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MILANO | Palazzo della Ragione

Niente da ricordare? Ma come è possibile! (Costanza Andreucci, 2008)

di ROBERTO RECALCATI 

Nel dicembre 2015 la Giunta comunale di Milano ha approvato il progetto definitivo, concordato con la Soprintendenza alle Belle Arti e Paesaggio, di un nuovo restauro (conservativo dicono loro) del Palazzo della Ragione, che prevede la spesa esorbitante di ben 9 milioni di euro e che mira, secondo l’inquietante affermazione degli assessori Carmela Rozza (Lavori pubblici) e Filippo Del Corno (Cultura), a «riportare lo storico edificio alla sua originaria bellezza adeguandolo alle nuove funzioni»1.

Palazzo della Ragione, progetto Marco Dezzi Bardeschi, pianta

L’edificio, costruito in più fasi a partire dal 1228 al centro della Piazza dei Mercanti 2, nel 1773 viene trasformato in archivio notarile per volere di Maria Teresa d’Austria e sopralzato di un piano da Francesco Croce, destando le critiche dei più avanzati intellettuali dell’epoca che ci offrono così una tra le più precoci difese dell’architettura medioevale 3. Il palazzo subisce dunque numerose modifiche nel corso dei secoli 4, registrando nel suo corpo vivo le vicissitudini di una città, i cambiamenti del gusto, le mode e le funzioni che via via si sono succedute trasformandolo in un vero e proprio palinsesto dove le varie riscritture non sono mai state realmente cancellate.

Palazzo della Ragione, progetto Marco Dezzi Bardeschi, piante strutturali

Il comune di Milano acquista l’edificio nel 1939 e ne conferma la destinazione ad archivio notarile fino al 1961; da lì in poi il palazzo rimane pressoché in disuso fino a oltre la metà degli anni Settanta quando prende il via un restauro radicale che avrebbe portato tra l’altro alla demolizione del sopralzo teresiano.

1. Palazzo della Ragione, dettaglio del fronte su Piazza Mercanti dove sono evidenti i frammenti di intonaco settecentesco del sopralzo teresiano. Foto: Roberto Recalcati)

L’intervento viene fermato dal professor Marco Dezzi Bardeschi che, quando vede che stanno iniziando a smantellare l’edificio e a rimuovere le travi del tetto, telefona al sindaco Tognoli denunciando il fatto e spiegando l’importanza della conservazione integrale del manufatto con tutte le modifiche subite nei secoli. Prende così il via nel 1978, sotto la direzione dello stesso Dezzi Bardeschi, uno dei più esemplari interventi di conservazione realizzati in Italia 5.

2. Palazzo della Ragione, dettaglio del fronte su via dei Mercanti che evidenzia come tutti i segni del tempo siano stati conservati nella loro integrità. Foto: Roberto Recalcati

Esemplare perché l’edificio viene “semplicemente” conservato così come si trova nella sua integrità materica, in contrasto con chi avrebbe voluto il ritorno a un’immaginaria condizione di purezza originaria medioevale. Esemplare perché non cancella i segni del tempo, le rughe, le crepe e le patine: tutti i frammenti di intonaco sono fissati con micro spilli, le parti di pavimentazione mancanti del salone integrate in modo non mimetico, gli impianti alloggiati all’interno dei nuovi arredi fissi senza andare a scalfire i muri antichi.

A questo punto sorge l’esigenza di una scala di sicurezza che garantisca la fruibilità del palazzo a cui Dezzi Bardeschi fa fronte progettando un elemento autoportante e stilisticamente indipendente; una sottile antenna inclinata attorno a cui si articolano le rampe della scala. Per poterne valutare l’impatto visivo la soprintendenza chiede che venga realizzata, con alcune modifiche, una struttura provvisoria in tubi innocenti, struttura che rimarrà in loco per più di vent’anni, tanto da richiedere a sua volta un paradossale intervento di restauro. La scala attuale, sostenuta da una sorta di albero maestro rastremato, i cui rami stilizzati sostengono l’impalcato attraverso cavi in tensione, viene infine realizzata nel 2000 in cristallo e acciaio.

Non si tratta certo di un’opera neutra, di una semplice scala di sicurezza; al contrario il manufatto instaura un inedito dialogo con la preesistenza, si affianca all’antico palazzo giocando con i suoi spazi e permettendo, come scrive lo stesso Dezzi Bardeschi, «la conoscenza da vicino della peculiare stratigrafia del monumento (e dello spazio circostante)» 6. Questa scala non piace a tutti, c’è chi ama la sua arditezza e leggerezza e chi invece la considera un’offesa al “buongusto”; quello che è certo è che questa aggiunta, bella o brutta che sia, è stata concepita con il massimo rispetto della preesistenza ed è entrata inscindibilmente a far parte della storia in continua e inarrestabile mutazione del monumento.

Palazzo della Ragione, dettaglio della scala. (Foto: Roberto Recalcati

Ora, il restauro appena approvato, e fortemente voluto dal soprintendente Alberto Artioli, prevede l’eliminazione della scala esterna a favore di un ascensore. La necessità di un ascensore che permetta l’accesso ai disabili nessuno la mette in discussione, ma credo che l’idea che ha portato all’attuale status quo del monumento non debba essere tradita. Mi rendo perfettamente conto della complessità del problema ma queste sono le sfide vere con cui bisogna fare i conti e non ci sono scorciatoie possibili. L’innovazione, che sia il nuovo ascensore o la nuova reception, dovrebbe sapersi innestare nella complessa e polifonica stratificazione dell’edificio, finora salvaguardata proprio grazie alla tenace battaglia che Dezzi Bardeschi ha combattuto fin dagli anni Settanta. Quella controversa scala dissonante rappresenta un monito e un insegnamento fondamentale per tutti quegli architetti che vedono nelle preesistenze e nella storia degli ostacoli all’espressione della propria creatività; evidenzia come il massimo rispetto per l’antico non sia in contraddizione con il progetto del nuovo, perché il contesto, con il suo carico di cultura materiale, rappresenta lo stimolo principale, la fonte inesauribile di ispirazione a cui attingere per guardare al futuro.

NOTE:
1 Lavori Pubblici.Palazzo della ragione, via libera della Giunta al restauro, www.comune.milano.com
2 
Inizialmente si tratta di un semplice porticato aperto su cui si aggiunge nel 1233 il piano con la grande sala
Pietro Verri l’11 agosto 1779 scrive al fratello Alessandro, allora da tempo a Roma, che da quando egli è partito «si sono distrutte memorie pregevoli» tra le quali «la Sala del Parlamento della Repubblica al Pretorio» (Carteggio di Pietro e Alessandro Verri, a c. di A. Giulini, E. Greppi, F. Novati e G. Seregni, 12 volumi, Milano, 1910 – 1942, tomo X, p. 348) e, il 28 febbraio 1781, gli invia una medaglia commemorativa che mostra «come siasi deformata la sala antica» (ivi, tomo XI, p. 277). Anche il principe Kaunitz di Rittberg, cancelliere di Corte e Stato, pur approvando la nuova destinazione del palazzo, condanna il fatto che per amor di simmetria siano state chiuse e nascoste le antiche finestre gotiche mentre bastava chiuderle «dal di dentro e conservarne le vetriate al di fuori», perché i decori gotici non «disdicono a un antico edifizio pubblico». (7 novembre 1774, ASM, Uffici Regi, p.a. 261. Documento citato da A. Grimoldi in I luoghi dell’autorità cittadina nel centro di Milano: il Palazzo della Ragione, Milano, 1983, p. 101)
4 
Il livello altimetrico della piazza viene abbassato portando l’edificio ad assumere l’attuale posizione su di una gradinata, il loggiato viene chiuso a metà Ottocento da mirabolanti vetrate neogotiche su progetto di Enrico Terzaghi, successivamente eliminate. La posizione stessa del palazzo cambia paradossalmente pur non muovendosi: da edificio posto al centro di una piazza diventa elemento di separazione tra una via e una piazza a seguito dell’apertura di via Mercanti che unisce Piazza Duomo al Cordusio.
5 
Come giustamente sottolinea Pierluigi Panza, si tratta dell’intervento simbolo della scuola di pensiero milanese. (P. Panza, Restauro alla milanese. “Primo, non falsare”, «Corriere della Sera», 18 luglio 2003
6 M. Dezzi Bardeschi, Milano, nuova scala di accesso dalla Piazza Mercanti al piano primo del Palazzo della Ragione (2000), www.divisare.com

Roberto Recalcati (nato a Rho – Milano – nel 1969) si laurea nel 1996 in Architettura al Politecnico di Milano dove si sviluppa il suo impegno nel dibattito sulla conservazione dei beni culturali attraverso la didattica, con la pubblicazione di articoli e saggi, e organizzando incontri e conferenze. Insieme a Sandra Casagrande integrano la pittura con il design, l’architettura e il teatro, realizzando dipinti, prevalentemente ad olio e di grandi dimensioni, che dialogano con l’architettura che li contiene. La progettazione iconografica e la descrizione minuta e dettagliata del reale concorrono a definire le linee guida del loro operare nel conosciuto duo a firma Casagrande & Recalcati 

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