MONZA | Villa Contemporanea | 4 ottobre – 1 dicembre 2018
di MATTEO GALBIATI
Molti artisti di oggi (e per lo più giovani) stanno iniziando una profonda analisi e una messa in discussione su quanto l’arte, le sue estetiche e i suoi linguaggi si debbano confrontare ai nostri tempi con la proliferazione delle immagini – e relativi immaginari – proposte (e diffuse) dal mondo virtuale. Sono molti ed articolati gli interrogativi che nascono da queste considerazioni e ciascuno prova a riproporle con quello stesso medium che definisce l’impronta significante della propria ricerca: ecco allora che Stefano Spera (1983), con la sua pittura, prova ad indagare questa “conflittualità” percettiva e relazionale tra il vero e l’artificio. Spera opera perché il resoconto emotivo-percettivo del visibile possa proprio porre in atto una nuova considerazione del coinvolgimento fisico e mentale di quanto si propone ai nostri occhi: i rimandi evidenti, le presenze che diventano citazione dichiarata di altri autori, sono posti in bilico in zone liminali in cui la riproduzione pittorica lascia allineare, sul confine estremo della rappresentazione e dell’essenza, due opposte verità che trovano una ragione di coesistenza solo nella maggior considerazione desunta dalla loro verifica e dalla loro messa in discussione nell’esperienza e consapevolezza di chi guarda.
Villa Contemporanea con la personale dell’artista offre uno dei più importanti contributi al ruolo di sperimentazione che una galleria, che si occupa di arte giovane, possa fare; infatti, mettendo in gioco tutto lo spazio espositivo – persino negandone una buona parte per assecondare la scelta di allestimento estremo voluto per questo progetto – e limitando a pochi contributi in termini di opere, pur essenziali e perfetti nell’insieme complessivo, rende il luogo, lo spazio, le opere, la loro fruizione un processo in itinere che si completa solo nell’individualità della lettura e del giudizio dello stesso visitatore. Le opere proposte, in questo senso, devono essere vissute e agite più che ammirate passivamente: Spera ci coinvolge in un vortice di sottili rimandi che legano tra loro tutti gli interventi, a volte in modo diretto ed efficace, a volte in modo sottile e più concettuale, creando quelle connessioni che articolano associazioni libere con cui definire la verità di quanto è davanti ai nostri occhi. Tra copie e riproduzioni, tra ambienti che si restringono e nascondono opere, tra sculture dipinte, citate e celate, tra concretezza, riproduzione e immaginazione, lo sguardo perde gli orizzonti del proprio conoscere e deve riattivarsi per meglio definire la realtà (vera?) che lo circonda.
Con pensiero consapevole di quanto i processi virtuali influenzino ormai in modo determinante la realtà e il vissuto del presente, Spera riflette su quanto anche la pittura, come linguaggio di immagini, possa avere dei limiti e delle possibilità, contenute o dilatate, di interpretare il reale e le sue infinite storie. Nonostante non ne dichiari finito il dato del suo valore e della sua essenza, anzi ne rivendica tutto il potenziale attuale, l’artista ci allerta, in un mondo eccessivamente esposto e bombardato da visioni che velocizzano e sviliscono il nostro osservare e vedere, affinché riprendiamo coscientemente controllo sulle nostre dinamiche percettive e esplorative che si tramutano poi in dati di conoscenza ed esperienza.
Per fare questo, alla sua pittura, ha voluto accostare una disamina sulla scultura grazie all’intervento (nascosto dietro una parete e osservabile solo da un foro nella propria tavola dipinta) dell’amico artista Giuseppe Buffoli (1983) che ha ricostruito una parte mancante e ipotetica dell’acrolito di Costantino dei Musei Capitolini.
La scultura come processo fisico di costruzione dell’opera, il completamento virtuale di una figura intera mancante, allusioni alla contemporaneità figurale di Brancusi e Duchamp (anche con un sottile gioco di contenuti e di iconografie) avviano un rimbalzo continuo di rimandi che declina un nuovo senso ultimo che va ricercato non più nella figura stessa, ma nel suo intrigante processo di definizione, composizione e narrazione di cui lo spettatore non è certo l’ultimo destinatario, ma uno degli agenti determinanti.
Questa mostra non può essere semplicemente raccontata, perché la presenza in loco è un presupposto imprescindibile per accedere a quell’ulteriore dimensione spazio-temporale in cui sappiamo ritrovare la verità e il suo doppio; la realtà e la virtualità possono allora inter-connetersi grazie alla potenza del nostro pensiero e delle sue sfumate riflessioni che ci portano a comprendere il senso autentico del visibile e delle sue emozioni.
Tanto qualcosa ti resta addosso. Stefano Spera con la partecipazione di Giuseppe Buffoli
a cura di Rossella Moratto
4 ottobre – 1 dicembre 2018
Villa Contemporanea
Via Bergamo 20, Monza
Orari: da martedì a sabato 10.00-19.00
Info: +39 039 384963
info@villacontemporanea.it
www.villacontemporanea.it