GENOVA | Galleria Studio 44 | 8 – 29 marzo 2014
di Viviana Siviero
Uno sguardo femminile per una struttura poetica che gioca in equilibrio fra fragilità apparente e una resistenza solida, che si palesa attraverso elementi naturali come la carta velina e i pappi di tarassaco, che scelgono la strada astuta messa in pratica dall’evoluzione, per garantirsi un futuro. Sabato 8 marzo alle ore 18.00, Isabel Consigliere, assistente scenografa di Emanuele Luzzati per oltre 12 anni al Teatro della Tosse, artista scultrice, presenta la sua nuova mostra personale presso la Galleria Studio 44 di Genova, dal titolo poetico ed evocativo: Per la sopravvivenza.
Le due principali note che contraddistinguono la tua poetica sono il femminile e la delicatezza, potresti definirli e quindi definirti a parole?
È molto difficile per me riuscire a parlare di me stessa, in genere preferisco che le persone si facciano un’idea da come agisco, da quello che creo e questo, forse, ci porta proprio al tratto distintivo della delicatezza delle mie opere: il messaggio non è mai gridato, messo in evidenza univocamente, solo accennato, suggerito, lasciando porte aperte a più interpretazioni, anche se magari non sono proprio quelle a cui avevo pensato. L’importante è suscitare un’emozione, che provochi un pensiero nuovo, un moto dell’animo e, forse, un cambiamento. Mi attraggono il vetro, l’acqua, tutto ciò che è fragile e resistente insieme, ciò che copre e lascia intravedere, senza svelare. Amo molto il colore, ma la sua mancanza trasporta le opere in un piano più universale, più vicino al mondo onirico dell’inconscio, dove la comunicazione è più sottile, il linguaggio è assonanza e affinità. Sono anche convinta che un contesto armonioso, per quanto il messaggio possa essere anche spiacevole e doloroso, generi più crescita di un’immagine violenta o volutamente disordinata. È vero: nelle mie opere la figura femminile è la più rappresentata, ma non per una voluta scelta di genere, mi viene spontaneo, è ciò che conosco meglio, credo.
Che cos’è per te la scultura, come la affronti e cosa ti permette?
La scultura è il bisogno di toccare con le mani il mio pensiero. È la sensazione un po’ demiurgica di creare nella materia una forma, un’immagine che non esiste ancora, ma sarebbe (per me) immensamente bello vedere. È un piccolo dubbio, un’emozione che mi piacerebbe instillare e che, per mia natura, può essere solo tridimensionale. È anche fatica, ogni volta che preparo un allestimento desidererei avere realizzato solo acquerelli su carta giapponese. Ma non posso farne a meno, evidentemente, nonostante la delicatezza di cui si parlava, non sono una signorina: da piccola a Natale ho chiesto un seghetto alternativo, non una collanina. La maggior parte dei miei lavori sono in carta, anche se sto cominciando a sperimentare la cera, e, nonostante l’insistenza del mio professore di scenografia Gianni Polidori, non sono mai riuscita a disegnare un bozzetto prima. All’inizio c’è una sensazione, un’intuizione, allora chiudo gli occhi e mi immagino l’opera e continua ad immaginarla, correggendo, aggiustando, fino a che, dietro ai miei occhi, è diventata esattamente quello che voglio. Solo allora faccio uno sgorbio in un’agenda, giusto per ricordarmi che devo farla e quando ho tempo la faccio. Carta di giornale tenuta ferma con nastro carta, carta velina per finire, altri elementi se servono: il materiale non è vincolante, uso quello che serve meglio al mio scopo.
Questa tua ultima mostra si intitola Per la sopravvivenza… Molto indicativa ed azzeccata a tal proposito anche la data di inaugurazione… Le tue opere ridefiniscono una certa figura di donna: ce la racconti attraverso i lavori che ritieni significativi per la nuova personale genovese?
Tutta la serie Per la Sopravvivenza nasce come un lavoro sulla protezione di ciò che siamo in realtà, del nostro io più profondo. Un qualcosa di morbido e caldo, ma immensamente fragile, che ci avvolge o cresce dentro di noi, per cullare la delicatezza della nostra anima. Un qualcosa di cui abbiamo bisogno, che è fondamentale e potente e, allo stesso tempo, rapidamente corruttibile se non ne prendiamo consapevolezza. Per questo ho realizzato sculture vere e proprie, che rappresentano persone sul cui corpo, in punti fondamentali, sono cresciuti semi di tarassaco, quei soffioni così delicati, a proteggerle, e installazioni , un reale “guardaroba della sopravvivenza” , una cuffietta e un gilet, da indossare idealmente ogni volta che ne sentiamo il bisogno.
Ancora a proposito di materia: le tue opere sembrano fragili e delicate, in qualche modo deperibili… Cosa possiamo dire ad un collezionista che decida di farle proprie?
Nasco come scenografa e, quindi, il primo insegnamento è tenere conto dei problemi pratici. Quando penso un’opera, nel lavoro di immaginazione c’è anche tutta una parte dedicata alla conservazione e al trasporto. In questo caso tutte le sculture sono conservate in campane di vetro o teche di plexiglass e i semi testati in ambiente umido. La carta nel tempo cambia colore, ma è una cosa che mi piace: la scultura vive e si modifica. Qualche seme comunque volerà via? Sarò più che felice di fare una nuova passeggiata nel prato e sostituirli.
Isabel Consigliere. Per la sopravvivenza
8 – 29 marzo 2014
Galleria Studio 44
Vico Colalanza 12r, Genova
Orari: da giovedi a sabato, 16.00-19.00
Info: www.galleriastudio44.it
galleria_studio44@yahoo.it