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Intervista ad ALBERTO ZANCHETTA di Matteo Galbiati

Sono ben sette le mostre che hanno inaugurato al Museo d’Arte Contemporanea di Lissone nelle scorse settimane. Un insieme vario ed eterogeneo di contenuti e spunti, poetiche e ricerche, un’occasione utile al pubblico al quale viene offerta l’importante possibilità di ammirare e conoscere un ricco spaccato della cultura artistica contemporanea. A quasi un anno e mezzo dall’inizio del suo mandato incontriamo Alberto Zanchetta, direttore dell’istituzione brianzola:

Panoramica della mostra di Daniele D'Acquisto, Museo d’Arte Contemporanea, Lissone (MB)

Il primo febbraio è stato una sorta di D-day per il museo. Sette mostre tutte in una volta. Come mai questa scelta?
Lo scorso anno inauguravamo due piani alla volta, quasi ogni mese. Per il 2014 abbiamo deciso di rinnovare il format con cadenza bimestrale, offrendo allo spettatore una proposta che definirei “pantagruelica”. La struttura architettonica non è piccola ma neppure enorme, eppure stiamo cercando di sfruttare tutto il potenziale del museo. Ricordo quando la passata amministrazione aveva promesso un raddoppio del museo (obiettivo auspicabile ma proibitivo dal punto di vista economico), ampliamento che la nuova giunta aveva giustamente rinviato a più consone tempistiche. All’inizio del mio mandato avevo promesso che nessuno avrebbe rimpianto il mancato raddoppio, perché tutto il museo sarebbe diventato superficie espositiva, ed è quello che è successo. Ora nessuno parla più di raddoppio del museo, perché il tour de force delle mostre è talmente incalzante e ingente che il MAC di Lissone sembra essersi ingrandito pur rimanendo lo stesso.

Su cosa ti sei basato per le scelte di questo programma?
L’arte contemporanea – come pure il design, che è l’altra vocazione del nostro museo – è caleidoscopica, se non addirittura schizofrenica. Il museo intende rispecchiarne l’indole oltre che tentare di monitorare e documentarne le ricerche, senza imporre un falso gusto coloniale, né creare delle collusioni con il mercato dell’arte. Ho sempre pensato al MAC di Lissone come a un museo diverso rispetto al panorama italiano: qui è possibile vedere (tante, diverse) mostre che non sarebbe possibile trovare altrove. Ne consegue che le scelte sono basate sull’originalità, la specificità e ovviamente la qualità delle opere o dei singoli progetti espositivi.

Michele Spanghero, 1-10000, 2010, tanica di ferro, vernice, altoparlante, cavo audio, audio system, 34x34x38 cm, 13 min. loop

Le mostre, che presentano linguaggi e ricerche diverse, vivono in un ambiente che, pur suddiviso nei diversi piani espositivi, resta comunque unico. Come si percepisce la distinzione singolare di ciascuna? Come si orienta lo sguardo dello spettatore entro una varietà così eterogenea di spunti?
Guardando si conosce, si capisce e si impara. In questo senso le Arti visive sono maestre di vita; il museo, a sua volta, si pone l’obiettivo di “educare iconologicamente” lo spettatore, abituandolo a mantenere uno sguardo aperto e curioso. Le esposizioni sono sempre fortemente caratterizzate, per cui basta osservare le opere per percepire il cambiamento da piano a piano, da mostra a mostra; pur tuttavia, appositi display permettono di identificare i singoli progetti, fornendo le informazioni necessarie per una corretta fruizione.

Poi abbiamo Il collasso dell’entropia su tutti i piani…
Attendevo di realizzare questo progetto da ormai un anno, e continuerò a lavorarci per tutto il 2014. Il collasso dell’entropia proseguirà fino a fine dicembre, arricchendosi strada facendo con nuove installazioni e interventi site-specific. Non è un caso che abbia voluto inaugurare questo progetto in contemporanea con la nuova collezione museale: mi interessava evidenziarne la complementarietà, così come la difformità. La collezione permanente, che ho seguito personalmente, sarà visibile fino a marzo, avrà quindi una decorrenza limitata rispetto a Il collasso dell’entropia, che è un’esposizione a lungo termine. L’idea è quella di una “collezione effimera” (le opere non sono di proprietà del museo ma in comodato d’uso) ed “espansa” (che valorizza l’intero complesso architettonico).

Diango Hernandez, H, 2011-14, vetrofania, 320x248 cm Courtesy l’artista 2013

Che bilancio fai della tua attività di direzione del Museo ad oggi? Cosa pensi di aver dato fino a qui, quali gli obbiettivi ti poni da raggiungere?
Gli obiettivi sono ambiziosi, perché si può fare di più, e sempre meglio. Lo scorso anno sono stati organizzati 45 progetti espositivi, nel museo sono transitate 623 opere e 404 autori. Inoltre sono state acquisite ben 23 nuove opere per le collezioni permanenti. In questi primissimi mesi sono visibili 7 mostre, 54 artisti, 118 opere e 10 acquisizioni recenti. Le premesse ci sono tutte per riuscire a mantenere il ritmo del 2013, con la volontà di sperimentare ulteriormente e di alzare il livello culturale, coinvolgendo artisti sempre più importanti, sia a livello nazionale che internazionale. Personalmente non amo ripetermi, preferisco evolvere, cosa che sta facendo anche il museo.

Quale compito pensi debba assolvere un’istituzione culturale (che per altro vanta una storia prestigiosa legata al Premio Lissone) come quella che dirigi tanto nel contesto del suo territorio, quanto pensando ad un pubblico più allargato?
I musei in Italia sono tantissimi e diversificati. Proprio per questo motivo non volevo che il MAC emulasse realtà preesistenti, bensì imponesse una propria identità. Oggi posso ben dire che il museo si è fatto conoscere ed è riuscito a distinguersi: gli spettatori sono in costante aumento, da tutta Italia e anche dalla vicina Svizzera, perché è un museo da vedere e da vivere costantemente. Assieme all’Assessorato alla Cultura – con cui intrattengo un dialogo costante e serrato – stiamo lavorando a obiettivi comuni per quanto riguarda il territorio, e non solo. Lo storico Premio Lissone è stato un “caso d’eccellenza”, soprattutto se consideriamo il fatto che allora si era nel secondo dopoguerra; quella volontà di riscatto e di ripresa economica non è dissimile dai nostri giorni, tant’è vero che vorremmo replicare il “miracolo” di quel ventennio (1946-1967), perché l’attuale crisi economica – la quale ha avuto inevitabili ripercussioni anche sulla manifattura lissonese – non è una crisi di valori, né di idee, men che meno di qualità o efficienza. In passato Lissone è stata la Capitale del mobile, adesso è giunto il momento di riportare la città a una nuova ribalta socio-economica, certi che la cultura possa avere una positiva ricaduta sul territorio.

Jack Sal, Ring-Rings-Ring, 2014, wall-painting (particolare), dimensioni ambiente

Quali commenti – positivi e negativi – hai ricevuto fino ad oggi?
Ho perso il conto degli epiteti che mi hanno affibbiato da quando dirigo il MAC di Lissone. Ricordo d’essere stato definito “una macchina da guerra, anzi: due”, uno “chef” (in virtù del ricco menù espositivo) e un “uomo della provvidenza”. Alcuni sostengono che io sia il museo, ma rispondo loro che in realtà “io vivo il museo”, cosa ben diversa. Paradossalmente i commenti positivi e negativi coincidono: c’è chi si complimenta per la grande varietà di iniziative (che comprendono laboratori didattici, presentazioni di libri, concerti e altri eventi di natura non strettamente artistica), dall’altra c’è chi dice che stiamo facendo troppo e che è impossibile seguire tutto quello che viene fatto all’interno del museo. Credono abbiano ragione sia gli uni che gli altri.

Quanto conta (a livello organizzativo e rispetto le scelte delle proposte) un’eventuale collaborazione con i privati? Aziende, gallerie, sponsor… Condiziona o lascia comunque liberi?
Grazie ai privati abbiamo potuto avvalerci di sponsorizzazioni che hanno permesso di supportare svariate iniziative, senza il rischio di falsarne o comprometterne l’integrità culturale. Fino ad oggi non ci sono stati condizionamenti o compromessi, proprio perché i rapporti sono trasparenti sin dall’inizio. La situazione è difficile per tutti, ma è comunque possibile intavolare uno scambio proficuo per ambo le parti.

Prevedi progetti condivisi con altre istituzioni? Scambi, collaborazioni…
Ovviamente. Il 2013 è stato l’anno in cui ho dato un nuovo imprinting al museo; il 2014 sarà l’anno del consolidamento (il ché non vuol dire ripetersi, tantomeno fossilizzarsi, perché le idee sono lungi dall’esaurirsi). Le collaborazioni in corso d’opera saranno diverse, per ora cito soltanto la mostra sulla Scuola di Palermo in collaborazione con la GAM di Palermo e la prima personale di sole sculture di Nicola Samorì, che sarà in cordata con un museo straniero. Ci sono poi altri assi nella manica per la fine dell’anno, che però è prematuro annunciare.

Andrea Facco, Lo strano caso di Joan Mitchell #3, 2014, acrilico su tela, 145x145 cm

Monza sarà base logistica e di “rappresentanza” per Milano Expo 2015, una scadenza imminente. Il Museo come si prepara? Quale ruolo avrà? Su cosa stai lavorando?
Innanzitutto abbiamo deciso di anticipare il Premio Lissone Design, che si svolgerà nella prima parte del 2015, mantenendo i temi legati alla nutrizione e all’energia dell’Expo. Rispetto all’anno in corso, il prossimo sarà focalizzato soprattutto sul design e stiamo valutando di organizzare almeno due importanti esposizioni in proposito. L’Expo è imminente ma noi siamo pronti.

Quali progetti attendono, più a breve termine, il Museo?
Il 22 marzo inaugureranno 5 nuove mostre, tra cui una dedicata alla pittura postmoderna in America, la prima antologica italiana di Michael Rögler e le inedite onichopagie di Luca Caccioni. A marzo prenderà il via anche una serie di “mostre impossibili”, che saranno tenute a battesimo da L’eterno compromesso. A maggio Lucio Pozzi dipingerà una tela di dieci metri per otto ore consecutive alla presenza del pubblico, mentre Nicola Verlato sta lavorando a un progetto su Pier Paolo Pasolini appositamente per il nostro museo. Approfitto anche per annunciare che a ottobre ci sarà il nuovo corso del Premio Lissone Pittura, il cui bando sarà disponibile a breve e presenterà delle sostanziali novità rispetto al passato. Ma questa è solo la punta dell’iceberg (non potrebbe essere altrimenti).

Il collasso dell’entropia
1 febbraio – 24 dicembre 2014
Artisti: Gabriele Arruzzo, Luigi Carboni, Luca Coser, Michelangelo Consani, Giuliano Dal Molin, Arnold Mario Dall’o, Robert Gligorov, Paolo Grassino, Diango Hernández, Igor Eškinja, Fausto Gilberti, Anton Kehrer, Jacopo Mazzonelli, Adriano Persiani, Fabrizio Prevedello, Jack Sal, Stefano Serusi, Michele Spanghero, Ivana Spinelli, Giovanni Termini.

Su tutti i piani

Gabriele Di Matteo & Andrea Facco: Lo strano caso di Joan Mitchell
1 febbraio – 30 luglio 2014
Area bookshop

Carlo Benvenuto: Titolo/senza
1 febbraio – 9 marzo 2014
Piano terra

Ciò che l’apparire lascia trasparire
Artisti: Paola Angelini, Elsa Salonen, Mattia Barbieri, Ettore Tripodi, Daniele Bacci, Gianni Moretti, Umberto Chiodi, Nero/Alessandro Neretti, Francesco Locatelli, Arcangelo, Marco Cingolani, Giovanni Manunta Pastorello, Andrea Di Marco, Virginia Zanetti, Gianluca Zonca, Armida Gandini, Paride Petrei, Matteo Fato, Philippe Van Damme, Cel Crabeels.
1 febbraio – 9 marzo 2014
Piano interrato

T-yong Chung, Michele Gabriele, Jonathan Vivacqua: Protocombo
1 febbraio – 9 marzo 2014
Piano interrato

Alessandro Roma: Organizzazione organica di forme
1 febbraio – 9 marzo 2014
Primo piano

Jack Sal: ring/rings/ring
Daniele D’Acquisto: strings
1 febbraio – 9 marzo 2014
Secondo piano

Tutte le mostre sono a cura di Alberto Zanchetta

Museo d’Arte Contemporanea
Viale Padania 6,
Lissone (MB)

Orari: martedì, mercoledì e venerdì 15.00-19.00; giovedì 15.00-23.00; sabato e domenica 10.00-12.00 e 15.00-19.00
Ingresso libero

Info: www.museolissone.it

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