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Suspense-sculture sospese

di Matilde Puleo

La curatrice della mostra organizzata negli spazi dell’EX3, Arabella Natalini, ci ha rilasciato un’intervista nella quale, oltre a svelarci l’intero percorso di una mostra assai corposa, si concentra sui valori e le scelte da lei condotte in merito a Suspense-sculture sospese. Scultura in sospensione, da intendersi come condizione atta alla filosofia che scaturisce dai pensieri e dalle concordanze o discordanze con l’attuale situazione relativa alla plastica da perseguire con impegno e in piena autonomia. Il progetto da lei descritto è quello della ricerca dei mutamenti progressivi che dalla scultura tradizionale arrivano a farsi carico contemporaneamente anche del contesto sociale. In questo modo la conformazione della scultura penetra fino alle fibre impercettibili dello spazio circostante e dal semplice rapporto con la tridimensionalità si giunge alla realtà dell’interazione uomo-ambiente.
La complessa quanto affascinante mostra collettiva è, insomma, tutta da scandagliare con la mente oltre che da verificare col nostro corpo.

Matilde Puleo: Direttrici di ricerca molteplici per una mostra che indaga sulle capricciose ed instabili relazioni che la scultura intrattiene con lo spazio in nome del loro essere sospese o comunque di essere restie ad accettare la forza di gravità. Arabella Natalini, nel catalogo fai riferimento alle varie possibilità interpretative della parola suspense. Ce ne riassumi qualcuna?
Arabella Natalini: Credo che Suspense sia un titolo evocativo, che richiama alla mente immagini e suggestioni diverse. Rimanda innanzitutto all’idea di sospensione nello spazio, ma, contemporaneamente, anche a una tensione, a un sentimento di attesa o d’inquietudine. Una parola quindi che indica una connotazione spaziale intrinsecamente allacciata a una emotiva e anche a una che potremmo definire concettuale, in quanto connessa a un’auspicabile sospensione del giudizio. Ci tengo però a precisare che per quanto riguarda quest’ultima accezione, il nostro non è un invito a negare la possibilità di giudizio, a non esprimersi o a non confrontarsi con le opere esposte, quanto piuttosto a concedere al nostro sguardo il giusto tempo per poter “ascoltare”, lasciar spazio a risonanze e riflessioni personali per poter elaborare un pensiero condiviso.

La scultura non ha solo perso il piedistallo, ma a mio avviso sembra misurarsi con il corpo umano: è in grado cioè di emanare odori, resistere allo spazio, elaborare strategie per rimanere in piedi e di coinvolgere, assoggettandola a sé, la natura ed i suoi ritmi vitali. Ci racconti quanto pensate di avere influenzato gli artisti invitati, mostrando o perfino spiegando loro le vostre esigenze?
Nella maggior parte delle opere esposte, il corpo umano non è stato chiamato direttamente in causa ma piuttosto, come dicevi tu, ha costituito un elemento con cui misurarsi. Molti i riferimenti al mondo naturale, ma anche all’azione dell’uomo e alla possibile interazione con esso: rifugi, lacerti, stimoli visivi e olfattivi ideati da donne e uomini per altri uomini e donne; opere eterogenee che alimentano una visione complessa e sfaccettata della produzione contemporanea.
In questa mostra, più che influenzare direttamente gli artisti, abbiamo offerto loro un’ulteriore occasione di confronto con un dispositivo che in gran parte già utilizzavano. Credo che nel rapporto creatosi con lo spazio, e con le altre opere esposte, siano poi emersi nuovi spunti di riflessione anche per gli artisti, oltre che nuove possibilità di lettura del loro lavoro da parte del pubblico.

Quale è l’idea sulla scultura portata avanti da questi artisti che vi ha confermato di più le linee guida del progetto e quali quelle che vi hanno meravigliato, suggerendovi altre possibilità interpretative?
Nell’insieme direi che la conferma maggiore è stata quella legata all’impossibilità di definire delle linee guida univoche della scultura contemporanea, ma anche quella di un rinnovato interesse diffuso nei confronti di una pratica che alcuni decenni fa sembrava aver perso pregnanza.
Naturalmente, la maggior parte dei lavori selezionati ha testimoniato quell’idea di leggerezza, di precarietà e duttilità che sta alla base del nostro progetto mentre il rapporto delle opere con lo spazio, sia interno che esterno, si è confermato l’elemento costitutivo e fondante di queste lavori che, per quanto eterogenei, si misurano oggi con le tre dimensioni.
Dato che le opere di Suspense non sono state realizzate appositamente per questa mostra – a differenza di quanto accaduto in precedenza a EX3 – la sfida ulteriore è stata quella di riuscire a valorizzarle singolarmente e, allo stesso tempo, di farle interagire tra loro in modo significativo e appropriato. Ci sono poi state alcune opere che hanno trovato uno spazio capace di amplificarne le potenzialità e le caratteristiche, penso innanzitutto a quella di Franco Menicagli, di Daniela De Lorenzo o di Alessandra Birken; altre, come quella di Cornelia Parker o di Tobias Putrih, pur non avendo a disposizione uno spazio ideale, ci hanno stupito per la loro capacità di adattamento e riconfigurazione.

Il carattere esile ed effimero di questa scultura, può trovare conferme nella perdita delle ideologie forti. Dall’altro lato, gli artisti che avete invitato non provengono da aree geografiche simili per storia o tradizione. Che tipo di riflessione vi sentite di fare estendendole alla sfera appunto antropologica attuale?

La perdita di ideologie forti inficia alla radice, nel bene e nel male, la possibilità di realizzare opere portatrici di un messaggio unico e universalmente condivisibile. Il fenomeno, ormai consolidato, della globalizzazione ha avvicinato luoghi e linguaggi ma la storia e la tradizione, fortunatamente, continuano ad avere un peso, e un senso, nella vita di ognuno di noi. Gli artisti non fanno eccezione e credo che la loro provenienza sia parte costitutiva del loro lavoro, sia nei riferimenti e nei contenuti che nelle modalità con cui questi vengono realizzati.

La mostra in breve:
Suspense. Sculture Sospese
a cura di Lorenzo Giusti e Arabella Natalini
EX3 Centro per l’Arte Contemporanea
viale Giannotti 81/83/85, Firenze
Info: +39 055 6287091
www.ex3.it
19 febbraio – 8 maggio 2011

Artisti invitati: Alexandra Bircken (Germania, 1967), Beth Campbell (Usa, 1971), Daniela De Lorenzo (Italia, 1959), Claire Morgan (Irlanda, 1980), Franco Menicagli (Italia, 1968), Ernesto Neto (Brasile, 1964), Jorge Pardo (Cuba, 1963), Cornelia Parker (Regno Unito, 1959), Tobias Putrih (Slovenia, 1972), Tobias Rehberger (Germania, 1966), Tomas Saraceno (Argentina, 1973), Bojan Šarčević (Bosnia 1974), Hans Schabus (Austria, 1970), Luca Trevisani (Italia, 1979), Pae White (Usa, 1963), Hector Zamora (Messico, 1974)

In alto, a sinistra:
Cornelia Parker, “No Man’s Land”, 2010, Net, cut up black clothing, hooks, thread, bags of lead shot, cm 265x225x246, courtesy of the artist / Frith Street Gallery, London
Ernesto Neto, “While nothing happens, baby”, 2010, polyamide textile, spices, sand, wood, pulley and hooks variable height, diameter 4.5 m, photocredit Gard A. Frantzsen, courtesy of the artist / Tanya Bonakdar Gallery, NY
In basso, a sinistra:
Tomas Saraceno, “Biosphere 06”, 2009, acrylic, water dripping system, nylon thread, tillandsia plants diameter of the sphere 50 cm, Sergio Bertola collection, Genoa, courtesy Pinksummer, Genoa
Franco Menicagli, “Clues”, 2007-2010, flexible wood poles, plastic strips, recycled objects, dimensions variable, photocredit Gaetano Vannucchi, courtesy of the artist

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