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MILANO | LARGO RICHINI

Intervista a SISSI di Leonardo Regano

Un turbine di bronzo che dal terreno si espande come una galassia impetuosa. Da esso emerge la figura di Margherita Hack che sale veloce in un ritmo cadenzato simile a una danza, intenta con le sue mani a scrutare il cielo come per carpirne regole e segreti. È stata inaugurata lo scorso 13 giugno Sguardo Fisico, opera realizzata da Sissi (alias Daniela Olivieri) a Milano, in Largo Richini, che omaggia la memoria della celebre astrofisica di origini fiorentine nel centenario della sua nascita. Prima donna a ricoprire in Italia la carica di Direttrice di un Osservatorio Astronomico (quello di Trieste, città dove si trasferisce nel 1964 dopo aver vinto la cattedra di Astrofisica all’Università cittadina), Margherita Hack è anche la prima scienziata a cui l’Italia dedica una statua commemorativa ed è oggi una delle pochissime figure femminili ricordate nei monumenti del Bel Paese. Ma non solo una donna di scienza: Margherita è stata una vera e propria manager, capace di rinnovare l’Istituto da lei diretto a Trieste trasformandolo da un Osservatorio di ricerca cittadino a un centro di studi di rilevanza internazionale. Di lei ricordiamo la passione, la sua abilità divulgativa così come la sua straordinaria sensibilità e l’impegno, oltre che per lo studio, anche per i diritti civili a difesa delle minoranze. Promosso da Fondazione Deloitte, in collaborazione con Casa degli Artisti e con il supporto del Comune di Milano, il progetto per il monumento a lei dedicato è stato anticipato da un importante bando di concorso che ha messo a confronto idee promosse da otto artiste, tutte figure di rilievo nella scena nazionale e internazionale. A quasi un mese dalla sua presentazione al pubblico, incontro Sissi per alcune considerazioni sulla sua opera, installata a pochi metri dell’Università Statale, luogo di conoscenza e sapere che rinforza l’omaggio alla scienziata, venuta a mancare ormai quasi dieci anni fa, nel giugno del 2013.

Credo sia interessante, per iniziare questo nostro dialogo, partire dal confronto tra te e Margherita Hack. Realizzare un monumento, posso immaginare che porti a creare un rapporto quasi simbiotico, viscerale, con il soggetto rappresentato.
Quello che mi unisce a Margherita Hack credo sia l’interesse per la materia, o meglio, il rapporto con essa. Per lei materia è stata fonte di studio e analisi, elemento inorganico e di ricerca; per me essa è fonte di creazione, è organica, si muove e vive. Il tipo di manipolazione da cui nascono le mie sculture è un trattamento intenso, sentito, tormentato e che dà vita a forme astratte, le trasforma dando avvio a un processo di metamorfosi. In questo caso mi sono confrontata con il vincolo della riconoscibilità richiesta espressamente dai committenti. Ho ritrovato questo mio sentire nell’immagine di una galassia che è, in fondo, un elemento trasformante e anch’esso metamorfico e materico, che in sé ingloba elementi di corpi celesti ed energie. Questa forma raccoglie tutto ciò che è la mia identità, la mia emotività, il mio pensiero materico, la mia capacità di plasmare l’argilla: pian piano queste infinite potenzialità espressive danno vita a Margherita, che si svela al centro dell’opera. E la galassia si confronta con la forma della spirale a due code che mi piace pensare che idealmente rappresenti anche un po’ me e Margherita, strette in un abbraccio.

Sissi durante le fasi di produzioni dell’opera

Il dibattito sull’intervento artistico nello spazio pubblico è sempre vivo, soprattutto quando si parla di “monumento”. Cosa vuol dire oggi per te confrontarti proprio con questa idea?
Non vedevo l’ora di avere una tale responsabilità. Una cosa che ho capito lavorando per Sguardo Fisico è che avevo voglia di confrontarmi con una tematica così sensibile. Nella mia pratica, in generale, che sia performativa o che si basi sul site-specific, il confronto con l’altro e con l’ambiente che la accoglie è essenziale. La mia opera è un riflesso del noi, del rapporto con lo spettatore che ne fruisce. E credo che questi aspetti si presentino evidenti in un lavoro come questo.

Sissi durante le fasi di produzioni dell’opera

Com’è stato confrontarti con la traduzione in bronzo del tuo lavoro? Questo materiale ha aperto la tua pratica a nuove possibilità espressive?
Nel 2017 ho realizzato la mia prima scultura in bronzo, un ritratto di Bruno Jori (regista e padre di Marcello, nda) per la Kunst Meran. Il lavoro è stato prodotto per il progetto “Figure Umane”, promosso da Merano Arte e dal Comune, che ha instituito un parco di sculture commemorative dedicate ai personaggi che hanno dato lustro alla cittadina altoatesina. Più libera da vincoli di resa formale, in quella occasione ho immaginato Bruno Jori trasformato in una cinepresa: a furia di riprendere e interiorizzare il suo lavoro, il suo cranio si è trasformato nello strumento del suo fare, del suo creare, rivelandosi come la sua propria missione, la sua interiorità. In qualche modo anche nell’opera per Margherita Hack ho ripreso questo concetto. Io credo fermamente che noi siamo fatti del nostro lavoro. I nostri obiettivi ci costituiscono nel profondo: Margherita si è determinata nella sua ricerca e per questo l’ho immaginata mentre nasce da una galassia ovvero dalla materia del suo studio. Le sue mani puntano al cielo come strumenti che rivelano il suo essersi fatta da sola, con le sue stesse mani appunto.

Sissi, Sguardo Fisico, 2022, bronzo, 200×260 cm. Ph. credit Ilaria Depari

Le mani di Margherita Hack sembrano quasi condurre il suo sguardo oltre il piano sensibile della materia, appunto uno “Sguardo oltre il fisico” parafrasando il titolo che hai dato all’opera.
Nello sguardo si rivela l’azione, la parte organica che riceve le stimolazioni luminose. L’aggettivo “fisico” vuole enfatizzare il rapporto con la materia ma anche citare apertamente la fisica, oggetto dei suoi studi. E poi in esse, come dicevo, c’è questo forte riferimento al suo essere una donna concreta che ha seguito le sue passioni e si è determinata in esse.

Sissi, Sguardo Fisico, 2022, bronzo, 200×260 cm. Courtesy Fondazione Deloitte

Un’altra richiesta esplicita dei committenti è stata quella voleva che Margherita Hack fosse ricordata attraverso l’opera di un’artista donna. Questo monumento oggi testimonia non solo la sua figura e il suo ruolo di scienziata ma anche la relazione, lo scambio, tra due donne affermate che hanno contributo e che contribuiscono tutt’oggi a ridefinire i rapporti di genere nella nostra società. Siete indubbiamente due personalità molto diverse. Tu un’artista, lei una scienziata; tu che ti affermi giovanissima e lei che arriva al successo solo in età matura. Ma ci sono aspetti importanti che vi accomunano, se ci penso, e tra questi c’è di sicuro il vostro essere entrambe esempi saldi e concreti per le nuove generazioni di artiste e scienziate (e non solo per loro). Ed è per questo che ti chiedo se, data la tua esperienza, pensi che siano ancora necessarie operazioni tutte al femminile come questa?
Oggi c’è di sicuro ancora bisogno di un’affermazione forte, di uno statement perché per troppo tempo c’è stata un’assenza nel mondo dell’arte come in tutti i settori della nostra vita, del riconoscimento attributivo alle donne. Azioni come questa mettono in pratica una consapevolezza che sicuramente è iniziata tempo fa, grazie al movimento femminista degli Anni 60 – 70 ma che ha ancora bisogno di trovare un assestamento e un equilibrio. Sono felice di avere dato un contributo in questa affermazione, dando la mia interpretazione di Margherita Hack. Ho immaginato e rappresentato una donna forte, performante, legata agli agenti atmosferici,1313 vestita però con pantaloni e maglietta, come lei era solita presentarsi. In questa mia visione manca la retorica della donna come musa o come madre, ma è espressa l’idea di connettersi alla Natura in un modo diverso e meno costretto nella visione di genere. Parlavamo di metamorfosi all’inizio del nostro dialogo. Il corpo della donna è metamorfico nel suo cambiare per ospitare la vita, ma non solo. Oggi la sua percezione cambia, assecondando un modo di vedere più libero. Tutto si trasforma continuamente, una regola che è anche nella mia sensibilità e che nel mio lavoro si traduce in una pluralità di linguaggi e di mezzi espressivi che contraddistinguono la mia libertà.

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