, si lega, si salda alla griglia, al quadrato, a un angolo. Come scrive Federico Sardella nel suo saggio, infatti “l’alfabeto di Scanavino rimanda a una struggente idea di comunicazione che trova ordine nell’intento ultimo di ogni atto narrativo: quello di esorcizzare il nulla, di misurare lo spazio, di sconfiggere le laceranti assenze, di comprendere la morte”.

Emilio Scanavino. Come fuoco nella cenere. Grandi formati. Opere 1960-1980, veduta della mostra, Museo MARCA, Catanzaro Courtesy Archivio Emilio Scanavino, Milano, 2019

Citando Accame – nel suo saggio critico – fa riferimento ad una pittura come “evocazione e presenza”: quali osservazioni sull’opera di Scanavino pensa conduca e accompagni questa affermazione?
Federico Sardella – Di Giovanni Maria Accame vi sono molti scritti importanti sull’opera di Scanavino. Sicuramente è uno degli autori che ha saputo vedere e tradurre il lavoro dell’artista in maniera pulita e sincera, senza mai ripetersi o ripetere letture preordinate, contribuendo in modo indiscutibile a scandagliare e sottolineare molti aspetti del lavoro che la sua profonda sensibilità, preparazione e passione hanno saputo rivelare. La pittura di Emilio Scanavino è “evocazione e presenza”, in quanto pura emanazione nella quale partecipazioni materiche, fautrici di presagi, sembrano celare qualcosa di inviolabile. La metamorfosi rende la pittura protagonista e simultaneamente spettatrice, i grumi sembrano comportarsi come crisalidi di tempo atteso e rappreso, la materia ha un’evidenza temporale che ritroviamo nelle superfici dominate dai grigi e dai neri: “Lo so, ho pochi colori da offrire. Posso soltanto cercare di fermare questo buio che avanza”, afferma l’artista… Il segnare di Scanavino ci parla, trattiene e dischiude tutto questo sopra, ma rimanda anche a una relazione emotiva e intellettuale: la tela non è il luogo su cui si raccolgono i precipitati di un concitato monologo, ma la sede di un ritrovamento, nevralgico sito di riscontri e accertamenti, spazio di verifica, angolo di tempo incastonato.

Emilio Scanavino, La punta, 1975, olio su tela, cm 80×80

Perché, secondo voi, le sue opere conquistano l’attenzione del pubblico? Cosa ne qualifica il valore e il contenuto poetico?
GP e FS – Il Museo delle Arti di Catanzaro, la tipologia di opere scelte per la mostra e l’allestimento hanno avuto, da subito, un grande impatto sul pubblico. La scelta di portare solo opere pittoriche di grandi dimensioni ha reso l’esposizione unica e difficilmente replicabile. Un’occasione imperdibile per chi ama il lavoro di Scanavino. La ricerca di opere accumunate dalle misure ma differenti per tematiche e stile è stata una bella sfida che ha riconsegnato un grande valore al progetto.

A più di un mese dalla sua apertura, quali reazioni state registrando in merito a questo progetto espositivo? Sia da parte di visitatori “generici” che da parte della platea di addetti ai lavori?
GP e FS – Sin dalla sua inaugurazione, lo scorso 16 maggio, occasione in cui abbiamo avuto modo di constatare l’entusiasmo e l’interesse di un pubblico numeroso, attento e in parte preparato, la mostra ha continuato a riscontrare plausi positivi e grande attenzione anche da parte degli addetti ai lavori. Non è un caso che, poco dopo l’inaugurazione a Catanzaro, ci sia stato proposto di presentare la monografia realizzata per l’occasione della mostra a Milano, a Palazzo Reale. La pubblicazione non è infatti solamente il solito catalogo che documenta la mostra, bensì un libro indipendente, con numerosi testi redatti per l’occasione, interviste e documentazione inedita, e il 30 settembre la ricerca e l’impegno di Emilio Scanavino saranno ulteriormente celebrati proprio grazie a questa pubblicazione, prima di una serie di approfondimenti e appuntamenti di rilievo promossi dall’Archivio Emilio Scanavino.

Emilio Scanavino. Come fuoco nella cenere. Grandi formati. Opere 1960-1980
a cura di Greta Petese e Federico Sardella
in collaborazione con l’Archivio Scanavino
catalogo bilingue italiano-inglese Silvana Editoriale

Prorogata al 31 agosto 2019

MARCA Museo delle Arti di Catanzaro
Via Alessandro Turco 63, Catanzaro

Orari: da martedì a domenica 9.30-13.00 e 15.30-20.00; lunedì chiuso
Info: +39 0961 746797
info@museomarca.com
www.museomarca.com

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