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di VIVIANA SIVIERO

Cibarsi di idee e nutrire l’anima, per fortuna non è una novità. Sperimentare tutti, il possibile e l’impossibile, nemmeno: il binomio cibo/arte è stato sperimentato in molteplici declinazioni. I tentativi più celebri e riusciti sono sicuramente i banchetti di Daniel Spoerri – artista d’avanguardia – realizzati a partire dagli anni ’70, ma come dimenticare quando nel 2007 Roger M. Burguel, curatore della Documenta 12, invitò il celebre Ferran Adrià – cuoco d’avanguardia – ad esporre alla più celebre manifestazione d’arte contemporanea del Mondo: esposizione quotidiana del Menù a Kassel, cena al Bulli di Roses per due fortunati al giorno, documentazione serrata sul catalogo per concludere…

Così, in tempo di crisi, la fame non si appaga, anzi, aumenta vertiginosamente: non solo dal punto di vista simbolico e culinario ma, soprattutto, per quanto riguarda la necessità di saziare lo spirito attraverso gli occhi. E non solo. La mostra di Simone Ferrarini organizzata da Sponge Arte Contemporanea (Pergola PU) dal titolo Così vanno le cose, così devono andare si è chiusa con un finissage di eccellenza. Le “opere” pitturate (e non dipinte, n.d.r.) dall’artista emiliano, sono state salutate con una cena d’arte, con piatti ispirati alle terre d’origine del pittore.

La cena su invito diretto si è svolta nella notte delle streghe: «Visto che non festeggiamo Halloween – ha affermato l’organizzazione – abbiamo pensato di scegliere una data che ormai è divenuta nota, per vestirla di abiti nuovi». Così nessuna strega né diavolaccio, ma dolcetti e non solo: antipasti, primi e secondi in cui unico scherzetto era proprio quello di seguire il percorso e degustare tutto solo ed esclusivamente dopo averlo compreso! Un percorso sviluppato sulla falsariga di un ragionamento immediato, semplice e ragionato. Ogni portata è stata studiata come site specific che interpretasse il site specific. Un dialogo fra artisti, di pennello e di cucina, che ha nutrito gli ospiti di bellezza gustosa.

Racconta Daniele Vimini, lo Chef che ha deciso di andare oltre la vista, coinvolgendo il tatto, l’udito e l’olfatto, per rendere i quadri assaggiabili, ascoltabili e annusabili: «Ho scelto come tema estetico/alimentare – dice – la terra d’Emilia, ricca di prodotti ed idee, con contaminazioni inevitabili provenienti dalla provincia americana, visti i temi trattati nelle opere»

Ogni dipinto ha accompagnato una tappa del percorso: in compagnia del volto dello scrittore Pier Vittorio Tondelli, che odiava gli addii si è degustato un aperitivo, a base di parmigiano reggiano “terremotato” e coppa di Zibello, mentre in salotto, accanto al dipinto di un casolare immerso nella campagna, si è degustata una “padellaccia” di salsiccia ed olive: maiali ed altre norcinerie che non è affatto difficile incontrare in un teatro di quel genere.

Terza tappa, terzo dipinto, terzo piatto: il ritratto di un vecchio saggio, pittore e filosofo giapponese, associato ad un piatto tra l’impalpabile e il materiale immanente che si materializza in spuma di mortadella.

La stanza blu come il fondo del mare, accoglie il letto e il riposo sotto il vigile sguardo del volto di Rembrandt, associato ad una tempura di funghi, uno dei soggetti più frequenti delle nature morte del pittore, ma anche allucinogeno per Carrol (e non solo, n.d.r.) capace di gettare Alice nelle situazioni più strane, proprio come il sonno…
A seguire, senza soluzione di continuità, il pennello di Ferrarini ci porta fra le rughe di un anziano contadino sfollato, che riposa su una poltrona dopo il recente terremoto:

«Ci si siede al tavolo – dice Vimini – immaginando di conversare con lui, ed insieme si condivide del vino rosso e un salame da affettare con le proprie mani».

E poi, ancora, Martin Luther King e Miles Davis: 
semplicemente soul food e quindi Gumbo, zuppa Cajun tipica della cucina creola e pollo fritto di New Orleans.

Siamo quasi al volgere del percorso: dopo aver salutato King e Davis ecco apparire il volto iconico e significante di Kenny McCormick di South Park, che sembra offrirci il suo cibo preferito:
 waffel con sciroppo d’acero, prima di degustare ciò che conclude l’esperienza, in bagno, come è naturale e cinico che sia: creme di burro di arachidi e di mandorle con scaglie di sale di Cipro, servite su spazzolini da denti, accompagnate da una Chartreuse 55 in formato colluttorio, in compagnia di chi è stato scelto come ultimo ospite: il celebre urlo di Munch. Che dire? Ai posteri l’ardua sentenza…

31 ottobre 2012 – cena in occasione del finissage della mostra
Simone Ferrarini. Così vanno le cose, così devono andare (?)
a cura di Viviana Siviero

chef Daniele Vimini

Sponge Living Space
via Mezzanotte 84, Pergola (PU)

Info: www.spongeartecontemporanea.net

 

 

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